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Globalizzazione, ma non per tutti!

di Mario Grossi - 23/02/2009


 

 

L’età contemporanea, come tutte le epoche, vive di leggende e costruisce le sue mitologie credendole vere. Si spacciano così per verità quelle che in realtà sono solo una deformazione della vista che passa attraverso le lenti ideologiche del pensiero imperante.

 

Solo così può essere interpretato quello che si dice a proposito della globalizzazione.

Che un processo di omogeneizzazione e di trasformazione in senso globale sia in atto non può essere negato. Che questo processo sia casuale ed ineluttabile, frutto del caso, della sorte o di qualche divinità capricciosa, e non diretto e guidato proditoriamente, costituisce una leggenda dei nostri tempi.

globalization4_magazine-il-fondoAdesso che il sistema fa acqua da tutte le parti e che tutti i grandi profeti del liberismo si tirano indietro, io voglio la globalizzazione. Quando tutti, sperimentati i nefasti risultati che porta, fanno, in piena crisi, retromarcia, io voglio invece che dispieghi, con tutte le sue forze, quelle ali mortifere che sono servite ad avvilire sempre di più le persone trasformate in “risorse umane” ed equiparate ad una merce qualsiasi. È troppo facile scaricare sui poveracci gli effetti del globale per sfruttarne, da posizioni di forza, i vantaggi, per poi ritirarsi gonfi del sangue succhiato. Se globalizzazione dev’essere che lo sia per tutti.

Per un momento, dismessi i panni del difensore strenuo del localismo, mi faccio paladino del mostro globale.

Tutto parte dall’uomo, trasformato in consumatore.

Ipotizzo che questa trasformazione sia avvenuta in me, e che il mio giudizio si sia ribaltato tanto da farmi pensare alla globalizzazione come ad una magnifica opportunità per avvantaggiarmi. Bene, sono un anonimo consumatore, convinto dei benifici della circolazione universale, senza vincoli, di uomini, mezzi e merci, in cerca di vantaggi e mi ricordo bene da dove tutta questa faccenda è cominciata.

È cominciata da un idraulico polacco che, libero di varcare i confini di tutte le nazioni, poteva venire ad esercitare il suo mestiere, nella nostra patria. Che pacchia. Invece di pagare un intervento 100 €, con soli 30 € me la sarei cavata. Effetto della concorrenza e delle tariffe basse praticate dagli artigiani dell’Est, che si accontentano di molto meno rispetto agli esosi idraulici italiani.

Poi è stata la volta dei muratori prima nordafricani poi albanesi, poi romeni. Che pacchia. Della manodopera a basso prezzo nei cantieri, maggiori vantaggi per tutti. Per il costruttore che più competitivo sul versante dei costi poteva aumentare i suoi utili e per l’acquirente che avrebbe trovato dei prezzi d’acquisto più contenuti. Sappiamo come è andata a finire, con i prezzi delle case alle stelle unitamente agli utili dei costruttori.

Poi è stata la volta dei tassisti, cui hanno tentato di liberalizzare le licenze. Buona cosa si disse, più licenze, maggiore concorrenza, più corse e tariffe più basse. Gli utenti, come vampiri, succhieranno l’esangue sangue dei tassisti che saranno costretti a vampirizzarsi tra loro, con sommo vantaggio del consumatore. Poi i tassisti italici si sono ribellati, forse anche per non fare la fine di quelli newyorchesi che sono ormai ridotti sulla soglia della povertà.

Poi è stata la volta delle colf filippine che per miseri stipendi (più vitto e alloggio) sono disponibili alla semischiavitù cui sono costrette dalle Signore upper class, mogli dei Professionals.

Poi è esplosa la polemica sulle badanti, raffigurate come angeli del focolare, imprescindibili sostegni della terza età (come ipocritamente si definisce oggi la decrepitezza della vecchiaia) anche loro costrette a orari da massacro per un salario (spesso in nero) assolutamente inadeguato per una vita dignitosa.

