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I Gesù della storia, il Gesù della fede

di Franco Cardini - 19/02/2009

Mi è pervenuta una lettera aperta a firma Andrea Carancini a proposito della personalità storica di Gesù; in seguito ad essa, ho avuto molti messaggi con richieste di chiarimento. Sono di solito persona educata e disponibile, quando non perdo la pazienza: e la perdo di rado, perchè il mio mestiere è l’insegnante. Prego solo i miei interlocutori di capire che la mia giornata è di 24 ore come quella di tutti, che la passo lavorandone circa 16-18 e non posso fare di più: anche perchè debbo pensare alla mia professione oltre che a vari argomenti su cui sono sollecitato, che vanno dalla Englaro a Israele. Grazie a tutti per la fiducia, ma forse qualcuno mi sopravvaluta. Quanto ai rilievi mossimi a proposito di Gesù, è inutile che io cerchi qui di approfondire una materia su cui esistono biblioteche intere: se scrivessi un trattato di 500 pagine, e non saprei nemmeno farlo, sarei comunque non esauriente. Tanto vale che riassuma in pochi punti quel che con molta modestia e umiltà penso:

1. Cerchiamo di non confondere il Gesù persona storica con il Gesù dell’ortodossia cattolica, cioè con quello della fede. Si tratta di due cose che ovviamente sono strettamente connesse tra loro e non vanno separate: ma distinte, sì.

2. Il Gesù storico lo conosciamo dalle fonti. Tra esse, quelle attendibili sotto il profilo della ricerca storica sono poche e per la stragrande maggioranza interne al mondo dei cristiani, cioè di quelli che, dal I sec. a.C., hanno creduto che Egli fosse il Messia atteso dal popolo ebraico e che, da quando la formula teologica imposta da Paolo di Tarso ha trionfato, lo hanno ritenuto non solo “Il Messia, Figlio del Dio vivente”, ma Dio Egli stesso, morto e risorto (il Messia atteso dagli ebrei non doveva essere né Dio, né vincere la morte). Quindi il cristianesimo scaturisce senza dubbio dall’ebraismo e ne mantiene le radici, ma diviene presto altra cosa.

3. Che la personalità di Gesu sia autenticamente storica, non è comprovato da sufficienti fonti. Voglio dire che, tradizione scritturale neotestamentaria a parte (sul cui valore storico è aperta una polemica vertiginosa), né Giuseppe Flavio, né Tacito, né Traiano ci forniscono prove storiche sufficienti a ritenere storica la figura di Gesù come riteniamo per esempio storica la figura di Giulio Cesare, sulla quale esiste una quantità di “prove incrociate” di tipo documentario (annali, ma anche documenti legittimamente ritenuti autentici di tipo epigrafico, archeologico, iconico ecc.).

4. Quel che come cristiani sappiamo su Gesù, lo sappiamo fondamentalmente per fede. Era chiarissimo ai Padri di Nicea, quando nel 325 essi hanno steso il loro “Simbolo”, il manifesto dell’ortodossia che è stato poi precisato nei successivi grandi concili, soprattutto quelli di Calcedonia e di Efeso. Si tratta di quanto noi cristianucci ripetiamo nel “Credo”: se vi fossero evidenze storiche, non avremmo bisogno di quel documento. Ma la fede no ha bisogno di essere comprovata dalla storia: né la storia serve a confutare la fede.

5. Gli ebrei che parlano del Gesù storico, partono dalle Scritture neotestamentarie, né altrimenti potrebbero essere; e le sottopongono ovviamente a critica sia antropologico-religiosa sia filologico-storica, com’è loro diritto. Questo è vero sia per quelli che in fondo continuano a considerare l’Appeso figlio di un legionario romano e di una prostituta, sia per gli “Ebrei per Gesù” che lo trattano con rispetto e affetto come uno di loro: e hanno ragione di farlo, alla luce della lettura storica che essi fanno dei Vangeli da cui emerge la figura di un Maestro della legge che si è posto in modo originale in discussione all’interno della polemica tra farisei e sadducei, cioè alla polemica sul valore o meno delle Scrittura veterotestamentarie profetiche. Come si comportino gli “Ebrei per Gesù” dinanzi alla risposta che Egli dà al Gran Sacerdote e che lo induce a strapparsi le vesti, bisogna chiederlo a loro.

6. Dire che “Gesu era cristiano” non vuol dire nulla. Cristiano è chi crede nel Cristo, cioè chi ritiene che Gesù di Nazareth fosse il Messia: ma qui la cristologia come parte della teologia non si esaurisce: è da qui che comincia.

