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La piramide rovesciata della finanza

di redazionale - 03/02/2009

Fonte: pensareinprofondo

 
 
Qualche giorno fa è comparsa su un quotidiano (sabaudo) una immagine molto efficace che sintetizza le dimensioni della piramide su cui è (era) poggiata la finanza globale.
I dati che si possono leggere dicono che, al suo massimo sviluppo, la somma degli asset azionari, obbligazionari ed immobiliari dei paesi sviluppati avevano un valore di 290 trilioni di $ (valore 1 trilione=1000 miliardi).
Il prodotto lordo globale degli stessi stati ammontava a 55 trilioni di $.
Il sistema bancario tradizionale aveva impieghi per un valore di 39 trilioni di $, quello delle banche di investimento e degli hedge fund (in titoli derivati) 62 trilioni di $.
Il valore della massa monetaria circolante (riserve delle banche + banconote e monete) ammontava a 3,9 trilioni di $.
Le riserve auree a 0,8 trilioni di $.
Gli interventi nel sistema (ad oggi) per rimettere ordine e ridare fiato alle banche è nell'ordine dei 1,9 trilioni di $.

Credo che i dati siano esatti e anche non lo fossero al centesimo l'ordine di grandezza e la proporzione tra le varie voci non penso cambi di molto.
Una piramide rovesciata del genere è contro qualsiasi legge della fisica. Vedremo se lo sarà anche contro le "leggi" dell'economia.
Prendendo come riferimenti alcuni pezzettini di quel sistema diciamo subito che una parte cospicua di quella "ricchezza" virtuale non esiste più.
Se prendete una obbligazione di una società come Fiat (ad esempio) con scadenza nel 2017 vedrete che il suo valore nominale è della metà rispetto al prezzo di emissione.
La condizione per quella obbligazione di riacquistare valore è che Fiat non chiuda, che non ci siano incertezze sulla sua solvibilità e che la buriana entro il 2017 passi.
La stessa cosa la possiamo dire con una obbligazione agganciata ad un indice azionario come è quello dello Standard e Poors MIB della Merryll LYnch che, nell'arco di un anno, ha perso il 76% del suo valore .
Alla sua scadenza, se non recupera valore il mercato azionario, chi ha investito ha buone probabilità di vedere sparire una parte abbondante del proprio patrimonio.
La creazione di valore "virtuale" per una parte delle obbligazioni e degli indici azionari è legato, quindi, alle sorti dell'economia reale e dei suoi rappresentanti produttivi.

In questi frangenti i governi si danno un gran d'affare per trovare soluzioni.
una di queste passa per la creazione di una bad bank.
Perché ed a cosa serve lo possiamo capire (in sintesi) qui con una domanda alla fine:

"La ragione principale che viene addotta alla mancanza di credito concesso da parte delle banche sta nella difficoltà di valorizzare quella parte di attivi incagliati in crediti poco o quasi per nulla esigibili. Poiché le banche nell'attività di erogazione del credito debbono rispettare coefficienti patrimoniali che le mettano in condizione di affrontare possibili situazioni di insolvenza da parte dei debitori, esse cessano di erogare ulteriore credito perché non sono in grado di valutare quanta parte di questi crediti di difficile esigibilità siano davvero recuperabili. Si fa strada allora l'idea di accorpare i crediti "cattivi" in banche controllate dai governi; esse procederanno alla graduale ma ordinata liquidazione di tali crediti (anche se con probabili perdite per il contribuente) mentre le banche commerciali, sgravate dei crediti inesigibili, potranno tornare a prestare denaro. La Gran Bretagna è il paese che si è incamminato prima su questa strada. Il mercato capisce poco di quello che sta succedendo per cui l'ipotesi che banche come Barclays possano essere nazionalizzate porta ad una percezione di maggior rischio per coloro che affrontano il problema. Si dice, ed il nostro ministro del Tesoro non perde occasione per affermare che gli altri sono messi peggio di noi, che il problema non riguardi le banche dell'Europa continentale ed in particolare, con l'eccezione di Unicredit, quelle italiane. Sorge allora spontaneo domandarsi come mai neanche le banche italiane imprestino più soldi alle imprese. O si tratta di un atteggiamento suicida, il credito ritorna ad essere l'attività principale delle banche dopo il grande esodo dal risparmio gestito, oppure il problema dei crediti inesigibili forse riguarda anche noi, a partire dal credito al consumo."
Fonte:http://www.finanze.net

