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Non fate che io possa dire: "L'avevo detto."

di Stefano Montanari - 03/02/2009

   
  

 

I commenti fuori tema saranno cestinati

È curioso come l’Uomo non sappia far tesoro dell’esperienza non solo altrui ma anche propria.

Ormai i segnali di un avvelenamento del Pianeta sono numerosissimi ed incontrovertibili, eppure c’è ancora chi, arrampicandosi su specchi di sesto grado superiore, gareggia con i sofisti più incalliti e mette in dubbio l’evidenza più lampante.

L’individuazione da parte nostra di micro e nanopolveri all’interno dello sperma risale a diversi anni fa, e ad altrettanto tempo risale la nostra denuncia secondo cui a quell’inquinamento si deve, tra l’altro, almeno in parte notevole l’aumento della sterilità.

Ma, ahimé, non ci sono solo le polveri di cui noi ci occupiamo.

Prego, allora, chi ha qualche minuto della sua vita da dedicare all’argomento di dare un’occhiata ai link riportati qui sotto, link che mi ha mandato un’amica, autrice anche delle traduzioni, non tecniche, con qualche imprecisione nei nomi, ma del tutto comprensibili:

http://www.arte.tv/fr/accueil/Videos-sur-ARTE-TV/2151166,CmC=2295208.html
http://www.arte.tv/fr/accueil/Videos-sur-ARTE-TV/2151166,CmC=2295234.html
http://www.arte.tv/fr/accueil/Videos-sur-ARTE-TV/2151166,CmC=2295236.html
http://www.arte.tv/fr/accueil/Videos-sur-ARTE-TV/2151166,CmC=2295238.html

Estratto n. 1

Due studi, uno condotto in Francia e l'altro in Danimarca, hanno come conclusione comune il peggioramento della qualità dello sperma.

“Abbiamo deciso di procedere con l'analisi dei nostri dati, che riguardavano più di 1300 uomini e l'idea iniziale era quella di affermare che non c'era alcuna modificazione nella qualità dello sperma per poi poter dimostrare che in 20 anni, in una città come Parigi non ci sarebbero stati cambiamenti importanti.”.

I donatori parigini costituiscono una popolazione omogenea, in quanto hanno tutti almeno un figlio. Le loro cartelle, documentate in maniera scrupolosa, sono tutt'ora conservate negli archivi del centro.

Grazie alla precisione dei dati, questa ricerca diventa un punto di riferimento a livello mondiale. Le conclusioni sono a dir poco sconvolgenti: in un lasso di tempo di 20 anni, l'abbassamento degli spermatozoi dei parigini ha quasi raggiunto il 40%, in altre parole -2% all'anno.

Se in Francia, Pierre Jouannien non ha ottenuto i mezzi per proseguire le sue ricerche - “contare gli spermatozoi non è scienza”, questa la risposta del ministero - in Danimarca le autorità prendono la faccenda sul serio, in quanto se la diminuzione continua, viene messa in discussione la capacità di una popolazione a riprodursi.

Dal 1996 i danesi hanno lanciato un programma di osservazione di 400 coscritti all'anno. I risultati non sono affatto rassicuranti: 1 giovane danese su 5 ha una quantità molto debole di sperma qualitativo, così debole da alterarne la fertilità.

(Immagine video) Osservate lo sperma di questo giovane donatore e paragonatelo allo sperma di   miglior qualità (immagine a fianco). Gli spermatozoi sono meno numerosi, hanno una minore mobilità e alcuni di essi presentano due teste.

Estratto n. 2

Se alcuni prodotti chimici possono agire come ormoni per gli uomini, le conseguenze non sono da sottovalutare. Nella natura troviamo residui di contaminanti di ogni sorta. Possono questi avere effetti sull'intero ecosistema?

Tyron Hyze è un esperto sugli anfibi riconosciuto a livello mondiale. Le rane vivono in vari ambienti: in paludi, ruscelli e fiumi, in zone protette ma anche in luoghi sottoposti ad un'agricoltura intensiva.

Su richiesta del gruppo farmacologico Singenta, Hyze ha testato sulle rane gli effetti del loro erbicida più venduto al mondo, l'atrazina. Nel laboratorio dell'università di Berkeley in California, Hyze ha esposto i girini a basse dosi di atrazina, dosi identiche a quelle che si possono trovare nell'ambiente.

“La prima volta che abbiamo fatto l'esperimento, il mio tecnico è venuto a portarmi i risultati e non potevo credere ai miei occhi. Ho riorganizzato i dati in modo che non avesse più alcun riferimento sull'identità dei campioni e gli ho detto di ricominciare. Ha rianalizzato i dati e i risultati erano identici. Abbiamo chiesto in seguito ad alcuni studenti di rifare l'esperimento e abbiamo ottenuto  le stesse conclusioni ripetutamente.
A quel punto ho cominciato a crederci.”.

I maschi di rana esposti all'atrazina sono diventati ermafroditi: i testicoli contengono ovuli. La ricerca è riportata sul New York Times e scatena un'evidente controversia, in quanto le dosi utilizzate da Hyze sono considerate inoffensive.

