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“All’Acqua, all’acqua!!!”

di Susanna Dolci (a cura di ) - 02/02/2009

Ve la ricordate la fiaba di Esopo, dove il pastore burla di continuo tutti gridando per la presenza di un fantomatico lupo pericoloso finché questi arriva veramente e si mangia tutte le pecore, nella generale indifferenza? Ecco per l’acqua, attualmente, è la stessa cosa, togliendo, ovviamente, l’aspetto divertente… altamore1_fondo-magazinePerché c’è ben poco da celiare… Anzi di questo passo dell’acqua, sul pianeta, ne resterà ben poca e di sicuro non più a disposizione di tutti. Per molti, ciò, sembra una grave preoccupazione lontana dalla realtà. Pare… Perché, in verità, l’incubo dell’ultima goccia è già ben concreto in numerose zone della Terra. Riprendiamo, così, l’argomento S.O.S. Acqua, incontrando il giornalista, scrittore e «idroinquisitore» Giuseppe Altamore (suo il sito www.giuseppealtamore.it). Sulle pagine de il Fondo, lo ricordiamo, era stato già stato presentato nel luglio scorso il suo ultimo volume (Acqua, addio… ). Nato nel 1956, Altamore è laureato in Sociologia e «si occupa prevalentemente di economia, di consumi e di sicurezza alimentare con diverse inchieste dedicate all’affaire delle acque minerali». Suoi i seguenti volumi: Europa, istruzioni per l’uso, Tutte le parole dell’economia, Personal budget, Qualcuno vuol darcela a bere, Acqua minerale: uno scandalo sommerso, I predoni dell’acqua, Acqua Spa, I padroni delle notizie, Come la pubblicità occulta uccide l’informazione, L’acqua nella storia. Dai Sumeri alla battaglia per l’oro blu. Ha vinto, inoltre, nel 2004 il “Premio internazionale scritture d’acqua” ed “Premio don Luigi Di Liegro per il Giornalismo e la Ricerca sociale”, nel 2008. Ci tiene a sottolineare che «non è legato ad alcun movimento o partito politico» ma che «svolge un’intensa attività pubblica con numerose conferenze sul tema dell’acqua presso istituzioni pubbliche e private. Partecipa a programmi televisivi e radiofonici». Lo ringrazio sentitamente per la sua piena disponibilità e per il tono cordiale con il quale mi ha risposto al telefono alcuni giorni fa… Ho avuto la sensazione di parlare con un’onda del mare….

La storia dell’acqua. Come nasce e come si evolve culturalmente e socialmente?

Agli albori dell’umanità, a cavallo tra preistoria e storia, l’acqua è già un forte simbolo religioso. Certamente, è il deserto che genera una cultura e una tecnica idrica, ma le prime civiltà hanno modo di evolversi proprio vicino ai grandi fiumi che solcano le distese sabbiose del Nord Africa e del  vicino Oriente, Babilonia, splendida città giardino del IV millennio, poteva vantare un gigantesco sistema d’irrigazione che distribuiva acqua su 800.000 ettari, mentre i famosi giardini pensili erano annaffiati con un numero di canali così grande che nessuno riusciva a contarli. Racconta l’archeologo André Parrot che i pellegrini giunti in città potevano ammirare l’acqua che sgorgava a fiotti da un vaso zampillante a guisa della dea della fertilità rendendo lussureggiante la vegetazione circostante. E’ uno dei primi esempi di uso e canalizzazione della risorsa idrica, ma i veri maestri dell’acqua sono stati arabi e romani.

Quali sono le immagini che le viene da abbinare all’acqua?

Il Diluvio universale, il deserto. L’acqua è vita, un liquido amniotico che genera l’uomo e il Creato. Un principio che impregna quasi tutte le culture e le religioni fino all’esasperazione. Nel Corano, complice l’ambiente desertico che ha alimentato e condizionato le visioni del profeta Maometto, si legge che “Dio fa scendere acqua dal cielo e ne fa viva la Terra che prima era morta…”. Il risveglio della Terra dopo la siccità è un tema che ricorre spesso nel  testo sacro dell’islam.

Il prezioso liquido è ancora un bene comune? Un bene di tutto il pianeta? E il pianeta Terra si può definirlo ancora “Azzurro”?

L’acqua è un bene comune nella stragrande maggioranza delle legislazioni nazionali, ma spesso solo formalmente, perché vari interessi economici privati lo minacciano: dai costruttori di dighe alle multinazionali del settore idropotabile. Per fortuna, la Terra è relativamente ricca di acqua: sette decimi della superficie è ricoperta dal mare, ma di tutta l’acqua presente, il 97% è salata, circa il 2% è imprigionata nelle calotte polari e nei ghiaccia. Rimane l’1% a disposizione di tutta l’umanità.

Cosa sta succedendo all’acqua? Come sta, in generale ed in particolare la nostra? È vera la sua crisi?

Nel mondo 2,6 miliardi di persone non hanno accesso a servizi sanitari, 1,1 miliardi non dispongono di acqua pulita e 1,2 miliardi, pari a un quinto della popolazione mondiale, vive in zone con scarsità d’acqua e a questi, secondo la Fao, presto si aggiungeranno altri 500 milioni di persone. La crisi è seria e se ne discuterà a Istanbul il 16 marzo durante il 5° Forum mondiale dell’acqua. In Italia ci sono 8 milioni di persone che non hanno un accesso regolare all’acqua potabile.

Quanto oro blu, effettivamente, possiamo avere ancora a disposizione?