Quindi se vogliamo che le banche tornino a dare liquidità al sistema bisogna togliere dai loro bilanci i titoli tossici, al contrario i soldi immessi serviranno solo a far cassa per avere dei coefficienti patrimoniali in linea con i regolamenti vigenti.
Se vogliamo ,per un attimo, commentare l'incipit notiamo lo "smarrimento" e la percezione del maggior rischio rispetto all'ipotesi di nazionalizzazione di una banca per risolvere il problema.
Mi chiedo se l'esatta dimensione del problema ,raffigurato nella piramide finanziaria ,non sia di per se sufficiente. Indipendentemente da qualsiasi ipotesi di nazionalizzazione.
Infine la questione è : quanto valgono i titoli tossici e cosa hanno contribuito a finanziare in termini di attività dell'economia reale?

Lo stesso articolo (sabaudo) mette in evidenza come le tendenze alla "nazionalizzazione" delle banche sia foriero di due prossimi eventi:
- misure di protezionismo commerciale
- de-globalizzazione dei flussi di capitale verso i paesi in via di sviluppo

Si cerca di contrastare, allo stesso tempo, la caduta della domanda su alcuni settori industriali con aiuti pubblici che stimolino gli acquisti.
E' il caso dell'auto.
Anche nel 2007, in Italia, si ricorse ad incentivi "ecologici" per rinnovare il mercato e dare una mano al mercato automobilistico.
Finito l'effetto placebo già i primi 4 mesi del 2008 (fonte ACI) vedevano una inversione di tendenza nelle vendite di autoveicoli rispetto allo stesso periodo del 2007.

Per ricapitolare abbiamo un sistema che cerca "disperatamente" di reggersi su due paradigmi.
Il primo riguarda la finanza:
- Abbiamo un cumulo di merda che non vale niente su cui, fino a che si è potuto abbiamo gozzovigliato, ed ora mettiamo questo letame in un angolo nello spazio siderale in attesa che si smaltiscano i residui tossici. I protagonisti di questo casino li rimettiamo, con qualche regola in più e magari nazionalizzati per il periodo necessario, a fare il loro mestiere di banchieri. Dopo? Di nuovo liberi di continuare a fare i cazzi loro. D'altra parte se così non fosse perché non prendere spunto da qualche crisetta finanziaria che abbiamo già visto, per fare i saggi a tempo debito?
Il secondo riguarda il manifatturiero:
- Abbiamo prodotti con un ciclo di vita molto breve, reso critico non solo da fatti contingenti e legati alle logiche della competizione markettara ma anche e soprattutto da fattori e leve non controllabili direttamente e risolvibili con il semplice restyling del prodotto.
Costo del carburante, tasse, inquinamento e sostenibilità ambientale (solo per citarne qualcuna).
Insomma un casino. E allora cosa c'è di più lungimirante e strategico del semplice traccheggiamento?
Perché in fondo a questa vicenda, su questo specifico settore ,di questo si tratta. Qual'è la visione che i markettari hanno di questo prodotto, nel futuro, e quale possono avere se la visione rimane slegata rispetto a quello che si muove nella società?
D'altra parte non è colpa loro, perché non il loro mestiere.


Tra questi paradigmi rimangono ingabbiate le vite delle persone. A queste persone vengono richiesti modi per stare in questo "gioco" che, alla fine, producono solo una condizione peggiorativa della loro vita. Regole negoziali in materia di contratti, pensioni più povere, maggiore flessibilità sia in entrata che in uscita sui luoghi di lavoro etc.
E tutto questo per cosa?
Se la piramide rovesciata produrrà danni, lo farà in modo speculare nei confronti di una società in cui la piramide è di tipo tradizionale.
Quelli che subiranno il danno della polvere dei calcinacci e che non saranno in grado di respirare sono quelli che stanno al fondo.
Come reagiranno? O meglio, come reagiremo quando ci mancherà l'aria?