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E ora Tareq Aziz libero in nome della pace

di Franco Cardini - 03/03/2009

Fonte: il tempo

 


Nel 1993 partecipai a una missione guidata da Roberto Formigoni nell`Iraq di Saddam Hussein per contribuire a risolvere la questione di alcuni ostaggi italiani là detenuti trattati con qualcosa di più della doverosa correttezza. In quell`occasione venni ricevuto da Tareq Aziz, allora vicepresidente, e restai non pochissimo tempo con lui. Riportai un`ottima impressione della sua cultura, del suo equilibrio, delle sue doti umane. Parlammo dei cristiani irakeni, distinti in due grandi confessioni: i "caldei", aderenti alla Chiesa cattolica e allora splendidamente guidati da un grande prelato, il cardinal Bidawi, e gli "assiri", rappresentanti del credo nestoriano, di cui Tareq faceva parte. Parlammo anche dell`embargo che gli Usa avevano imposto all`Iraq, della difficoltà della gente a vivere. Mi colpì la sua moderazione: mi trovavo di fronte a un uomo sinceramente buono e politicamente molto affidabile. Non mi piacque dunque dieci anni dopo, al principio del 2003, la decisione del mio vecchio amico Walter Veltroni, allora sindaco di Roma, di non ricevere Aziz che, allora in visita a  Roma, aveva ottenuto udienza da Giovanni Paolo II. Era chiaro che gli Stati Uniti di Bush avrebbero, di lì a poco, scatenato l`attacco militare: in una circostanza del genere il rifiuto di colloquio opposto da Veltroni mi parve scorretto sotto il profilo formale, ingiustificato sotto quello politico e anche un po` vigliacco. Stimo Walter: non credo che in quell`occasione abbia fatto un`azione degna di lui e ritengo che non se ne vanti. Poi scoppiò la guerra, giustificata anzitutto dall`accusa, rivolta all`Iraq saddamista, di detenere micidiali armi segrete di distruzione di massa. E molto umiliante ricordare che perfino un pensatore cattolico statunitense del livello di Michael Novak, e un soldato integerrimo come Colin Powell potessero arrivar ad avallare quella miserabile menzogna, che tutti gli osservatori equilibrati e non asserviti (cioè quasi nessuno, purtroppo, in Italia) giudicarono un`infamia. Ma tant`è: e nessuno dei nostri politici e dei nostri opinion maker ha avuto il coraggio e l`onestà di chiedere scusa all`opinione pubblica per averla a suo tempo ingannata. Tareq Aziz, dopo la fine della guerra irakena, figurò a lungo come un desaparecido. Era anziano, gravemente ammalato: si temeva per lui. Soltanto Marco Pannella osò forare la cortina del silenzio complice e vigliacco che si era fatto attorno all`ex-vicepresidente irakeno. Poi si seppe che Tareq era accusato in quanto corresponsabile di alcuni delitti politici: e, per quanto vi sia sempre da diffidare della giustizia impartita dal vincitore, la cosa era purtroppo verosimile. Alcune ombre permangono. Ma sappiamo oggi che, almeno relativamente a un addebito, il "Tribunale Speciale" irakeno che lo giudica lo ha assolto. Resta imputato per altri crimini, ma non è impossibile che la stima che lo circonda si sia affiancata a sagge considerazioni circa l`opportunità di avviare sul serio un processo di pacificazione nazionale e ci si stia orientando a fornire, assolvendolo pienamente o condannandolo solo in modo lieve, una prova di buona volontà. La situazione politica irakena è pesante. Mi piacerebbe avere notizia tra breve della piena liberazione di quel vecchio, dignitoso signore. Credo che ciò farebbe bene al suo povero paese e alla causa della pace. E farebbe bene anche all`attuale governo irakeno, che finora ha dato prove soprattutto di collaborazionismo nei confronti degli occupanti.