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Vitamina C

di Valerio Pignatta - 10/02/2009


La vitamina C, in chimica acido L-ascorbico, è stata isolata per la prima volta in forma cristallina dal succo di limone nel 1932. Essa è un antiossidante di importanza vitale per un corretto funzionamento dei processi biochimici dell’organismo.
Se ci si volesse fare un’idea delle potenzialità di questa vitamina dal punto di vista terapeutico ci si renderebbe subito conto che ci si è avviati su un percorso molto difficoltoso.
Infatti, digitando “vitamina C” in un motore di ricerca escono più di un milione di pagine! E selezionando per argomenti più specifici non è che cambi molto il risultato in quanto a pagine cui si rimanda. Tra l'altro, scorrendo velocemente alcuni articoli, si incontrano affermazioni decisamente contrastanti. Si può andare da “la vitamina C fa venire il cancro” a “la vitamina C cura il cancro”, oppure da “non ha alcuna funzione terapeutica” a “è un elisir di lunga vita”.
Si sono occupati e si occupano di questa sostanza centinaia di scienziati in tutto il mondo. Ognuno ha prodotto i suoi studi e proposto sue differenti dosi e modalità di assunzione per le patologie più disparate e con i risultati più diversi.
Bisogna inoltre ricordare che esistono vari tipi di vitamina C: sodio ascorbato, calcio ascorbato, magnesio ascorbato, ascorbil palmitato ecc. Dunque, se già era difficile in partenza farsi un’idea obiettiva in tema, approfondendolo è ancora più difficile. Tracciare quindi una sorta di progressione lineare della storia e delle virtù della C è un’impresa.

Il punto, comunque, su cui mi pare si concentri tutta la diatriba tra sostenitori e detrattori, è quello delle dosi di somministrazione della stessa. La differenza dei risultati nei vari studi potrebbe essere infatti semplicemente legata al diverso approccio nel dosaggio dei milligrammi necessari a combattere determinate patologie. Secondo le ricerche più corrette (in doppio cieco, con dosi adeguate e gruppi di controllo) pare che, per ottenere risultati concreti, ci si debba rivolgere all’uso di vitamina C con un ordine di grandezza dei grammi e non dei milligrammi. Si parla di dosi che vanno dai 5 ai 20 grammi al giorno e che si spingono in molte patologie anche sino a 100 o 300 grammi quotidiani, magari per via endovenosa. Un vero e proprio altro pianeta rispetto alla Recommended Dietary Allowance (RDA) (dose giornaliera raccomandata) che varia tra i 30 e i 95 milligrammi al giorno!
Vediamo allora qualche affermazione da parte dei medici e giornalisti scientifici più noti in questo campo.

«Nel caso delle malattie virali (Pauling 1978, Stone 1972), la ricerca degli ultimi 30 anni indica che nessuno dovrebbe morire più per le infezioni virali. L’ascorbato è un virucida non specifico, non tossico e quando è usato alla opportuna dose giornaliera (fino a 300 grammi endovena e/o per via orale) ogni infezione virale può essere recuperata entro 96 ore (Klenner 1974, Cathcart 1978, Pauling 1976). I ricercatori australiani A. Kalokerinos e G. Dettman hanno dimostrato che la Sindrome di morte improvvisa del neonato (Sudden Infant Death Syndrome, SIDS) o “morte nella culla”, è una manifestazione di scorbuto infantile, dovuto al fatto che tutti i neonati, nati da madri che dipendevano unicamente dalla loro dieta come loro unica sorgente di ascorbato, sono nati con la Sindrome CSS (scorbuto cronico sub-clinico) dopo nove mesi di scorbuto intrauterino (Stone 1978)».
Stone, Irwin, “Otto decenni di scorbuto. Il caso storico di una ipotesi dietetica fuorviante”, Conferenza sulle controversie sulla nutrizione umana e clinica, Boston University School of Medicine, Hyannis, Massachusetts, 16 luglio 1978.
 
«In questo studio presentiamo una teoria unificata della malattia cardiovascolare umana (CVD). Questa malattia è la diretta conseguenza dell’incapacità dell’uomo di sintetizzare l’ascorbato unita ad un apporto insufficiente di ascorbato stesso dall’alimentazione odierna. Poiché la deficienza di ascorbato è la causa comune della CVD, una sua integrazione è il trattamento universale per questa malattia. Le prove cliniche ed epidemiologiche disponibili sono ragionevolmente convincenti. Ulteriori conferme cliniche di questa teoria condurrebbero all’abolizione della CVD come causa della mortalità umana per le attuali e future generazioni». Rath, Matthias e Pauling, Linus, “A Unified Theory of Human Cardiovascular Disease Leading the Way to the Abolition of This Disease as a Cause for Human Mortality”, in Journal of Orthomolecular Medicine, vol. 7, 1992, pp. 5-15.

«Il fatto che gli orsi non si sono estinti dimostra che:
1. Gli elevati livelli del colesterolo nel sangue non sono la causa primaria dell'arteriosclerosi, degli attacchi cardiaci e degli ictus.
2. Raggiungere e mantenere la stabilità delle pareti arteriose attraverso l'apporto ottimale di vitamine è più importante che ridurre il colesterolo ed altri fattori di rischio nel flusso sanguigno.
3. Il colesterolo ed altri fattori di riparazione nel flusso sanguigno possono solo diventare fattori di rischio se le pareti arteriose sono indebolite da una carenza vitaminica cronica».
Rath, Matthias, Why Animals Don't Get Heart Attacks… But People Do!, MR Publishing Inc., Fremont, 2003.

«Uno studio sorprendente pubblicato negli Annals of Internal Medicine del 2004 ha rivelato che la vitamina C endovena può portare a concentrazioni di vitamina C nel sangue sufficienti per uccidere le cellule cancerose e ha sollecitato il riesame della terapia con vitamina C [Annals Internal Medicine, vol. 140, 2004, pp. 533-537]. La vitamina C endovenosa è tossica solo per le cellule cancerose, non per quelle sane. La medicina moderna ha reagito a questo studio ignorandolo.
Adesso uno studio pubblicato nel Canadian Medical Association Journal mostra in maniera convincente come la vitamina C per via endovenosa abbia represso in maniera documentata il cancro avanzato in tre casi riguardanti cancro alla vescica, polmone, rene e linfoma. Questi tre casi sono stati trattati con i rigidi standards dei case report stabiliti dall'U.S. National Cancer Institute. Con la terapia di vitamina C endovenosa i tempi di sopravvivenza sono stati di 4, 9 e 10 anni [Canadian Medical Assn Journal, vol. 174, 2006, pp.  937-942]! Per contro, oggi gli oncologi prescrivono farmaci chemioterapici che, nella migliore ipotesi, prolungano la vita dei pazienti di cancro di 1-2 mesi a un costo di 5.000 dollari al mese».
Sardi, Bill, “We Let Them Die – 15 Million of Them”, da
www.knowledgeofhealth.com, 28 marzo 2006.