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Black List: Le 17 persone che con i loro errori hanno portato il mondo verso la recessione

di redazionale - 28/01/2009



La grande crisi, la peggiore dalla «Great depression» del 1929, non è un fenomeno naturale, ma un disastro in cui la mano dell'uomo ha avuto la sua parte. Già, ma quali mani? Ecco, allora, 17 uomini. Diciassette volti che hanno contribuito a far scatenare, con le loro azioni ed omissioni, la tempesta.

A cominciare da Alain Greenspan, il presidente della Federal Reserve. Sì, proprio lui. L'uomo che era riuscito a far superare agli Stati Uniti la crisi finanziaria del 1987 e a traghettare il Paese attraverso lo choc dell'attacco terroristico alle Twin Towers dell'11 settembre 2001. Lui che, sull'onda di questi successi, era diventato una star. Allora, lo chiamavano «l'oracolo», «il maestro».

Oggi, invece, è visto come un «appestato». Come il principale colpevole della grande crisi in atto. È biasimato per aver lasciato decollare la bolla immobiliare, alimentata dalle basse rate dei mutui e della mancata regolamentazione sui prestiti, lacuna che ha impedito di arginare lo scandalo dei subprime.

Greenspan, anzi, ha incoraggiato lo sviluppo vertiginoso e pericoloso dei mutui-spazzatura e ha convinto i proprietari delle case ad abbandonare il tasso fisso per quello variabile, esponendo così migliaia di famiglie alla «tagliola» dell'impennata dell'assegno mensile, sino al punto di non ritorno, quando la rata è diventata, sotto i colpi della tempesta, troppo alta per consentire loro di onorarla.

Il presidente della Fed, inoltre, ha difeso e sostenuto per anni il boom dei derivati, strumenti che già esistevano quando lui è arrivato alla banca centrale Usa e ne ha preso il controllo, ma strumenti che sotto la sua amministrazione sono letteralmente lievitati, passando da un valore di 100 trilioni (100 mila miliardi) di dollari nel 2002 a 500 trilioni cinque anni dopo. Di recente, Greenspan, ha ammesso che diverse sue convinzioni nel lungo termine si sono dimostrate sbagliate.

BILL CLINTON (Ex Presidente Usa) - Ex presidente degli Usa. Ha abolito nel 1999 il Glass Steagall Act, una legge che stabiliva la completa separazione tra le banche commerciali e quelle d'investimento. Questa mossa ha avviato l'era delle superbanche e ha innescato la «bomba» dei mutui subprime, esplosa dopo molti anni.


GEORGE W. BUSH (Ex presidente degli Stati Uniti) - L'amministrazione del presidente uscente degli Usa non ha certamente messo il freno all'erogazione della montagna di denaro finita in prestito a migliaia di sottoscrittori che non presentavano garanzie di rimborso. Non ha trattenuto la corsa di Wall Street, con regole che impedissero il successivo bagno di sangue.

GORDON BROWN (Premier britannico) - Si è lasciato completamente abbagliare dai protagonisti della City e dai loro vagiti. Ha anteposto gli interessi dello «Square Mile» a quelli di altre realtà economiche, coma l'industria manifatturiera. Ha reintrodotto la bassa tassazione per migliaia di banchieri stranieri che lavorano a Londra e società di private equity.

PHIL GRAMM (Ex senatore del Texas) - Ha combattuto a lungo e duramente per imporre la deregulation finanziaria, incoraggiato dall'allora presidente Bill Clinton. Il suo lavoro ha facilitato la crescita esplosiva dei derivati e dei «credit swaps». Nel 2001 disse in una discussione del Senato: «Guardando ai mutui subprime vedo il sogno americano in atto».

GEIR HAARDE (Primo ministro islandese) - Ha annunciato venerdì scorso che vorrebbe dimettersi e indire nuove elezioni a maggio, sull'onda delle proteste popolari per il crac finanziario del Paese. A ottobre le tre più grandi banche islandesi erano collassate sotto
i debiti. Il governo si è fatto prestare 2,1 miliardi di dollari dal Fondo monetario internazionale e si è esposto con diversi Paesi europei.

