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Dubbi sui Tremonti bond

di Gianfranco La Grassa - 02/03/2009

Continuiamo a ritenere Tremonti meno peggiore di un Visco o di un Padoa-Schioppa (lasciamo perdere Prodi, il peggiore). Però appunto: il meno peggiore. Quando avevo letto La paura e la speranza, ero rimasto molto deluso dei veri luoghi comuni piuttosto generici che vi avevo letto. Quest’uomo ha poi continuato a chiacchierare di etica negli affari, ha messo in primo piano la Bibbia, ecc. Eppure è stato ascoltato e anche incensato a livello internazionale. Questo dovrebbe dare l’idea di quanta fiducia si debba riporre sul grado di comprensione della crisi e dei mezzi per combatterla da parte delle “autorità preposte” a farlo.

Si concede al Ministro solo la sensazione di un vero cambio d’epoca, di uno spartiacque. Tuttavia, resto convinto, in pratica certo, che il vero “punto di svolta” non è la crisi in se stessa – presa per nodo decisivo anche dai cretini “marxisti” (falsi, solo Testimoni di Geova) che vi vedono l’inizio della fine del capitalismo; questo la dice lunga su come certe correnti si oppongano polarmente, sostenendosi a vicenda (come tutti i complici) – bensì l’impasse, forse definitiva, del progetto “imperiale” Usa e il sempre più evidente multipolarismo.

Comunque, scendendo di livello, riporto un articolo scritto con chiarezza da Geronimo su Il Giornale d’oggi, che chiarisce bene tutti i dubbi e i chiaroscuri (con prevalenza degli scuri) circa la mossa “principe” fatta dal Ministro, mossa di cui tanto si parla. Aggiungo che queste obbligazioni potrebbero benissimo essere mutate in azioni (e dunque in almeno parziale nazionalizzazione) ove le banche non onorassero i loro impegni o fossero in speciale crisi (che tutti negano ci possa essere per le banche italiane; quando si nega così insistentemente, è meglio preoccuparsi). Il problema è però la volontà politica. Una manovra così arzigogolata sembra un “vorrei ma non posso”; oppure “rispetto il ‘libero mercato’, ma strizzo l’occhio facendo capire che non sono un mercatista a oltranza”; oppure qualche altra cosa ancora. In ogni caso, assomiglia un po’ troppo alle furbate all’italiana; assomiglia a certe apprezzabili posizioni in politica estera – ad esempio su Russia e annessi e connessi – poi subito contraddette per rassicurare circa la nostra “fedeltà” (leggi servilismo) all’America, anche quella di “San Obama” (che è santo sia per destra che per sinistra!).

Insomma, un quadro desolante. E adesso riporto l’articolo.    

 