Bernard Barraquè, economista francese, sostiene che non è l’acqua a essere scarsa ma il denaro. A un costo elevato possiamo dissetarci anche nel deserto, dissalando il mare, ma a un prezzo accessibile a pochi.

Lei parla di civiltà ingorda d’acqua? Mi sembra un’immagine fortemente calzante. Perché?

Il nostro è un mondo sempre più assetato, più affollato e con una domanda di consumi idrici in rapida e vertiginosa crescita. In 50 anni abbiamo dimezzato le scorte di acqua. Qualche dato può dare un’idea più chiara della catastrofe. Nel 1950, la disponibilità media per abitante sulla terra era di 16.800 metri cubi; 7.300 nel 2000 e saranno 4.800, secondo le previsioni, nel 2025. Dunque, la risorsa più importante, la fonte della vita, è un bene esauribile. che diventa sempre più prezioso, tanto che Fortune ha sentenziato che è “il miglior settore dove investire”, un’industria il cui valore supera largamente i 400 miliardi di euro l’anno, vale a dire il 40 per cento del petrolio.

Come tuteliamo, nel nostro paese, l’acqua dal punto di vista politico e legislativo?

Abbiamo un apparato di norme sia a livello europeo sia a livello nazionale imponente: tutto dovrebbe essere sotto controllo dalla qualità all’inquinamento, ma mancano controlli e sanzioni degne di questo nome.

Quali le cause degli sprechi e della malagestione delle acque?

«Come si può governare un Paese dove esistono più di 300 varietà di formaggi?» amava dire De Gaulle. L’Italia in quanto a varietà di questo straordinario cibo non è da meno. Ma certamente è ancora più complicato gestire l’acqua acqua-nella-storia_fondo-magazinepotabile di un Paese che ha 13.500 acquedotti indipendenti e oltre 5.500 gestori del servizio idrico. Questa era la condizione del vitale servizio pubblico fino ai primi anni ‘90, quando la gestione faceva capo ai Comuni in ossequio a una legge, vecchia come il cucco, risalente al 1934. Poi la riforma della legge Galli sembrava dover rimediare alla frammentazione e pessima gestione, invece le condotte sono un colabrodo e servono oltre 60 miliardi di euro per rimettere in sesto la rete idrica nazionale.

Quali sono i paesi che detengono il potere sull’acqua e dell’acqua e quali quelli che ne subiscono la siccità, la povertà e la morte? E quali quelli che la proteggono e la rispettano? Quelli più “maleducati” ed irresponsabili?

La Francia ha una tradizione industriale nel settore della potabilizzazione che risale alla metà dell’800. La più antica società privata è la Compagnie générale des eaux (Cge), acquisita dal gruppo Vivendi Universal nel 1998. La sua prima concessione per l’acquedotto della città di Lione risale a un decreto imperiale del 14 dicembre 1853. Oggi, le maggiori multinazionali del settore idrico sono francesi. I  Paesi poveri dell’Africa, dell’America Latina e dell’Asia sono sottoposti al ricatto della Banca mondiale che finanzia solo le opere idriche che coinvolgono i privati.

L’Italia come si comporta? Sciupona od economa? Quanto dovrebbe essere il pro capite del liquido?

Il consumo medio degli italiani è un po’ alto: supera abbondantemente i 200 litri d’acqua al giorno pro capite, contro i 10-20 litri di un africano. Dallo sciacquone alla doccia, dalla lavastoviglie alla lavatrice, non brilliamo certo per un uso accorto della risorsa: dei litri di acqua potabile consumati ogni giorno da ognuno di noi, solo pochi vengono usati per scopi strettamente alimentari: beviamo al massimo 2 litri, il resto finisce nel wc, nei lavandini, nelle lavatrici, nelle lavastoviglie e nelle vasche da bagno. Pensate che a Latina (l’acquedotto è gestito dalla società privata Acqualatina Spa) ogni abitante in media consuma 692,14 litri al giorno, la città più sciupona d’Italia. La città più virtuosa invece è Ascoli Piceno dove ogni abitante si accontenta di una media di 127,30 litri al giorno.

Forum Nazionali ed internazionali, progetti di pubblica proprietà e gestione. Utili? Possibili? realizzabili? Utopie?

La prima conferenza mondiale sull’acqua, organizzata a Mar del Plata dall’Onu nel 1977, cui è seguito il decennio mondiale (1981-1990), dedicato alla vitale risorsa, hanno portato gli organismi internazionali a formulare una risposta che punta all’innovazione tecnologica con  la ricerca di nuove fonti, costruzione di impianti di potabilizzazione, dotazione di reti fognarie e depurazione dei reflui. Insomma, si riconosce un ruolo fondamentale all’industria idrica. Nel settembre del 2000, 150 capi di Stato si sono impegnati, con la Dichiarazione del Millennio, a dimezzare, entro il 2015, il numero di coloro che non hanno servizi idrici. Un impegno ribadito nel 2002 al Vertice sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg. Ma per raggiungere l’ambizioso traguardo occorrerebbe garantire l’accesso all’acqua a 100 milioni di persone in più ogni anno, cioè 274.000 al giorno, una città di media grandezza da collegare a ogni sorgere del sole alla rete idrica e fognaria. Purtroppo poco o nulla si sta facendo per raggiungere l’obiettivo del Millennio.

Alcuni consigli pratici nell’uso quotidiano dell’acqua?

Il tema del risparmio idrico è sempre alla ribalta, ma non è questo il punto. Basterebbe rimediare alle perdite copiose e ridurre l’irrigazione dei campi che si bevono oltre il 50% dell’acqua disponibile in Italia per risolvere l’emergenza che attanaglia le nostre regioni meridionali.

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