7. I Vangeli dicono che per “gli ebrei” Gesu era “reo di morte” in quanto bestemmiatore. La Sua risposta alla domanda del Gran Sacerdote non poteva, per orecchie ebraich , che essere una bestemmia. Ma quelli che davvero ce l’avevano con Gesù erano i sacerdoti e i membri del sinedrio, sadducei, nemici della fede nelle profezie; e che c’erano all’ultimo momento, forse, con loro, anche gli altri, delusi perchè Gesu non aveva accettato la corona che gli avevano offerto dimostrando così secondo loro di non essere il vero Messia. Ma è al conflitto tra farisei e sadducei che bisogna guardare. Storicamente, è ovvio. La fede è un’altra cosa.

8. Mi si chiede se secondo me il Gesù storico è risorto oppure no. Singolare questione. Come cattolico, credo che sia risorto: cio è, appunto, articolo di fede. Come cattolico, credo anche che Dio possa operare miracoli, e risorgere e far risorgere è miracolo, vale a dire temporanea sospensione delle leggi naturali cui Dio di solito si sottopone (Potenza ordinata) pur avendo il potere di derogarne in quanto ne è Creatore e Signore (Potenza assoluta). Parlando da storico con altri storici non miei correligionari, posso solo premettere che la mia fede dice questo, ricordare che la fede non è suscettibile di dimostrazione razionale e tenere presente che i cristiani credono sia risorto e che tale fede è argomento testimoniabile, ma non razionalmente utilizzabile nel dialogo con chi tale fede non condivide: sono le regole del gioco. Dopo di che, se dobbiamo discutere delle evidenza storiche che riguardano tutto ciò, facciamolo pure tenendo presenti che esse non sono risolutive. Se lo fossero, non ci sarebbe bisogno della fede.

9. La 31 del Lamentabili non mi riguarda, perchè io non mi sogno nemmeno di contestare le risoluzioni conciliari nicena, efesina e calcedoniense in materia di fede appellandomi alla ragione storica. Storicamente, è Paolo di Tarso e i Padri conciliari che ci hanno spiegato come intendere gli insegnamenti di Gesù: che, dai testi evangelici canonici, non sono affatto così evidenti, chiari e lampanti come risulta dall’esegesi posteriori. La Chiesa lo sa bene: difatti respinge il Libero Esame delle Scritture ed esige che si usino testi annotati. Se nei vangeli ci fosse scritto tutto e in chiaro, non ce ne sarebbe bisogno.

10. Conosco qualcosa della critica biblistica ed evangelistica anche più recente: e non mi persuadono, come storico, le affermazioni di quanti si dicono sicuri che i testi evangelici siano assolutamente e totalmente attendibili dal punto di vista storico. M’inchino sempre naturalmente a chi ne sa più di me: ma, siccome la questione è controversia, mantengo le mie riserve. Una soprattutto, da credente: se quella è tutta storia, allora la fede non serve. Basta la conoscenza. Questa si chiama gnosi. Io non sono uno gnostico. Sono appunto un credente. E’ grave?

11. Attilio Mordini, mio venerato Maestro, mi ha appunto insegnato che nelle Scritture vi sono molti misteri, che solo la Chiesa è abilitata a sciogliere (quelli non destinati a restar Mistero per sempre, sino alla Fine dei Tempi). Egli mi ha altresì insegnato che la Scrittura per il cattolico non basta; è necessaria altresì la tradizione, che parte dall’insegnamento dei padri, quindi dal Magistero della Chiesa. Un altro mio Maestro, che amo un po’ meno di Mordini, Delio Cantimori, mi ha insegnato (perfezionando una cosa che mi avevano già spiegato al liceo), che la tesi secondo la quale il credente può arrivare da solo alla verità attraverso il personale libero esame della Scrittura è quella del dottor Lutero. Sostenere la totale attendibilità storica dei Vangeli equivale a sostenerne l’autonoma e intrinseca conoscibilità, senza l’aiuto della fede e del magistero della Chiesa. Io non posso giungere a tali conclusioni. Chi ne sa più di me, lo faccia. Sarà così facendo fuori dell’ortodossia cattolica: ma, dato che è detentore di un tale bagaglio di conoscenze, che se ne fa dell’ortodossia? Credo sia il caso di alcuni miei interlocutori.

12. Attenzione a giudicare dell’ortodossia altrui. Gli inquisitori lo facevano: ma erano in genere buoni teologi e uomini pii. Chi mi chiede continuamente se sono ortodosso ecc., col piglio del giudice inquisitoriale, ha in misura sufficiente entrambe quelle qualità? Se lo chieda; se non ce l’ha, perchè abusa del mio tempo?