Fin qui una lotta tra poveracci alla disperata ricerca di sopravvivenza, contrapposti a grassi signorini che, abituati agli agi, vogliono protrarli senza fine, facendoli pesare il meno possibile sulle loro tasche. Insomma dei vampiri che chiedono sempre più sangue per saziarsi.

Pare infatti che la globalizzazione, così come l’abbiamo vissuta finora, sia una guerra tra diseredati schiavizzati da opportunisti avidi e micragnosi. I soggetti forti di questo scambio globalizzato fanno propri i vantaggi derivanti dal calo del prezzo di certe prestazioni. I poveracci di turno da un lato diventano gli arieti, nelle mani dei primi, che scardinano i prezzi del mercato locale, dall’altro diventano i miserabili in lotta con altri miserabili.

È a questo punto che mi sono messo ad invocare parità di trattamento per tutti.

Perché, come consumatore, non dovrei usufruire dei servigi di un notaio a prezzi dieci volte inferiori rispetto al livello italico? Perché non dovrebbe essere permesso l’esercizio della giurisprudenza a giovani avvocati indiani che sono disponibili a praticare prezzi assai più contenuti rispetto ai giovani professionisti nostrani che già sono vessati dai grandi Avvocati di grido che gli lasciano solo le briciole?

Perché non dovrei giovarmi delle prestazioni di un chirurgo ungherese o di un ingegnere nepalese?

Prendiamo un caso tra i più evidente: gli odontoiatri. I nostri odontoiatri sono più cari (anche di quelli Inglesi, ho appreso, di circa il 30%), ci dicono, perché rispetto agli altri adottano degli standard di qualità nei materiali superiori, perché la loro professionalità è sensibilmente più elevata e perché le prescrizioni in tema igienico sanitario in Italia sono più vincolanti.Sono affermazioni note ma che non trovano riscontro nella realtà e, per come la vedo io, sono facili da confutare. Mi sono informato un po’ e non mi risulta che lo standard greco sia molto distante da quello italiano. In generale quando l’Ordine degli Odontoiatri si difende, parla degli studi italiani come delle navette spaziali, accessoriate con l’ultramoderno. La realtà è assai più variegata e a fianco di studi medici attrezzati ce ne sono una pletora soltanto dignitosi. Le tariffe però sono sempre astronomiche. Ora la situazione non è molto lontana in termini di qualità rispetto alla Grecia che dispone di studi medici allestiti in modo sobrio ma efficienti e funzionanti. Si dice che i materiali usati da noi costano di più perché sono più resistenti e di maggior qualità e durabilità. Anche qui senza entrare nel merito della veridicità della dichiarazione, dico che i materiali usati ad esempio in Ungheria, corrispondono ai medesimi standard europei che il marchio CE impone ormai un po’ a tutte le merci circolanti. Come sono simili gli adempimenti e le regole da rispettare per tenere aperto un centro medico.

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Si dice ancora che il livello di preparazione dei nostri odontoiatri sia infinitamente superiore a quello degli altri colleghi. Ma le nostre università sono al collasso e nelle apposite classifiche di merito sprofondano verso il basso, e basta andare ad informarsi un po’ per scoprire che i peggiori odontoiatri greci hanno studiato in Italia e molti si sono laureati e specializzati negli Stati Uniti. Allora appare chiaro quello che la realtà mostra a chi vuol vedere. Le tariffe mantenute artificiosamente alte sono solo una delle innumerevoli rendite da posizione di una delle innumerevoli lobby che avvelenano l’Italia.

Il siparietto alla fine offre lo spettacolo del professionista di turno che da un lato, con tariffe vampiresche, ingrassa le sue tasche e dall’altro urla e sbraita perché vuole pagare in nero il filippino e perché il governo non ha condonato la sua badante clandestina.