MERVYN KING (Governatore della Bank of England) - Amava dire di avere un'ambizione: che il processo decisionale della politica monetaria diventasse «noioso», tanto le cose andavano bene. Nelle prime settimane della crisi si è rifiutato di finanziare le banche in difficoltà. Non ha saputo prevenire la bolla immobiliare. Non ha tagliato i tassi abbastanza in fretta.

DICK FULD (Ex «ceo» di Lehman) - Soprannominato «il Gorilla», è stato in Lehman per
decenni. Al Congresso si è detto meravigliato che il governo non abbia salvato la banca. Nell'audizione parlamentare gli hanno chiesto se riteneva giusto aver guadagnato 500 milioni di dollari in 8 anni. Ha risposto che erano solo 300. Subito prima che Lehman andasse in bancarotta ha mancato l'occasione di un grosso affare in Corea. E ha continuato a investire nell'immobiliare quando il mercato era al massimo.


HANK GREENBERG (Ex numero uno di Aig) - Ha fatto diventare Aig il più grande gruppo assicurativo del mondo. Ma con le sue mosse imprudenti ha anche reso la società estremamente vulnerabile alla crisi dei mutui. Per salvare Aig sono stati necessari fondi pubblici per 85 miliardi di dollari.

ABI COHEN (Ex capo strategie di Goldman Sachs) - Era definita la donna più potente degli Stati Uniti. Ma ha avuto torto troppo spesso. Non ha visto arrivare il crollo delle quotazioni azionarie. Prevedeva sempre mercati in rialzo. È stata sostituita nel marzo scorso.

ANDY HORNBY (Ex top manager di Hbos) - Reputatissimo, ammiratissimo e abilissimo, piazzatosi al primo posto nel suo corso di 800 studenti a Harvard. Però è stata la sua strategia, in occasione della fusione di Bank of Scotland e Halifax, che ha trascinato la Hbos al disastro. Chi avrebbe mai immaginato Halifax nazionalizzata?

FRED GOODWIN (Ex boss di R.B. of Scotland) - Era uno degli uomini d'affari preferiti da Gordon Brown. Adesso il premier è furioso con lui per la maniera in cui ha guidato la Royal Bank of Scotland. Ha portato la Banca a perdere 28 miliardi di sterline e a cedere il 70 per cento delle azioni al governo. Le perdite dipendono da prestiti inesigibili e da svalutazioni di investimenti fatti da lui.


ADAM APPLEGARTH (L'ex Mr. Northern Rock) - L'ambizioso dirigente ha lasciato la banca prima che il governo inglese decidesse di nazionalizzarla portandosi a casa una gratifica milionaria. Ha voluto gestire la banca seguendo un modello di business fallimentare che ha portato Northern Rock a subire una fortissima crisi di liquidità.

STEVE CRAWSHAW (Per 4 anni al timone di B&B) - Il manager è salito ai vertici di Bradford & Bingley (B&B) nel 2004 e ha trasformato la società di costruzioni in una finanziaria specializzata in prestiti immobiliari. Ha fatto fare al gruppo investimenti legati ai mutui subprime portandolo al tracollo. Si è ritirato con bonus di 1,8 milioni di sterline.

STAN O' NEAL (Ai vertici di Merrill Lynch) - È diventato una delle principali vittime sacrificali del credit crunch quando verso la fine del 2007 perse la fiducia del board della banca. Prima delle dimissioni Stan O'Neal annunciò che Merrill Lynch aveva un'esposizione di circa 8 miliardi verso asset tossici.

KATHLEN CORBET (Ex ad di Standard & Poor's) - Ha guidato la più grande agenzia di rating fino all'agosto del 2007, quando è stata costretta a dimettersi, travolta dalle polemiche. L'hanno accusata di aver sottovalutato i rischi sui prodotti finanziari legati ai mutui subprime americani. Durante la sua gestione Standard & Poor's ha assegnato rating di alto livello (tripla A) a obbligazioni, Abs e Mbs, che poi si sono trasformate in asset tossici.

JIMMY CAYNE (Ex guida di Bear Stearns) - È stato il top manager di quella che è poi risultata la prima banca d'affari a essere colpita dalla crisi finanziaria. Durante il suo mandato, sono falliti due hedge fund di Bear Stearns che hanno portato la banca sull'orlo del fallimento.