Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / L'Iraq dopo le elezioni provinciali: vincono le tendenze nazionaliste, ma i laici non sfondano

L'Iraq dopo le elezioni provinciali: vincono le tendenze nazionaliste, ma i laici non sfondano

di Ornella Sangiovanni - 09/02/2009




Una vittoria netta ma non una valanga. E' questo il primo dato che emerge da una lettura attenta dei risultati provvisori delle elezioni provinciali che si sono tenute il 31 gennaio in 14 delle 18 province dell'Iraq: risultati che la Commissione elettorale indipendente irachena (IHEC) ha diffuso ieri, sottolineando che, per l'appunto, si tratta di cifre provvisorie, e che per quelle definitive ci vorranno due settimane, forse tre.

L' "Alleanza per lo Stato di diritto" - la coalizione del premier Nuri al Maliki –
vince di larga misura, ma non stravince. Se è vero che è arrivata prima in 9 province (Baghdad e tutte le province del sud a maggioranza sciita tranne una), è vero anche che i suoi risultati migliori sono il 38% di Baghdad e il 37% di Bassora, le due province indubbiamente più importanti, ma anche fra quelle dove l'affluenza è stata più bassa (il 48% a Bassora, mentre il dato relativo alla capitale non è stato diffuso, ma si aggirerebbe al massimo intorno al 40%, forse meno).

A Muthanna, ad esempio, che è la provincia dove c'è stata l'affluenza maggiore fra quelle del sud sciita, la coalizione del premier, che pure è arrivata prima, ha avuto solo il 10,9%: un dato inferiore, come vedremo, al risultato della lista appoggiata dai sostenitori di Muqtada al Sadr a Najaf.

E nelle altre province del sud in cui ha vinto si va dal 23,1% di Dhi Qar e Qadissiya, via via scendendo con Maysan (17,7%), Najaf (16,2%), Wasit (15,3%), fino al 12,5% di Babel.

Il crollo degli sciiti separatisti

Quello che invece è indiscutibile è il crollo del partito sciita rivale (che guidava anch'esso una coalizione): il Consiglio supremo islamico iracheno (ex SCIRI) di Abdel Aziz al Hakim.

Da forza di governo in ben 6 delle province del sud, oltre che a Baghdad, è stato infatti fortemente ridimensionato, e non ha vinto da nessuna parte – anche se è comunque il secondo partito a Bassora (con l'11,6%), Najaf (14,8%), Babel 8,2%), e Qadissiya 11,7%).

Dato importante, viene sconfitto nella sua roccaforte di Najaf – dalla coalizione del premier, che guadagna il primo posto, mentre è particolarmente umiliante il risultato di Baghdad, provincia che controllava: solo il 5,4%, a fronte del 38% dell'alleanza messa in piedi da Maliki.

Più che in quanto partito religioso, il Consiglio supremo sembra comunque essere stato punito dagli elettori come partito di governo: battuto in tutte le province che aveva amministrato negli ultimi quattro anni.

Analogo discorso si potrebbe fare per la coalizione di Maliki. L'unica provincia del sud in cui l' "Alleanza per lo Stato di diritto" non ha vinto (finendo al terzo posto, dietro a due liste civiche, con l'8,5%) è infatti Karbala: quella di cui il premier iracheno è originario, e l'unica nella quale il suo partito – al Da'wa – era al governo.

Tengono i sadristi …

Da non sottovalutare è il risultato ottenuto dai i sostenitori di Muqtada al Sadr. Pur non presentando ufficialmente propri candidati, appoggiavano, su indicazione del loro leader, due liste cosiddette "indipendenti": una delle quali – il "Movimento dei liberali indipendenti" – si è piazzata bene in diverse province.

Se è vero, infatti, che i sadristi hanno perso Maysan (l'unica provincia che controllavano) – anche qui probabilmente puniti in quanto partito di governo, sono comunque la seconda forza politica (con il 15,2% ). Arrivano secondi anche a Dhi Qar, con un soddisfacente 14,1%, e a Baghdad (subito dietro la coalizione di Maliki), anche se qui il risultato – il 9% - è assai più modesto.

Decisamente buona l'affermazione a Najaf - città santa roccaforte degli acerrimi rivali del Consiglio Supremo, nonché sede della Marjai'ya, la leadership religiosa sciita – dove sono riusciti a ottenere il 12,2 per cento.

… e anche i partiti religiosi

Complessivamente, un'analisi attenta dei risultati mostra che la cosiddetta "sconfitta" dei partiti religiosi (sciiti) tanto sconfitta in realtà non è.