Così tra le tante ipocrisie si scopre veramente chi vuole il traffico illegale e clandestino dei nuovi schiavi senza nome: professionisti infoiati e avidi che vogliono pagarsi il maggiordomo a due soldi, imprenditori fraudolenti che per aumentare i propri utili spingono per avere manodopera a basso costo, camorristi e mafiosi che necessitano di manovalanza anonima per i loro crimini.

Ma quello dei dentisti è un solo esempio perché se indagate un po’ scoprirete che gli avvocati indiani hanno studiato a Londra e hanno preparazioni ben superiori ai nostri ed applicano tariffe assai più contenute (almeno per avviarsi). Gli ingegneri coreani si sono laureti al MIT di Boston insieme ai colleghi cinesi.

Alla fine la globalizzazione, totem e tabù della nostra modernità crepuscolare, appare per quello che è, un processo diretto ad arte che si sviluppa su due piani tra loro coerenti, da un lato pochi privilegiati che raggiunta la loro postazione la difendono e la sfruttano con tutti i mezzi (primo tra tutti il muro di fuoco eretto dagli Ordini Professionali, fatto di protezionismo, tariffe minime, ingressi nella professione contingentati), dall’altro lo sfruttamento di tutti quei mestieri non tutelati e che non hanno protezione che devono essere resi al minor costo possibile per creare un ulteriore divario.

Insomma una studiata strategia per far sì che il ravvicinamento tra classi differenti che piano piano si era realizzato col passare degli anni torni ad aumentare considerevolmente. La decantata democrazia definita come “società dei due terzi”, regredisce a “società di un terzo”, nel senso che nel suo utopismo pragmatico, la democrazia sognava di poter soddisfare pienamente almeno i due terzi dei cittadini (un terzo era la cosiddetta “lunatic fringe” non recuperabile) ed invece si ritrova ad arrancare non riuscendo che a soddisfarne, e male, un terzo. Un bel risultato, non c’è che dire.

Così alla fine mi viene da dire che, se questa dannata globalizzazione, che nella sua presunta ineluttabilità è una leggenda moderna, ce la dobbiamo cuccare, almeno che sia uguale per tutti. E che se la colf italica viene scalzata dalla filippina anche il dentista o il medico nostrani devono essere messi sullo stesso piano e vedersi affiancare da colleghi indiani o polacchi.

Diranno con alterigia che non c’è alcun problema, che sono tutelati dalla loro professionalità. Allora li sfido a confrontarsi per dimostrarmi che ho sbagliato. Dalla mia ho un dato confortante che viene dal mondo della radiologia, professione che ha molto sviluppato la diagnosi telematica e che quindi può, in una certa misura, essere esercitata a distanza. Bene, un radiologo thailandese guadagna 20000 dollari l’anno contro i 300000 di un suo collega americano. In Thailandia il 30% dei medici si è laureata negli Stati Uniti e sempre in Tailandia sono stati allestiti dei centri medici avanzatissimi di diagnosi radiologica che sono moderni ed efficienti più di quelli americani. In più metteteci la cortesia e l’accoglienza orientale contrapposta alla spocchia americana. E poi scegliete.

E lo stesso discorso vale per tutti quegli economisti cattedratici nostrani col Bostik sulle chiappe, soloni liberisti e globalizzatori. Quanti colleghi del Bangla Desh laureati alla London School of Economics volete che vi presenti pronti a sostituirsi alla vostra stanca baronia?

Forse se la vera globalizzazione arrivasse ad investire tutti, ma proprio tutti, anche i più ciechi mercenari al soldo di questa leggenda moderna comincerebbero a cambiare opinione. Se i loro privilegi fossero erosi da una concorrenza vera e spietata come quella che hanno voluto per i miserabili, forse finalmente capirebbero che l’unica via salvifica è nel radicamento locale che può aprirsi al mondo, ma che non può sposare la causa del globale che è solo un incubo universale che pochi riescono a scansare solo in virtù dei loro privilegi.

 

 

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