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Imprenditori uguale ricattatori?

di Eugenio Orso - 27/01/2009

 

Il caso FIAT è emblematico di come i più noti imprenditori e manager italiani, nella fattispecie l'AD Marchionne, possono permettersi di usare i posti di lavoro – e gli stessi lavoratori con le loro famiglie – come autentici ostaggi per ottenere i finanziamenti dallo stato.
Dopo aver siglato una lettera d’intenti per la Global Strategic Alliance [Alleanza Strategica Globale] con Chrysler, puntando con tutta evidenza sul mercato USA e su alcuni nuovi modelli di auto, parte di marchio Chrysler e parte di marchio FIAT-Alfa Romeo, da vendere in America attraverso locali concessionari, fra i quali quelli della celebre Dodge, Marchionne tenta la carta del ricatto nei confronti dell’esecutivo in carica in Italia: 60.000 mila posti di lavoro a rischio, in assenza di incentivi alla rottamazione per l'acquisto di nuove auto o, comunque, di un flusso di denaro pubblico a sostegno.
Se lo stato è disposto a impiegare miliardi di euro per correre in soccorso degli usurai delle banche, perché non dovrebbe dare i soldi anche a Marchionne?
In caso contrario, Marchionne ha pur sempre qualche altra opportunità – nonostante la crisi della quale nessuno sa prevedere ampiezza e durata – negli Stati Uniti d'America, dove i finanziamenti alle grandi case produttrici di automobili li concedono, vedi il salvataggio G.M. ...
Il nostro brillante manager, alla testa di una casa automobilistica ristrutturata, riposizionata sul mercato – e inevitabilmente ridimensionata, rispetto ad un glorioso passato – può sempre ridurre  le attività in Italia e aumentarle altrove, in particolare in quei paesi dove i finanziamenti, i prestiti fatti con denaro pubblico si concedono.
Bene inteso, nella lettera d’intenti del 20 gennaio del corrente anno si precisa, oltre al corrispettivo concesso a FIAT nella misura del 35% del capitale di Chrysler, che il produttore americano avrà così “accesso a piattaforme competitive per veicoli a basso consumo, motori, trasmissioni e componenti che saranno prodotti negli stabilimenti Chrysler”.
Soddisfatti anche i sindacati americani, ed in particolare i vertici della United Auto Workers – il sindacato americano dei lavoratori del settore, con sede a Detroit – a partire dal Key People, per noi italiofoni presidente, Ron Gottelfinger.
Meno soddisfatti i sindacati italiani, CGIL in testa, per le fosche prospettive occupazionali che si profilano negli stabilimenti della FIAT auto nostrani e nell’indotto del settore.
Marchionne, con tutta evidenza, è certo di avere le risorse per mettere in atto l’accordo con Chrysler, ma vorrebbe anche un lauto contributo da parte dello stato italiano.
Ecco, allora, che si utilizzano i lavoratori FIAT come autentici ostaggi nei confronti del governo Berlusconi, incapace come i precedenti esecutivi di affrontare i problemi sociali che tendono ad ingigantirsi, assai poco coraggioso nel mettere in discussione i privilegi dei cartelli nazionali – quali, ad esempio, quello bancario e quello assicurativo – nonché prono nei confronti della U.E. e dei parametri di Maastricht ...
D'altra parte, perché Berlusconi non dovrebbe dare i soldi – non i suoi, bene inteso, ma i nostri, lavoratori italiani della FIAT auto compresi – agli imprenditori, quando ha proclamato ufficialmente non molto tempo addietro, davanti ad una folta  platea di aderenti a Confindustria, "sono uno di voi"?
 
Abbiamo ormai ben compreso come per molti imprenditori e top manager la crisi rappresentasse, fra l'altro, una serie di opportunità e di vantaggi: ottenere soldi dallo stato a fondo perduto, non rinnovare i contratti di lavoro a termine, cassaintegrare i lavoratori, in particolare quelli "scomodi" o giudicati in soprannumero.
Unico fine, anche davanti alla tempesta che sta arrivando, mantenere alto il tasso di profitto.
A questo punto, non soltanto è scontato che il maggior peso delle gravi difficoltà economiche che si profilano all’orizzonte, graverà sulle spalle del lavoro dipendente, in particolare del settore privato, ma anche che gli stessi lavoratori, con moglie e figli al seguito, possono essere usati da grandi e privatissimi interessi come “merce di scambio”, o addirittura come ostaggi, secondo la banditesca logica: o tu, stato, mi finanzi, o io metto in strada decine di migliaia di persone.
E’ chiaro che un sistema che permette simili abomini dovrà giungere al capolinea, e forse, grazie alla crisi vi giungerà in breve tempo.