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Afghanistan: la delusione di Obama per Karzai

di Paolo Valentino - 09/02/2009

 

La scorsa settimana, il capo del Pentagono, Robert Gates, era pronto ad annunciare l`invio di due nuove brigate, circa 17 mila tra soldati e marines, in Afghanistan. Ma all`ultimo minuto, Barack Obama ha deciso di rinviare il via libera definitivo. Non avevano convinto, il presidente e lo staff della Casa Bianca, le risposte dei capi militari.

Era successo nella prima riunione con i generali e Gates, svoltasi alla fine di gennaio nel tank, la sala di riunioni supersicura nei sotterranei del ministero della Difesa. «What`s the end game?», qual è l`obiettivo del nostro gioco, aveva domandato Obama. In altre parole, prima di lanciare una surge in Afghanistan, sul modello di quanto avvenne in Iraq, mandando fino a 3o mila nuovi soldati nella regione entro la fine dell`anno, il capo della Casa Bianca vuole una missione ben definita e una «exit strategy», nel caso l`escalation non produca i risultati voluti. L`episodio conferma la prudenza e il rigore, ma anche i. dubbi che agitano la nuova Amministrazione, alle prese con il più grave e delicato dossier dell`intero scenario internazionale. La guerra dei sette anni va male. La situazione sul terreno è quanto mai precaria, Talebani e al-Qaeda sono saldamente attestati sulla frontiera occidentale mentre formano nuove alleanze con gruppi terroristici locali. La violenza è in aumento. Decine di miliardi di dollari sono stati inutilmente spesi nel tentativo di lanciare la ricostruzione del Paese, ma la corruzione dilaga e l`unica economia in pieno sviluppo è quella del papavero, usato per la produzione di droga. Non ha molto tempo, l`Amministrazione Obama, per portare a termine la sua «policy revision» sul- l`Afghanistan. Al vertice Nato del 3 aprile a Strasburgo, Obama deve e vuole presentare una coerente strategia agli alleati, anche per dare forza e credibilità alla richiesta di nuovi contributi militari e logistici da parte loro. Il dibattito a Washington è intenso. La complessità e i rischi della partita chiari. Il pericolo che l`Afghanistan diventi il Vietnam di Barack Obama è evocato da editorialisti e perfino da alcuni democratici, dove la provocazione e l`inesattezza del paragone nulla tolgono alla sua forza evocativa. La linea-guida della nuova strategia sembra una buona dose di realismo. «Possiamo impedire che l`Afghanistan sia un rifugio per al-Qaeda, che non destabilizzi il vicino Pakistan, ma non credo che potremo trasformarlo in una democrazia jeffersoniana», ha ammesso Barack Obama, nell`intervista alla Nbc. L`obiettivo più modesto della stabilizzazione è all`ordine del giorno. Ma anche questo comporterà comunque combattere la corruzione, rafforzare il governo afghano, creare infrastrutture per l`educazione, dare ai contadini possibilità alternative al papavero, dialogare con i capi tribali e con i cosiddetti «Talebani riconciliabili». E qui il problema principale si chiama Hamid Karzai, il presidente che tutti o quasi nella capitale americana, considerano ormai inaffidabile e inetto. Il New York Times ha rivelato ieri l`episodio avvenuto un anno fa, quando l`allora senatore Joe Biden, in visita a Kabul con una delegazione del Senato Usa, aveva chiesto a Karzai durante un pranzo nel suo palazzo cosa intendesse fare per fermare la corruzione rampante. Di fronte alla risposta di questi, che non c`era alcuna corruzione nel governo e comunque non era colpa sua, Biden si era alzato ed era andato via, dicendo: «La cena è finita». Oggi Biden è vicepresidente. E la sua disistima per l`ex prediletto di George W. Bush è diventata  quella dell`Amministrazione Obama. Che probabilmente proverà a puntare su altri cavalli, ma che almeno fino alle elezioni di luglio (e forse anche dopo) dovrà avere a che fare con lui. Toccherà a Richard Holbrooke, il nuovo inviato speciale per Afghanistan e Pakistan, un altro che considera Karzai ormai bruciato e dannoso, metterlo sotto pressione perché agisca sul fronte del malcostume e fornisce finalmente alla popolazione quei servizi, che migliorandone l`esistenza ne cambino anche l`umore in favore degli alleati. Holbrooke sarebbe pronto anche a minacciare il blocco degli aiuti americani.