Mi sono laureato al Politecnico di Torino con una tesi in Ecodesign sull’uso sostenibile delle risorse domestiche nel lavaggio e ho riversato le conoscenze apprese con gli studi in un settore poco diffuso in Italia e in Europa ma molto praticato ad esempio negli USA definito come “restauro” (in inglese restoration) degli elettrodomestici, in particolare delle lavatrici come tutti gli altri elettrodomestici (sito ufficiale).

Gli italiani abitano in una casa magari per trenta o quaranta anni e di lavatrice ne cambiamo una ogni 10 anni o forse anche meno ultimamente, e diciamo “consumisti” agli americani che ogni stagione a causa dei un uragano magari loro malgrado sono costretti a ricostruirsi tutta la casa per intero ma la lavatrice è sempre la stessa di trentacinque anni fa perché semplicemente restaurano anche quella. E non diventa osbsoleta perché è talmente basilare e semplice che si adatta alle abitudini di una famiglia che nel tempo cambiano e si evolvono.

Non ho mai abbandonato i restauri in quanto proprio il primo in cui mi sono cimentato è la prova che il progetto del prodotto industriale non necessariamente deve portare alla creazione di qualcosa di nuovo ma che ripercorrere le strade abbandonate in passato può farci magari ricredere sulle scelte fatte. Oggi la mia Ignis Superautomatica ha 46 anni e funziona perfettamente, come anche l’ultimo dei miei lavori una Indesit 092 dell’inizio degli anni 80 e altri ancora.

Non si trovano più i pezzi!? Si rigenerano quelli vecchi o si fa cannibalismo da una macchina identica… o si ricostruiscono con il virtuosismo e la buona volontà che sono le doti estremamente necessarie per fare questo lavoro più d’ogni altro.
Consumano!? Ma la domanda che mi faccio è… “consuma di più la mia superautomatica che lava 2 volta a settimana a pieno carico e dopo mezzo secolo in discarica non c’è ancora mai finita oppure tutte queste ultramoderne lavatrici in classe A con la pretesa di fare un bucato in mezzo secchio d’acqua per tre o quattro volte al giorno mezze vuote e poi dopo nemmeno dieci anni mandate al rimpasto!?”
Silicone marino, Olio minerale e acido cloridrico e ipoclorito di sodio sono alcune delle sostanze che si usano durante i restauri che sono un vero processo di de-produzione che riportano ciascuna apparecchiatura ad un’insieme di componenti disassemblati per ciascuno dei quali bisogna sapere come comportarsi… pompe, cestelli, vasche, crocere, bobine e motori ciascun pezzo trattato singolarmente, alcuni sostituiti, altri semplicemente lavati con acqua e sapone! E poi di nuovo si rimonta tutto.

Invano ho tentato in passato di appellarmi alla legge 151/2005 sui RAEE per evitare lo scempio quotidiano (chiedevo solo un’autorizzazione a qualche ritiro per macchine ancora “salvabili” come dice la legge stessa ma tutti negano!!) delle migliaia di elettrodomestici che finiscono “rifiutati” perchè non più “beni durevoli” ma “beni di consumo” per i quali non esiste più alcuna traccia del concetto di riparazione.
Io invece mi oppongo e non le chiamo riparazioni bensì restauri e per ogni lavoro che faccio porto agli occhi della gente la prova che è possibile invertire la rotta di questa tendenza che definisco “del popolo dei butta-butta”. Siamo pochissimi in Italia a fare ciò, ma cercando in rete si possono trovare alcuni colleghi che mostrano orgogliosi il loro operato…, anche su
questo blog recentemente si è cominciato a parlare di questa cosa.

E nemmeno ci aiuta l’industria magari accogliendo questa nuova forma di (ri)produzione, ben sapendo che proprio in tempi di crisi come questo, il mercato chiede qualità e qualcuno ha già imboccato questa strada.
Bello sarebbe se per una lavatrice oggi, invece di doverla buttare quando si guasta e non conviene ripararla, l’azienda che l’ha prodotta offrisse come alternativa il servizio di restauro. In fondo è quello che fanno riciclando i singoli materiali ma così si eviterebbero costi e conseguenze di tutto il processo di smaltimento… e si tornerebbe a dare lavoro ai riparatori.

Ancora forse i tempi non sono maturi per questi scenari ma io non mi arrendo e continuerò a fare questo meta-mestiere e sperando di aver dato con queste parole il mio contributo alla Decrescita Felice torno a vasche, crocere, cestelli e supporti.