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Bolivia. Il cammino difficile della Magna Carta

di Alessia Lai - 29/01/2009

 
Il governo boliviano ha ribadito ieri che il voto popolare che ha approvato la nuova Constitución Política del Estado (CPE) non è negoziabile e ha definito sedizioso il capo dei Comitati civici di Santa Cruz Branco Marinkovic, che insiste nel definire “un pareggio tecnico” l’esito del referendum con il quale i boliviani hanno scelto la nuova Carta fondamentale. Le dichiarazioni del presidente del Senato Oscar Ortiz, di fatto “uomo” di Marinkovic al Parlamento, insistono sul fatto che non ci sarebbero “vincitori né vinti”.

Un modo per appoggiare i governatori “ribelli” nella loro richiesta di un accordo tra le provincie non allineate e il governo centrale per vedere applicati gli statuti autonomisti mai riconosciti da La Paz. Ma la risposta di Morales è stata un no fermo e risoluto a qualunque contrattazione che possa togliere valore alla Carta approvata dal popolo, “l’accordo è la Costituzione” stessa, aveva dichiarato lunedì il mandatario boliviano.

Poi, martedì sera, Morales ha comunicato l’intenzione di convocare i governatori che guidano l’opposizione autonomista per “ascoltare le loro proposte” sull’applicazione della nuova Costituzione. I media embedded hanno subito qualificato il gesto come un’apertura nei confronti delle provincie della Media Luna dopo “l’intransigenza iniziale” del presidente, un cedimento insomma. Ma la decisione dipende dal fatto che, come ha dichiarato lo stesso Morales, applicare la nuova Costituzione richiederà “molto lavoro e molta responsabilità” e soprattutto denota la reale volontà democratica del governo centrale di La Paz. Il mandatario incontrerà, uno ad uno, i governatori “ribelli” nelle prossime settimane. Quello di Tarija Mario Cossio, Ruben Costas per Santa Cruz e Ernesto Suarez di Beni, andranno a La Paz per esporre le proprie posizioni. Non ci sarà il rappresentante della regione di Pando, dato che il governatore Leopoldo Fernandez si trova in carcere con l’accusa di aver ordinato il massacro dell’11 settembre nel quale 21 campesinos sostenitori di Morales erano stati uccisi dalla polizia governativa appoggiata da gruppi paramilitari. È con personaggi di questo genere che Evo Morales deve confrontarsi, con signori come Branco Marinkovic, imprenditore e promotore dei Comitati civici di Santa Cruz, provincia in continuo stato di emergenza per le provocazioni armate delle bande paramilitari scatenate da latifondisti e multinazionali che, capeggiati da Marinkovic, rifiutano la nuova Costituzione. Nei mesi scorsi marce, concentrazioni e scioperi erano stati indetti per contrastare i referendum locali con i quali Santa Cruz e le altre provincie “ribelli” hanno approvato i loro statuti autonomisti illegali. Ma il potere di questi governatori e dei loro seguaci è alimentato dalle pressioni e dai soldi di Washington.

Lo stesso presidente Evo Morales, in passato, ha accusato Marinkovic, originario della Croazia, di aver ricevuto dagli Stati Uniti i fondi per la sua propaganda politica, anche in virtù dei suoi rapporti con l’ambasciatore americano Goldberg, poi espulso dalla Bolivia, e di aver pianificato l’ingresso di mercenari montenegrini per cercare di realizzare la secessione della provincia di Santa Cruz. Lo scopo di Marinkovic e dei governatori delle provincie della Media Luna è quello di mantenere inalterati i privilegi loro e di chi, come loro, si è arricchito sulla povertà delle popolazioni indigene boliviane sfruttate, i cui diritti vengono ora pienamente riconosciuti dalla nuova Costituzione.

Nonostante non abbia rinunciato al dialogo con i governatori “nemici”, Evo Morales ha comunque fermamente scartato la possibilità di qualunque negoziazione con l’opposizione per modificare il contenuto della CPE, tanto meno in materia di agraria, ed ha rifiutato una riunione con Marinkovic, che nei giorni scorsi si era posto come interlocutore. La posizione del governo centrale emerge chiaramente in una lettera aperta che il viceministro boliviano della Coordinación con Movimientos Sociales y Sociedad Civil, Sacha Llorenti, ha indirizzato al leader dei Comitati civici di Santa Cruz. “Signor Marinkovic, la decisione libera, sovrana, legale e democratica del popolo non si negozia. Noi non tradiremo la volontà espressa attraverso il voto popolare”, si legge nel comunicato diffuso ieri, “non credo che le sue preoccupazioni siano, come lei dice, quelle di superare la povertà o l’epidemia di dengue, credo che la sua principale preoccupazione sia di mantenere i privilegi di pochi sul possesso delle terre. Cercare di impedire che si compia il mandato popolare stabilito dalla nuova CPE che pone fine al latifondo in Bolivia, limitando la proprietà a 5.000 ettari. Per raggiungere questo obiettivo lei è disposto a sacrificare la già stabilita autonomia di Santa Cruz ed a continuare con le sue attività sediziose e separatiste”.

L’esecutivo boliviano, insomma, ha ribadito che la pretesa di uno Stato confederale, attuale richiesta dei governatori “ribelli”, che dallo scorso anno fomentano l’opposizione al governo centrale con metodi tutt’altro che pacifici, è di fatto separatista e contraria alla nuova legge fondamentale della Repubblica.