˂˂Premesso che riteniamo molto utile l’intervento dello Stato sulla capitalizzazione delle Banche e sulla loro fame di liquidità, confessiamo di non aver capito bene, nel suo significato economico, i cosiddetti Tremonti-bond.Tanto per spiegarci, le banche che hanno necessità di avere un indice di patrimonializzazione superiore al 7% (il cosiddetto cor tier 1) emetterebbero delle obbligazioni speciali (i bond) che verrebbero sottoscritte dallo Stato. Le banche emittenti pagheranno una cedola annua inizialmente del 7,5%-8,5% che può arrivare sino al 15% in 30 anni. Queste obbligazioni, chiamate per l’appunto Tremonti-bond, non sono obbligazioni vere e proprie perché ai fini della vigilanza costituiscono patrimonio come se fossero cioè emissioni di nuove azioni. Non sono però neanche azioni perché non danno diritti di gestione della banca perché un’eventuale presenza pubblica del 4-5% nelle banche farebbe gridare allo scandalo a quei benpensanti che hanno combinato in questi anni i guai che sono sotto gli occhi di tutti. E tanto per chiudere su questo argomento, la stranezza sta nel fatto che il governo libico può sottoscrivere il 4,5% di Unicredit partecipando alla sua gestione con un vice presidente, mentre un ingresso nel capitale delle banche del Tesoro italiano o della Cassa depositi e prestiti sarebbe un attentato all’indipendenza del sistema. Mistero della fede. Ma andiamo avanti. Ciò che non capiamo è perché queste obbligazioni con una così alta cedola non possono essere sottoscritte dai privati mettendoci sopra una garanzia dello Stato per i primi 4-5 anni. Sappiamo che la garanzia dello Stato non può essere gratuita, ma forse, con una giusta remunerazione, la cedola sarebbe pur sempre estremamente appetibile. Lo Stato risparmierebbe 12 miliardi di euro e i risparmiatori, dopo tante batoste, avrebbero un po’ di respiro finanziario. Ma non è finita. Per sottoscrivere questi bond lo Stato richiede che le banche continuino a finanziare le piccole e medie imprese. Obbligo nobile e utile ma, di grazia, quale tasso verrà applicato dalle banche se per patrimonializzarsi e avere nuova liquidità pagano cedole che vanno nel tempo da 7,5% al 15%? E se negli impieghi le banche dovranno, come è giusto che sia, far riferimento al tasso di sconto della Bce e quindi praticare tassi del 4-5% o, nei mutui, fermarsi al 4% come è statuito da una delle ultime leggi, non è che stiamo inavvertitamente mettendo una mina esplosiva sotto la struttura economica delle banche per cui alla fine della giostra verranno patrimonializzate con questi Tremonti bond ma andranno a carte e quarantotto i rispettivi conti economici? Ci spiegano che questi Tremonti bond sono degli ibridi e cioè a metà strada tra azioni e obbligazioni ma confessiamo di non aver capito la ratio di questo provvedimento potendo fare cose diverse e più semplici come entrare nel capitale delle banche per un periodo di 3-5 anni o garantire la sottoscrizione dei privati aiutando così l'economia reale meglio e più di quanto sarà possibile con questo meccanismo. Non vorremmo insomma (e questa è una nostra malizia) che lo Stato avesse scoperto un nuovo meccanismo per far soldi per cui quando chiede prestiti (titoli di Stato) offre rendimenti dall’1,5% al 3-3,5% e quando è lui a far prestiti chiede dal 7,5 al 15%. Molto probabilmente siamo noi a non capire queste sofisticherie finanziarie, ma la nostra diffidenza è grande come grande è stata in tutti questi anni quella verso la finanza creativa che ci ha ridotto sul lastrico. In attesa di ulteriori spiegazioni vorremmo lanciare un appello al governo. Se si vuol dare una mano all’economia reale, lo Stato paghi i suoi fornitori che attendono da tempo decine e decine di miliardi di euro per beni e servizi già venduti alla Pubblica Amministrazione. Mettere la polvere (cioè i debiti) sotto il tappeto non è mai una cosa saggia˃˃.

 

Riporto per utilità di qualcuno la spiegazione di alcuni termini di “gergo”, che non è massimamente chiara, ma è quanto ho trovato.

·                                 IL TIER 1 CAPITAL: rappresenta la quota più solida facilmente disponibile del patrimonio della banca. Il Tier1 Capital Ratio è dato dal rapporto fra il patrimonio di base della banca e le sue attività ponderate in base al rischio. Il var (1) è il metodo per quantificare il livello di rischio e misura la massima perdita potenziale che ci si attende possa essere generata riguardo uno specifico orizzonte temporale.

·                                 IL CORE TIER 1: Indica il Tier 1 Capital al netto degli strumenti ibridi. Ossia al
netto di quegli strumenti finanziari che possono essere emessi dalle banche sotto forma di obbligazioni, certificati di deposito e buoni fruttiferi o altri titoli e sono rimborsati ai sottoscrittori su richiesta dell’emittente con il preventivo consenso della Banca d’Italia.

(1) Dato un certo portafoglio di attività finanziarie, il VaR (value at risk) è la misura della massima perdita potenziale nella quale può incorrere il portafoglio, scaturita dall'evoluzione dei prezzi di mercato (nel caso di rischio di mercato), in un determinato periodo di tempo ad un certo livello di confidenza (meglio forse fiducia).