Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / India: Guerra Santa islamica nelle terre del Nord-Est

India: Guerra Santa islamica nelle terre del Nord-Est

di Fabrizio Legger - 24/02/2009

La repressione di Delhi provoca la recrudescenza delle guerriglie musulmane. La Regione delle Sette Sorelle è in preda a violenze endemiche


I territori del Nord-Est indiano, ricchi di petrolio, gas e minerali pregiati, ovvero la regione delle cosiddette Sette Sorelle, al confine con Birmania. Cina e Bangladesh, dove predominano etnie non indù e popoli non appartenenti alla religione induista, continuano ad essere uno tra i più turbolente dell’intera Unione Indiana, persino peggiore del Kashmir. In effetti, in questi territori (Manipur, Assam, Tripura. Mizoram, Meghalaya e altri), sfruttati in maniera indiscriminata dal governo indiano, l’opposizione  a New Delhi e alle sue truppe di “occupazione” è molto forte. E non solo da parte dei movimenti ribelli separatisti e indipendentisti espressione delle minoranze etniche che non sopportano il giogo indù, ma anche di quelle organizzazioni di liberazione islamica che lottano per una maggiore autonomia religiosa  e identitaria.
Così, in questi ultimi due decenni, a  causa della miope ed assurda politica centralista dei governi che si sono succeduti a New Delhi, la ribellione dei movimenti armati islamici è aumentata considerevolmente in tutto il Nord-Est indiano, con un coinvolgimento anche di forze islamiche non locali (non è un mistero che siano giunti nella regione, a dar manforte ai ribelli locali, combattenti musulmani appartenenti a  gruppi islamisti pachistani o dell’Asia centrale legati ad Al Qaèda).
Nell’Assam, per esempio, oltre ai ribelli Bodo, le truppe indiane si trovano a dover combattere anche contro i guerriglieri islamici dell’Esercito di Liberazione Musulmano, del Fronte di Liberazione Islamico, dell’Esercito Islamico di Liberazione dell’Assam e della Forza delle Tigri Islamiche. Insieme, questi quattro gruppi armati non contano più di quattromila-cinquemila combattenti, eppure sono in grado di compiere attentati, agguati e imboscate che, ogni anno, provocano decine di vittime tra i poliziotti e le unità speciali antiguerriglia dell’esercito di Delhi. Nello stato del Manipur sono invece attivi i ribelli musulmani del Fronte Rivoluzionario Islamico e del Fronte Nazionale Islamico: anche in questo caso, circa tremila guerriglieri creano non poche difficoltà alle truppe indù dislocate nel Manipur (anche perché questi ribelli possono contare sull’appoggio delle comunità islamiche delle aree rurali). Altri piccoli movimenti guerriglieri musulmani operano nel vicino Bengala (la Forza delle Tigri del Bengala, in lotta contro gli assamesi di etnia Bodo e di religione cristiana) e il Fronte Unito di Liberazione Bengalese (che è attivo nello stato del Tripura e che è formato da immigrati islamici e che lotta per l’indipendenza della provincia abitata da questi immigrati provenienti dal Bangladesh).
Come ho accennato si tratta di movimenti armati di piccole dimensioni, ma potendo contare sull’appoggio delle minoranze islamiche locali e sugli aiuti (armi e finanziamenti) che giungono loro dai potenti gruppi islamisti del Pakistan e del Bangladesh (due Stati islamici), essi sono in grado di tenere impegnate in una sorta di continua guerra di logoramento le truppe indiane dislocate in questa regione. Ovviamente, gli obbiettivi per cui si battono questi gruppi armati musulmani restano utopici (autonomia di intere province, costituzione di emirati islamici in aperto contrasto con la struttura dello Stato indiano, legami strettissimi con Stati musulmani come il Pakistan, con cui l’India non intrattiene certo ottimi rapporti), però la repressione attuata dagli indù nei confronti dei movimenti islamici, l’emarginazione di queste etnie dagli apparati produttivi della regione, le condizioni di povertà e di sottosviluppo in cui vivono queste comunità non fanno altro che aumentare l’odio e l’avversione dei musulmani più oltranzisti e più irriducibili nei confronti del governo centrale indiano, divenendo così facili reclute per le organizzazioni guerrigliere islamiche che, tramite madrase (scuole coraniche) e confraternite, fanno continua attività di reclutamento e indottrinamento.
Dunque, in tutta le regione del Nord-Est indiano serpeggia minaccioso lo spettro del Jihad, la Guerra Santa Islamica, che va ad aggiungersi ai focolai di guerriglie indipendentisti delle etnie non indù di questi piccoli stati dell’Unione Indiana, il che crea una miscela davvero esplosiva di lotta e di terrorismo che il rigido centralismo dei governi che si succedono a  New Delhi (siano essi nazionalisti come quello del Bjp o progressisti come quello del Partito del Congresso che è attualmente al potere) continua stoltamente a sottovalutare e a non prendere nella giusta considerazione.

Fabrizio Legger