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La crisi e l'etanolo

di Marina Forti - 15/02/2009

 
 
Conseguenze inattese di una crisi economica: l'industria dell'etanolo è già in crisi. Stiamo parlando degli Stati uniti d'America, dove solo un anno fa l'etanolo sembrava il carburante del futuro - o almeno così era descritto. Ora invece la produzione è eccedente, leggiamo sul New York Times, e non passa settimana che un impianto di produzione chiuda...
L'etanolo è alcool che si ottiene dalla distillazione di masse vegetali (funzionano bene quelle con alto contenuto zuccherino, come la canna da zucchero usata in Brasile, oppure la soia, o anche il mais usato in modo massiccio negli Usa), e per questo è definito un «biocarburante» - anche se è più appropriato chiamarlo «agrocarburante», visto che si trae da prodotti dell'agricoltura. Miscelato alla normale benzina può essere usato nei motori delle automobili senza bisogno di grandi modifiche. Fattostà che è stato definito «benzina verde», ecologica (anche se è un equivoco), e che governanti e legislatori europei e americani hanno deciso di promuoverlo, con tanto di incentivi e sovvenzioni ai produttori.
Gli Stati uniti ci si sono buttati a capofitto: nel 2007 hanno prodotto 27 miliardi di litri di etanolo, il triplo che nel 2000. Quello stesso anno il Congresso ha approvato una legge che richiede alle imprese di raffinazione di carburante di aumentare fino al 10 percento la parte di etanolo nella benzina per autotrasporto che mettono in commercio. L'obiettivo stabilito da quella legge era di raddoppiare il consumo di etanolo derivato dal mais, fino a 15 miliardi di galloni (55 miliardi di litri) nel 2015. Non solo: l'obiettivo per il 2022 era di 21 miliardi di galloni (quasi 78 miliardi di litri), e di questi una quota crescente doveva essere etanolo «avanzato», cioè prodotto distillando scarti vegetali vari (invece che mais appositamente coltivato), materiali genericamente definiti biomasse.
La corsa all'etanolo, dicevano i legislatori americani, permetterà di diminuire la dipendenza del paese dal petrolio importato e abbassare le emissioni di gas di serra dovute al consumo di benzina. Con il petrolio a 145 dollari a barile, il tornaconto sembrava evidente (e le polemiche suscitate dall'aumento del prezzo del mais, e di conseguenza dei generi alimentari, erano bellamente ignorate). Investire in raffinerie di etanolo, comprese quelle «di nuova generazione», sembrava un ottimo affare.
Pochi mesi dopo, il panorama è capovolto. Il petrolio ora si aggira sui 35 dollari a barile (mentre curiosamente il prezzo del mais non è calato in modo rilevante) e i consumi energetici crollano causa la crisi economica ormai globale cominziata nell'ultimo anno proprio negli Usa. Risultato: «L'industria dell'etanolo (americana) è alle corde, nonostante i miliardi di dollari di denaro del contribuente ottenuti in sovvenzioni e un mercato assicurato», riassume il New York Times citando un'esperta in mercati energetici. Delle 150 aziende produttrici (e 180 distillerie) di etanolo degli States, una decina ha già chiuso complessive 24 raffinerie negli ultimi tre mesi, e un'altra dozzina è sull'orlo della crisi. Così hanno diminuito di 7,5 miliardi di litri la capacità produttiva annua (che nel 2008 ha raggiunto i 46 miliardi di litri). Ma anche così, l'etanolo prodotto è decisamente troppo, anche perché gli esperti prevedono che il consumo nazionale di benzine nel 2009 e 2010 sarà almeno del 6% minore che nel 2008.
E così, sembra proprio che sarà la crisi dell'economia a ridimensionare la follia dell'etanolo - e la sua potente lobby industriale..