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Asterix: un galletto per farsi beffe della superpotenza romano-americana

di Franco Cardini - 18/02/2009

      
 
 
 
Lo storico Franco Cardini ricostruisce il contesto politico in cui nacque il fumetto Asterix e Obelix (1959) e indica dei punti di contatto fra la rappresentazione dei Galli e la ripresa della grandeur francese per volere del generale De Gaulle. Secondo Cardini non solo il profilo di Asterix ricorda quello del generale, ma dietro la ridicolizzata superpotenza dell’antichità, i romani, si celerebbe la maggiore potenza del mondo occidentale di allora: gli USA. De Gaulle varò la Quinta Repubblica nel 1958 e, dopo aver chiuso la guerra d’Algeria, varò una politica di grandeur in chiave europeista, ma di chiara indipendenza dalla tutela americana, tanto da far uscire la Francia dalla Nato. Per Cardini Asterix e Obelix ebbe così tanto successo in Francia proprio perché mostrava i Galli-francesi capaci di resistere e farsi beffe della superpotenza romano-americana.

Rocce, acque, foreste. Siamo verso il 50 a.C. Una strada sterrata: i Romani non sono ancora arrivati a lastricarla, in quell’angolo libero e remoto dell’Armorica gallica. E due guerrieri galli, un piccoletto (piccolo come Napoleone) dal profilo che somiglia molto a quello del generale Charles de Gaulle e un grasso gigante rubicondo camminano pensierosi. Sullo sfondo, dritto e solenne, un alto acquedotto romano. Il segno della civiltà, della maestà, della saggezza, del potere di Roma. Il piccoletto gli lancia un’occhiata di traverso e borbotta: «Questi Romani rovinano il paesaggio...». Li conosciamo ormai da cinquant’anni, il piccolo Asterix e il grosso Obelix [...].
Conosciamo la loro rissosa allegria, il loro spavaldo coraggio, il loro travolgente amore per i cinghiali arrosto e la cervogia e il loro piccolo villaggio, unico presidio di libertà celtica circondato dagli insediamenti romani della Gallia conquistata dal grande Giulio Cesare: insediamenti dai nomi «romani» che tuttavia vanno pronunziati alla francese, accento sull’ultima vocale e «u» finale ch’è quasi una «o», se vogliamo intenderne il significato (Babaorum, Aquarium, Laudanum, Petibonum). Anche i loro compagni li conosciamo bene: Panoramix il druido confezionatore della pozione magica che rende invincibilmente forti: Abraracourcix il capovillaggio (propriamente un rix celta: quasi come il latino rex), Idefix il cagnolino di Obelix. E ancora gli altri: il vecchio pescivendolo rissoso dalla moglie procace, il bardo stonato, la bellissima Falpalà [...]. René Goscinny e Albert Uderzo cominciarono nel 1959, mezzo secolo fa, a pubblicare la bande dessinée française, la striscia a fumetti francese per eccellenza: un travolgente successo, con traduzioni in 107 lingue del mondo e 400 milioni di album venduti. Non era facile, il ‘59, in Francia. Il 12 dicembre dell’anno prima il generale De Gaulle era stato eletto presidente della neonata Quinta Repubblica: lo avevano voluto soprattutto quelli che non intendevano mollare l’Algeria, ma il generale pensava già a qualcosa d’altro e stava preparandosi ad abbandonare la Nato e a seguire una sua rinnovata, consolidata politica di grandeur e di energico europeismo abbandonando le pastoie colonialiste. Non era per caso che il piccolo fortissimo paladino dell’indipendenza gallica avesse il profilo del generale: ma allora che cos’era adombrata dietro la potente eppur sempre scazzottata e ridicolizzata superpotenza romana? Che dietro le aquile legionarie superbe ma un po’ spennacchiate si celasse quella statunitense, che De Gaulle s’apprestava a far volar via dal suolo francese? Asterix rappresentò uno dei primi sussulti di ripresa e di révanche della France etérnelle: e fu così che sciovinisticamente i francesi l’intesero. Una Gallia un po’ anacronistica e molto provinciale, con tutte le sue manìe gastronomiche (le chanterelles, il beaujolais nuovo che sta per arrivare...) e tutta l’allegra folle spacconeria che si dice fosse propria dei Galli e cui i loro discendenti, per quanto largamente inquinati da Latini e da Germani – Franchi prima e Normanni poi –, non hanno mai saputo rinunziare.
Asterix contro tutti: contro i Germani che sono già un po’ nazisti, contro i Britanni che bevono acqua calda (il tè deve ancor arrivare dall’Asia, nel I secolo a.C.), contro i pirati vichinghi o africani, gli Egizi [...]; e giù, ancora, con tutta una serie di avventure esilaranti per quanto un po’ monotone (ma l’iterazione, si sa, è una delle chiavi della comicità), con epiche scazzottate e pantagrueliche mangiate e non senza qualche incontro con un Giulio Cesare quasi filologicamente perfetto, il nobile volto smagrito e grifagno, la boria e la spocchia del vincitore ma anche la duttilità furbastra del dittatore di professione, del grande politico [...]. Li abbiamo amati e continuiamo ad amarli, Asterix, Obelix e gli altri: e di rado ci passa per la testa che se non altro da italiani dovremmo tifare per i legionari di Cesare. Sono così sfacciatamente, così platealmente, così intollerabilmente bien français che ci fanno ridere; e ci fanno tenerezza. In fondo, sono un prodotto impeccabile d’un popolo che a pochi giorni dall’inizio della Seconda guerra mondiale aveva già i tedeschi nelle strade di Parigi e che pure resta convinto di averla vinta, quella guerra. Viste le premesse, perché non immaginarsi un piccolo villaggio che tiene a bada quel Cesare che, nella realtà, piegò anche il prode Vercingetorix? Qualcuno si è divertito a sottolineare errore e anacronismi: Cesare non era imperatore, un centurione non può comandare dei castra legionari, le patate non c’erano, quei buffi elmi con ali e corni sono una fantasia romantica... Ma in fondo è proprio questo il bello. Questi Galli sono tanto sciovinisti da farsi voler bene dagli stranieri. In fondo, è proprio questa la Francia.