Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La sorte di Veltroni: malasorte?

La sorte di Veltroni: malasorte?

di Eugenio Orso - 18/02/2009


 

La sorte di Veltroni, dimissionario un istante prima che ci pensi la sedizione dalemiana ad attaccare la sua vacillante poltrona, non genera rimpianti e non commuove alcuno, anche perché il predetto non se ne andrà per strada, ma resterà comodamente seduto in parlamento e, se lo vorrà, potrà occupare il suo attico a New York.
Davanti a lui si apre un ventaglio di possibilità per il futuro, non essendo Uolter in età per fare il nonno, com’è accaduto al trombato Romano Prodi.
Torna d'attualità, ad esempio, il suo progetto di andare in Africa a far del bene in veste di missionario laico ... attenzione bingo-bongo, siete a rischio anche voi!
Oppure, avrà tutto il tempo di scrivere libri ispirandosi ai discorsi di celebri presidenti democratici americani, mentre in qualità di semplice deputato potrà dare contributi al Pd, se esisterà ancora fra qualche mese, bene inteso.
Di certo non amo Veltroni, eppure mi scappa un sincero: povero mozzarellone!
Ha svuotato i cassetti della scrivania e se n’è andato nello spazio di qualche ora, per quanto abbia cominciato a dimettersi già dalla notte di lunedì 16 febbraio.
Quegli ingrati della vecchia burocrazia democristian-comunista confluita nel Pd – contrari all'innovazione e alle "fughe in avanti", nonché a concedergli carta bianca per scongiurare le dimissioni – non gli hanno lasciato fare quello che voleva, gli hanno messo continuamente i bastoni fra le ruote.
Un’autentica Penelope, il nostro, che tesseva pazientemente la tela degli accordi politici, mentre il giorno dopo qualcuno smontava tutto … parole sue.
Colpa dell’astuto D’Alema in perenne e strisciante fronda? Colpa del pelatone Bersani, l’ultra-liberalizzatore ai tempi di Prodi, quello che "non facciamo a cazzotti sul Titanic"? Colpa di Soru, papabile per la futura segreteria del Pd ma sconfitto miseramente in Sardegna?
Tutta colpa loro?
Non direi …
Rilevo che il nostro critico cinematografico [fallito?] e giornalista [professionale come il Mastella della RAI e de Il Campanile?] è reduce da ben tre clamorosi fallimenti, che i futuri biografi non potranno ignorare né minimizzare: L'Unità, il Comune di Roma e ora il Partito Democratico, ormai vaso di coccio fra vasi – apparentemente e per ora – di ferro, il PdL berlusconiano e l'IdV dipietrista.
Fra l’invasivo ologramma Berlusconi che ormai potrebbe essere più simile al Grande Fratello – quello di Orwell, non quello televisivo – che ad una mortale e fisica persona, e il Bertoldo della politica italiana, Antonio Di Pietro, una sensibilità come quella veltroniana risulta inevitabilmente schiacciata.
Burocrate di partito fin dagli anni settanta, come giustamente rileva Carlo Gambescia nel suo ultimo articolo "Le dimissioni di Veltroni", il topo gigio-kennedy della scassata politica nostrana non ha alle spalle approfonditi studi economici, concrete competenze nel sociale e neppure esperienze sindacali significative ma, bensì, le mostre e le fiere del cinema in Roma, le figurine Panini quali gadgets de L'Unità, il “se po’ fà” della campagna elettorale e il celebre “ma anche” che identifica una [non] politica in cui tutto e il contrario di tutto si confondono.
E dove finiranno i volti nuovi, i simboli in carne ed ossa del [presunto?] rinnovamento politico che il segretario del Pd ha raccolto quasi a casaccio, in fretta e furia, e proposto agli elettori non molti mesi fa, in occasione della campagna elettorale che ha battezzato il Pd?
Dove finiranno, quando e se si tornerà alle urne in Italia, gli Antonio Boccuzzi, operaio superstite della Thyssen Krupp, le Marianna Madia, giovanissima “economista”, figlia di un attore amico di Walter, e i Matteo Colaninno, poco dotato erede di grandi industriali?
Già da tempo sembrano scomparsi.
In compenso ci sono, eccome, tutti i volti vecchi, quali i Letta e i Parisi, i Rutelli e i Turco.
Se qualche ingenuo ha creduto veramente in Veltroni, confondendolo con l’uomo del destino che miracolosamente suscita il nuovo e l'imprevisto, in una società prostrata, dai resti ormai in putrefazione di partiti storici, ora dovrà ricredersi del tutto, dato che il nostro – come il suo solito – è scappato nel momento più critico, producendo al Pd danni anche maggiori di quel che potrebbero fare i competitori politici berlusconiani.
Ma si può stare tranquilli ... c’è di peggio: l’ipotesi che si fa è quella di una lunga reggenza affidata al puffo Franceschini!