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Alchimia della storia e la morte dell'anima nella civiltà della tecnica (novità editoriale)

di Wolfgang Giegerich - 29/01/2009

Fonte: morettievitali

Wolfgang Giegerich

Alchimia della storia e la morte dell'anima nella civiltà della tecnica

Ed. Moretti & Vitali, 2008

pagine 176, euro 18,00,

ISBN 978 88 7186 332 0

Wolfgag Giegerich, filosofo e analista junghiano, è considerato il più radicale e allo stesso tempo il più fedele dei seguaci di Jung. E' uno dei pochi autori post-junghiani che non si accontentano di approfondire e divulgare il tesoro ereditato, ma che utilizza il suo rigore filosofico e la sua intuizione psicologica per creare del nuovo. In questo libro psicologia, storia e filosofia si intrecciano e tessono un arazzo di quello che Jung ha chiamato realtà psichica, con tutte le sue sfumature. Nella prima parte l'autore - in una sorta di controcanto con il libro di Remo Bodei "Se la storia ha un senso" - mostra come la storiografia abbia sostituito il racconto mitico: "abbiamo bisogno di occuparci di eventi del passato - guerre, conquiste, sistemi politici che cambiano - nello stesso modo con cui l'uomo arcaico aveva bisogno di racconti di titani e gli dei... Noi crediamo nella storia. Non solo crediamo che anche al tempo in cui per gli uomini non tutto era storico, tutto si sia comunque sviluppato in modo storico". Gli avvenimenti dei tempi antichi avevano sull'uomo un potere coercitivo con il quale lo guardavano e gli parlavano; ora tutto si è ribaltato: è l'uomo che guarda il passato e col suo sguardo fa impietrire gli eventi confinandoli a una dimensione inanimata. Tuttavia quello che è diventato passato, cioè storia, ha bisogno di essere guardato e nuovamente raccontato, o come si dice "riletto", in ogni epoca. Qual è dunque per Giegerich il senso della storia? Sembra che l'uomo l'abbia inventata per dare agli eventi un senso che si riferisce a lui, per autoferirla a sé stesso: un senso che lo pone al centro degli eventi. La realtà psichica invece rimane qualcosa che non può essere guardato dall'uomo. "Gli archetipi da sempre guardano e continuano a guardare nella nostra vita". Di che cosa ci parlano gli archetipi oggi? Si domanda Giegerich. Attraverso la rilettura di opere quali “ La colonia penale di Kafka ” Giegerich ci induce a rimettere in discussione alcune delle nostre certezze, anche quella più consolidata dall'illuminismo in poi: la libertà dell'individuo. Curiosamente oggi, solo i neuroscienziati sono rappresentanti ufficiali della certezza e possono permettersi di dire che l'individuo non è così libero come l'illuminismo aveva pensato; e usano a sostegno delle loro tesi non pensieri ma “sezioni del cervello, tagliato virtualmente a fette”. Così nel saggio “La morte dell'anima nella civiltà della tecnica” viene dato corpo al mito in cui viviamo: la scienza può… ma che cosa produce? Traendo spunto dalla poesia di Hölderlin “Metà della vita” viene descritta la “rottura” fra il prima e il dopo, fra l'antico e il nuovo, fra l'estate, la vita piena, un mondo incantato (mitico) e l'inverno, le mura fredde, l'assenza di parole. Ma anche questa rottura non è definitiva ma fa parte invece di un processo alchemico, di trasformazione…