Nel sud a maggioranza sciita essi rimangono infatti, presi nel loro complesso, una forza consistente, e lo stesso partito del premier - al Da'wa – non si può certo definire una forza laica (è il più antico partito di ispirazione religiosa iracheno, fondato negli anni '50). Questo, anche se Maliki (a differenza dei rivali del Consiglio supremo) aveva impostato la sua campagna elettorale su un messaggio di unità del Paese, evitando i riferimenti religiosi.

Sta qui appunto la differenza fondamentale rispetto al 2005: le forze politiche sciite che si sono affermate in questa tornata elettorale sono tutte di orientamento nazionalista, e sostenitrici di un forte governo centrale.

Sconfitta invece la tendenza federalista-separatista rappresentata dal Consiglio Supremo, che vorrebbe la creazione di una mega-regione sciita - composta dalle 9 province del centro-sud - sul modello di quella autonoma kurda nel nord.

Nazionalisti laici bene ma non benissimo

Per quanto riguarda le forze nazionaliste e laiche, la loro affermazione è inferiore ad alcune previsioni circolate inizialmente.

Fa eccezione al Hadba:
la coalizione araba nazionalista che vince nettamente a Ninive (capitale Mosul), strappandola al controllo dei partiti kurdi, con il 48,4% - e in una provincia che ha visto un'affluenza del 60%.

Per il resto, la coalizione guidata dall'ex premier Iyad Allawi (la Iraqi National List) migliora indubbiamente i risultati miseri delle elezioni nazionali del dicembre 2005, ma i suoi numeri non sono entusiasmanti.

Il piazzamento migliore è a Salahuddin (la provincia a maggioranza sunnita che ha come capitale Tikrit, città di cui era originario Saddam Hussein), dove è seconda con il 13,9%.

Va bene anche a Diyala (9,5% - 4° posto), Baghdad (8,6% - 3° posto), e Qadissiya (8% - 4° posto).  Significativo il 6,6% di al Anbar, provincia a maggioranza sunnita, ex roccaforte della resistenza contro l'occupazione, nonché zona dove sono molto forti i legami tribali.

Interessante anche il risultato del cosiddetto "Gruppo del progetto nazionale iracheno": coalizione nazionalista formata da 13 fra gruppi e partiti, con capofila l'Iraqi Front for National Dialogue di Salah al Mutlak – formazione sunnita nazionalista di orientamento neo-ba'athista, che ha 11 seggi in Parlamento, e finora è sempre stata all'opposizione.

Il gruppo è uscito vincitore ad al Anbar, anche se quasi a pari merito con una delle coalizioni tribali formate dai gruppi del cosiddetto "Risveglio": quella affiliata allo sceicco Ahmed abu Risha. Le percentuali riportate dalle due formazioni sono molto ravvicinate, almeno per ora: rispettivamente il 17,6% e il 17,1%. Nell'attesa che la Commissione elettorale esamini i numerosi ricorsi presentati - molti dei quali riguarderebbero violazioni "gravi" - hanno comunque hanno evitato le violenze che erano state
minacciate dai gruppi tribali in caso di vittoria dell'Iraqi Islamic Party (accusato di brogli) – che, invece, nella coalizione con cui si presentava – l' "Alleanza degli intellettuali e delle tribù per lo sviluppo" - è finito terzo con il 15,9% dei voti.

La nuova formazione politica di Mutlak porta a casa un buon risultato anche a Diyala – il 3° posto, con il 15% - mentre a Salahuddin prende l'8,7% (anche qui arrivando terza). Piazzamento discreto a Baghdad, dove è al quarto posto, con il 6,9% dei voti.

Fra le nuove formazioni di orientamento nazionalista, va segnalato il "National Reform Movement", la lista dell'ex premier Ibrahim al Ja'afari, un tempo il leader di al Da'awa, lo stesso partito di Maliki (che era il suo numero due).

Il gruppo, che potrebbe avere raccolto anche parecchi voti di "sadristi", ha avuto buoni risultati a Maysan (8,7%) e a Qadissiya (8,2%). Non male anche Dhi Qar (7,6%), Najaf (7%), e Muthanna (6,3%). Poi, via via scendendo, Babel (4,4%), Baghdad e Diyala (4,3 % in entrambe le province), Wasit (3,2%), per arrivare al modesto 2,5 % di Karbala e Bassora.

