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Terrore europeo sull'Irlanda

di Antonello Molella - 02/02/2009

    
Esattamente tre anni dopo il no alla Costituzione Europea di Francia e Olanda, con il referendum dello scorso giugno l'Irlanda ha bocciato la ratifica del Trattato di Lisbona. Con un 53,4% di voti contrari contro il 46,6% di favorevoli, il documento è stato rispedito al mittente. La maggioranza dei leader europei ha tuonato contro l'euroscetticismo irlandese, mettendo in enorme imbarazzo il governo di Brian Cowen.
Diciamo la verità: se non fosse stato per l'Irlanda, del Trattato di Lisbona non se ne sarebbe saputo nulla. Pochi hanno realmente compreso cosa sia questo incartamento, oscuro, burocratico e dai contenuti incomprensibili, quasi iniziatico. Il Trattato, a dispetto del suo alone di mistero, è poco più che una revisione della vecchia Costituzione Europea, che demolita dai precedenti voti negativi, ha solo avuto bisogno di un intervento cosmetico per essere di nuovo presentabile. Ad oggi, per il suo 96%, è identico alla versione originaria: Trattato dell’Unione europea del 1992 e Trattato istitutivo della Comunità europea del 1957. Grazie a questo escamotage è stato approvato nel silenzio più assoluto anche nei paesi che avevano precedentemente bocciato la Costituzione. Questa è stata la Strategia di Lisbona, architettata ad arte per aggirare Carte nazionali e per evitare le consultazioni referendarie, tra l’altro previste da molte costituzioni come quella italiana. Ma il diabolus in musica, per gli eurocrati, è stato il voto irlandese. José Manuel Barroso, poco dopo il referendum, puntualizzò: "Diciotto paesi hanno già approvato il Trattato, l'Irlanda ha votato no, ma noi dobbiamo continuare il processo delle ratifiche per sapere esattamente alla fine quali sono le posizioni di tutti i partner". Barroso dimentica, o fa finta di non sapere, che l’Irlanda è stato l’unico paese a passare per le urne. E’ proprio questo che irrita l’Europa dei potentati, che pretendono di governare non dei popoli sovrani, ma dei sudditi. I popoli, in definitiva, non dovrebbero esprimersi su queste questioni, ma lasciare “democraticamente” la decisione ai  propri reggenti. Tutto questo è la strana deriva delle democrazie europee: svuotate di ogni significato, mistificate e sempre più grimaldello per affari di qualche oligarchia.
Gli Irlandesi non si sono fidati. Il Trattato di Lisbona avrebbe limitato il potere decisionale del loro governo, costretto a sottostare al controllo centrale europeo su redditi e produzione interna, ed avrebbe imposto al loro paese (attualmente neutrale) di partecipare a missioni offensive di guerra.
Gli eurocrati, dall’altra parte, non si aspettavano che gli irlandesi, dopo aver usufruito di ingenti aiuti dall’Ue, cannonassero il vascello Europa. Era forse sottointeso che avendo ricevuto ingenti esborsi finalizzati al miracolo della “Tigre Celtica”, si sarebbe dovuto rendere il favore, come nel più mafioso dei ricatti. Così l’Unione mette alla canna del gas l’Irlanda, cominciando ad agevolare economicamente il trasferimento di aziende verso i paesi dell’Est, creando, in pochissimi mesi, disoccupazione e disagio sociale. Passando anche alle minacce di espulsione dalla Comunità Europea, per cui oggi il paese è nel panico: bombardato da una campagna terroristica sulla galoppante recessione e gambizzato per la pesante riduzione di esportazione di carne in Europa, dovuta all’ingigantimento dello scandalo dei maiali alla diossina. La campagna per il ritorno alle urne è spianata: un popolo indebolito e impaurito è debole, e pur di non perdere i propri privilegi è in grado di accettare anche la beffa. Da un recente sondaggio dell’Irish Times, se si tornasse al voto ora, gli irlandesi voterebbero sì. Bella scoperta.
Il governo di Cowen, prendendo la palla al balzo, ha annunciato che probabilmente l’Irlanda potrebbe tornare alle urne su Lisbona nel prossimo ottobre. Tanto vale ora dare agli elettori una scheda con due scelte: Sì o Sì. L’Europa dei banchieri preme per possedere il bastone del comando, che gli permetterà di avere un controllo totale sugli stati europei. Hanno chiesto la testa dell’Irlanda su un piatto d’argento, e forse l’avranno.