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I soldi ci sono solo per le banche

di Andrea Angelini - 16/02/2009

 

I soldi ci sono solo per le banche



Di fronte alla crisi economica in atto il cittadino comune, italiano ed europeo, è preso da un senso di smarrimento. Ma esso non riguarda soltanto la consapevolezza che il misero stipendio ricevuto a fine mese è inadeguato a sostenere un livello appena decente di vita. E non è nemmeno e soltanto la paura del futuro che appare sempre più incerto per sé e per i propri figli e che soprattutto è un futuro sul quale nessuno di noi ha la capacità di incidere. Il vero smarrimento, che in breve finisce per trasformarsi in una rabbia cieca, è per esempio leggere sui giornali che la Banca centrale europea, o organismi consimili come la Banca Mondiale e il Fondo monetario internazionale, chiedono ai governi di impedire aumenti di stipendi e salari oltre un certo livello per impedire l’innescarsi di dinamiche inflazionistiche, e poi nella pagina accanto leggere che il governo, nel caso specifico quello italiano, ha deciso di finanziare con qualche miliardo di euro un’azienda decotta come la Fiat e il mondo bancario messo in ginocchio dalle proprie speculazioni. Lo stesso governo, è bene dirlo, che appena pochi mesi prima, per la parte che gli compete, aveva spiegato che non c’erano in cassa soldi sufficienti per concedere, come facevano i re, aumenti di stipendio agli statali. Insomma, le banche come il Marchese del Grillo (io sò io..) e i cittadini e i lavoratori come gli altri poveri mortali (..e voi non siete un..). Una realtà per se stessa ben evidente ma che il governo non aveva mai così bene esplicitato.
Sono infatti le banche a comandare e a mandare avanti il sistema, i capitali devono pur potersi muovere liberamente all’interno del territorio dell’Unione, per quanto riguarda invece la forza lavoro, che cosa volete che sia? Anche il lavoro e i lavoratori sono merce che si può spostare a proprio piacimento. E se qualcuno non è d’accordo può anche uscire volontariamente dal meccanismo, tanto i sostituti nazionali ed esteri si potranno trovare tranquillamente.
Mal pagati o sottopagati cosa conta? Cosa contano i lavoratori davanti ai pescecane dell’Alta Finanza che dopo aver speculato massicciamente ora pretendono pure di ricevere sodi dallo Stato, cioè soldi nostri, e che nonostante questo riescono pure a restare al proprio posto? Ma adesso anche i lavoratori prendono atto della realtà che li circonda. Chi si informa bene, ricorda che gli azionisti e proprietari di quei giornali che difendono il sistema bancario e colpevolizzano le pretese “eccessive” di chi lavora, sono anche proprietari di aziende che quei giornali decantavano come sane e sulle cui azioni bisognava investire.
E sono anche azionisti delle banche che finanziano tali aziende e di cui possiedono azioni. Insomma il sistema economico che mette sotto accusa la rabbia sacrosanta di chi lavora, è lo stesso che, attraverso gli incroci azionari, si chiude costantemente a riccio in difesa dei propri interessi e dei propri privilegi e che riesce a pompare risorse da quello Stato, da quel governo e da quei partiti, della maggioranza e dell’opposizione, ai quali è strettamente legato. La crisi scoppiata in America, il centro della speculazione mondiale, si è potuta diffondere anche in Europa, nei termini in cui è avvenuto, perché i sistemi economici delle due sponde dell’Atlantico sono profondamente legati. Ma c’è dell’altro. La crisi ha avuto effetti devastanti in Europa e ha visto l’adozione di misure che alla fine beneficeranno gli speculatori, perché la politica, europea e italiana, ha rinunciato a svolgere il suo ruolo.
Che non deve essere quello di limitarsi ad essere l’amministratore delegato “ufficiale e legale” degli interessi dell’economia e della finanza, con la politica “marxianamente” considerata come sovrastruttura degli interessi dei magnati privati, ma deve invece arrivare a definire quali sono le priorità che uno Stato deve perseguire. Un governo deve fare scelte nell’interesse di tutti, nell’interesse nazionale, tutelando le categorie più deboli dall’arroganza dei più forti e dei più potenti. Un governo non deve insomma limitarsi a dettare delle regole generali e poi restare lì a guardare che esse siano rispettate dagli attori in campo. Un governo deve dare una impronta precisa alla propria azione in campo economico e non cercare di differenziarsi da un altro per banalità irrilevanti come potrebbero essere la posizione sull’aborto o sul matrimonio dei gay. Le soluzioni date in America e in Europa alla crisi finanziaria, hanno ulteriormente evidenziato che è in atto un vergognoso trasferimento di ricchezza finanziaria, che farà presto a trasformarsi in reale, da parte di chi ha e aveva già poco a chi, invece di suo, aveva molto e che continua ad avere abbastanza o troppo anche dopo aver sperperato buona parte della sua ricchezza in operazioni speculative tese ad arricchirsi ulteriormente. Il fatto nuovo, rispetto al passato, è che questo meccanismo si sta evidenziando come macroscopico agli occhi di chi è costretto ogni giorno a tirare la cinghia o si trova ormai da tempo in uno stato di autentica povertà. I potenti del mondo quindi farebbero bene a tenere “marxianamente” presente che in tal modo si è provocata una povertà di massa e al tempo stesso si è innescata una miscela pronta ad esplodere e a spazzare via con moti e rivolte di piazza un intero sistema globale basato sull’arbitrio di pochi.