Per il resto, i risultati delle formazioni laiche non sono entusiasmanti. L'
Iraqi Communist Party a Baghdad ottiene un modestissimo 1,2%, all'interno di una coalizione chiamata "Civili", assieme al National Democratic Party di Nasser Chaderchi.

Sostanzialmente, comunque, gli iracheni continuano a votare in base all'appartenenza etnica e/o confessionale. La prova: Maliki non ha presentato la sua coalizione ad al Anbar, provincia a stragrande maggioranza sunnita, e nelle altre province sunnite (dove invece le sue liste c'erano) i risultati sono stati scarsi. A Salahuddin, l' "Alleanza per lo Stato di diritto" ha avuto solo il 3,5%, mentre a Ninive deve essere sotto l'1 %, in quanto il dato non è tra quelli forniti dalla Commissione elettorale.

Tengono i partiti religiosi sunniti

A Salahuddin e a Diyala hanno vinto le formazioni aggregate attorno all'Iraqi Islamic Party: variazioni locali dell'Iraqi Accord Front (IAF), che una volta era la maggiore coalizione sunnita in parlamento, ma ora ha perso dei pezzi, con l'uscita della sua componente più nazionalista – l'Iraqi National Dialogue Council, che si è unito alla coalizione di Mutlak

Il miglior risultato è quello di Diyala, provincia dove i sunniti sono maggioranza, ma dove vivono anche consistenti componenti sciite e kurde. Qui l'United Accord and Reform Front in Diyala è primo con il 21,1% dei voti, e stacca di quasi quattro punti percentuali la coalizione delle forze kurde.

Vittoria anche a Salahuddin, come Salahuddin Accord Front, ma con numeri decisamente inferiori: il 14,5 per cento – e tallonata dalla lista di Allawi, con il 13,9 per cento.

Per il resto, l'IAF si è piazzato secondo – per ora - a Baghdad, con il 9% dei voti, la stessa percentuale della lista appoggiata dai sadristi. Non trascurabili anche i risultati di Ninive (6,7%) e di Bassora (3,8%), provincia a larga maggioranza sciita. In questi ultimi due casi, l'IIP correva da solo.

Vince il centralismo, nessun risveglio laico

Dopo tutti questi numeri, che cosa si può concludere? Innanzitutto che, se la tendenza nazionalista, che sostiene un Iraq unito e un forte Stato centrale, è nettissima fra tutte le forze che hanno vinto o che si sono comunque ben piazzate (con un duro colpo per i sostenitori del federalismo-separatismo, tanto kurdi che sciiti), è decisamente improprio parlare di
risveglio laico, e anche di superamento degli steccati confessionali.

Per il resto, anche se è
presto per parlare di scenari, da queste elezioni provinciali emerge, nella maggioranza delle 14 province nelle quali si è votato, e in alcune in modo particolare (Salahuddin fra quelle sunnite, Muthanna e Babel fra quelle sciite), un panorama decisamente frammentato, che renderà necessarie delle alleanze.

Quali saranno, al momento è difficile dirlo. Per avere i risultati finali – quelli cosiddetti "certificati" – bisognerà aspettare infatti almeno un paio di settimane, mentre la Commissione elettorale esamina i ricorsi presentati, che sarebbero numerosi.

E poi c'è l'assegnazione dei seggi. In questa tornata elettorale, per la prima volta, è stato adottato un sistema cosiddetto "a lista aperta", che consentiva agli elettori di esprimere anche la preferenza.

Bisognerà vedere quindi quale sarà la composizione dei consigli provinciali, che, in base alla nuova legge approvata nel febbraio 2008, avranno tutti un numero minore di seggi rispetto a quelli in carica, fatta eccezione per Baghdad.

Allora, e solo allora, sarà possibile capire quali nuove aggregazioni politiche usciranno fuori, e come si comporrà il mosaico, a seconda delle diverse situazioni locali.

La vittoria di Maliki e della sua coalizione è indiscutibile, ma è difficile che possa fare il bello e il cattivo tempo senza riguardo per gli alleati. Quali saranno è tutto da vedere. Quale sarà il prezzo di queste alleanze, anche.

Adesso comincia il bello.

Nota: in una versione precedente di questo articolo, era stato riportato erroneamente - a causa di un dato riferito dalle fonti, poi rivelatosi sbagliato e ora modificato - che la coalizione araba nazionalista al Hadba aveva vinto nella provincia di Ninive con il 38,4% dei voti. La percentuale esatta è il 48,4%.