Il gruppo Singenta contesta l'esito della ricerca e si rifiuta di finanziare Hyze. E mentre altri ricercatori tentano di riprodurre i test in laboratorio, Hyze continua a prelevare campioni sul territorio. Su scala mondiale gli anfibi sono in diminuzione, più della metà rischia l'estinzione e nessuno è a conoscenza del perchè.

Dopo aver percorso migliaia di chilometri e qualche centinaia di paludi, Tyron Hyze trova le risposte che cercava.

Estratto n. 3

Da anni i residui di pesticidi sono stati oggetto di ricerche sui perturbatori endocrini. Possiamo comunque affermare che siano essi i soli responsabili?

Come spesso accade in ambito scientifico la risposta a questa domanda è apparsa in maniera del tutto accidentale. Un incidente di percorso ha dimostrato che i perturbatori endocrini hanno invaso la nostra quotidianità e che sono presenti dove mai nessuno avrebbe pensato che esistessero.

Hanna Soto e Carlos Sonnenschein sono biologi. Lavorano su di un tipo di cellule cancerogene. Affinché queste cellule prolifichino, i biologi le hanno esposte ad estrogeni, ovvero ormoni femminili.
Un bel giorno, Hanna e Carlos hanno scoperto che anche le cellule di controllo hanno iniziato a moltiplicarsi.

“Fu come se tutte le cellule fossero state esposte agli estrogeni, anche quelle che abbiamo lasciato volontariamente inesposte. Non riuscivamo a capire, così abbiamo ricominciato da capo e abbiamo ottenuto lo stesso risultato.
A quel punto capimmo che qualcosa di anormale stava accadendo.”

Ci vollero mesi di ricerca per scoprire la chiave dell'enigma: la contaminazione proveniva dall'uso di un tubo di plastica. La plastica, un materiale considerato inerte, conteneva un componente che agiva come un ormone femminile ed è questo componente che ha provocato la proliferazione delle cellule cancerogene.

“La nostra prima reazione fu di sorpresa. Più tardi abbiamo capito le conseguenze della nostra scoperta: se, per esempio, questa plastica è contenuta in un tubo di laboratorio, può essere allo stesso modo presente nei biberon, e questo vuol dire che i neonati sono esposti ad ormoni.”

Prodotti detergenti, imballaggi di conserva, bottiglie di plastica, biberon...  Soto e Sonnenschein hanno effettuato test su di un centinaio di oggetti usati quotidianamente e hanno trovato molecole chimiche ad effetto ormonale come, ad esempio, il bisfenolo A o il nonilfenolo. Queste sostanze sono presenti in quantità scarsa, troppo scarsa, secondo quelli che screditano la ricerca, per produrre effetti.

In tossicologia esiste una regola d'oro: è la dose a costituire il veleno. In altri termini, il prodotto diventa tossico solamente a  partire da una certa quantità. Al di sotto di questa soglia, la sostanza è inoffensiva.

Molti ricercatori sostengono che questa regola non si applica nel caso dei perturbatori endocrini e  ribattono dicendo che non è la dose a fare la differenza, ma il momento e la durata dell'esposizione.

In che modo gli ftalati si ritrovano nel sangue umano?

“Non abbiamo mai analizzato un campione biologico che non contenga ftalati. Sangue, latte materno, urine...  Non abbiamo trovato nemmeno una persona che non sia stata esposta agli ftalati. Una delle fonti principali di questa sostanza sono i cosmetici, come, ad esempio, le creme che, ogni mattina, le donne si spalmano sulla pelle.”.

Dove vanno gli ftalati contenuti nei prodotti cosmetici? Restano nell'organismo o vengono smaltiti rapidamente?

Per rispondere a questa domanda, il gruppo di ricerca di Skackelbach ha appena realizzato uno studio unico al mondo. Tutti i giorni e per un periodo 2 settimane, 26  uomini di giovane età  sono stati ricoperti di creme cosmetiche dalla testa ai piedi.

La prima settimana è stata utilizzata una crema di base, la seconda settimana una crema contenente 2 ftalati ed un paraben di largo consumo. Subito dopo l'applicazione, i ricercatori hanno preso un campione sanguigno per analizzare il tasso di ormoni e la presenza di ftalati e di paraben.

“Se non li volete mangiare, non li dovete neanche mettere sulla pelle, perché è nell'organismo che queste sostanze andranno a finire. Mettete un po' di crema che usate abitualmente sul vostro braccio e sul tavolo. La crema che è sul tavolo ci resterà, non evaporerà e non sarà assorbita e dopo 10 minuti sarà sempre lì dove l'avete lasciata. Poi guardate il vostro braccio e accorgetevi che la crema che ci avete messo è sparita. Dove è andata? La risposta è ovvia, e' penetrata nel vostro organismo, poiché non può andare altrove. Quindi quando applicate una crema che contiene ftalati, questi ultimi entrano nel vostro corpo e si ritrovano in grande quantità nel sangue, perchè se vi siete spalmati la crema su tutto il corpo gli ftalati vengono assorbiti in grandi quantità.”

Un'ora dopo l'esposizione si trovano già tracce di ftalati nel sangue. Sebbene gli ftalati siano metaboliti e, cioè, vengano metabolizzati in 24 ore, nel caso in cui la crema sia utilizzata tutti i giorni, l'esposizione risulta permanente.