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Le bombe impossibili dei non-terroristi Islamici

di Miguel Martinez - 04/03/2009





don't panic

Da quasi due anni, si trovano in carcere Mustafa el-Korchi, imam della frazione di
Ponte Felcino a Perugia, e altri due cittadini stranieri residenti in Italia.

Essi sono accusati, finora primo caso al mondo, di violazione dell''art. 270 quinquies c.p., che punisce con una pena da cinque a dieci anni "l'addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale": non badate bene, l'associazione per compiere atti terroristici - gli imputati non sono accusati di aver progettato alcuna azione concreta.



Dopo due anni di indagini in cui ogni loro movimento, conversazione privata, navigazione su internet e sussurro sono stati controllati, gli imputati - e in particolare el-Korchi - sono accusati:

- di aver visitato numerosi siti liberamente accessibili su Internet, da cui avrebbero potuto imparare, ad esempio, a "pilotare un aereo Boeing 747", nonché di aver consultato mappe dell'Iraq in rete;

- di aver usato comuni programmi di anonimizzazione, come Thor, durante a loro navigazione in rete;

- di aver fatto saltuariamente allenamenti informali di arti marziali;

- di aver consigliato a un bambino marocchino vittima di bullismo a scuola di reagire ai suoi compagni italiani;

- di aver espresso opinioni "antioccidentali" in privato;
 
- di aver compiuto un esorcismo allo scopo di rendere più mansueto un marocchino che aveva picchiato la moglie.

Questa è la sostanza dell'accusa, come compare nell'ordine di cattura, e segna una nuova frontiera nell'abolizione dei diritti umani in Occidente, che dovrebbe preoccupare tutti. E ovviamente non preoccupa quasi nessuno.

Solo dopo l'arresto, e le conseguenti perquisizioni, si è aggiunta un'altra prova: a casa di el-Korchi sono state trovate ottanta boccette di prodotti chimici.

El-Korchi sostiene di aver trovato le boccette abbandonate davanti a un cassonetto di rifiuti e di essersele portate a casa sperando di usarle come solventi nel suo lavoro di muratore. Trattandosi di rifiuti speciali provenienti da un laboratorio, si è potuto avere la conferma dalla ditta incaricata del ritiro, che non aveva trovato il materiale.

Per quattro anni, le boccette sono state conservate in cantina da el-Korchi, assieme a un gran numero di altri oggetti potenzialmente utili, da pezzi di ricambio di lavatrici a parti di biciclette.

La cosa più strana è che le boccette sono anche state viste dalle forze dell'ordine nel corso di ben tre perquisizioni.

La perizia dell'accusa è stata condotta da due esperti dell'FBI, che sostengono che le sostanze contenute in dieci delle boccette potrebbero essere utili come ingredienti secondari per fare un esplosivo, se combinate con altre sostanze di cui però non sono state trovate traccia; le rimanenti settanta boccette conterrebbero sostanze del tutto innocue.

I quotidiani locali hanno trasformato queste dubbie scoperte in clamorose conferme del Pericolo Terrorismo.

Alle loro affermazioni, hanno risposto gli avvocati della difesa,
Carlo Corbucci e Giovanni Destito, con questo articolo che pubblico volentieri. 

Scoprire che la C.I.A. e l’F.B.I. hanno basi logistiche e centri di potere in tutto il mondo, Italia compresa, non è una gran scoperta; vedere però che certe influenze si esercitano in modo diretto ed invasivo su giornali che reclamano già nel titolo un’identità “nazionale”, è quanto meno “sorprendente”. Ma “sorprendente” non già perché la cosa abbia un’importanza  particolare visto che siamo ormai abituati a ben altre sorprese in questa nostra odierna “civiltà occidentale”, quanto perché, ormai, non c’è più neppure la prudenza ed il pudore di nascondere certe cose.  Sarà perché ormai un certo potere si è abituato a considerare “gregge” le popolazioni imbottite sino all’ebetismo di telenovelas, di “grandi fratelli” e di tecnologie  supersofisticate al passo della moda.

In due occasioni si è manifestata ultimamente questa invadenza ed è avvenuta in quel di Perugia dove, forse per una funzione di turno, sono in atto due significativi processi: quello dei presunti terroristi islamici, aspiranti avvelenatori del Tevere e “docenti-alunni” di una scuola di terrorismo per “corrispondenza telematica” protesa ad apprendere tecniche di confezionamento di ordigni esplosivi e di agenti chimici di distruzione di massa, della natura delle armi chimiche e biologiche detenute dall’Iraq prima della liberazione dal regime di Saddam Hussain e quello Amanda Knox e Raffaele Sollecito, accusati della terribile morte della giovane Meredith Kercher.

 I metodi di approccio a questi due processi da parte della stampa ma in particolare dell’edizione umbra di questi giornali sono sconcertanti per l’apparente approssimazione, per l’apparente l’ignoranza e per l’apparente provincialismo.

Apparente perchè, se il provincialismo e l’ignoranza sono senz’altro presente in molti destinatari locali dell’informazione che assorbono senza alcuna reazione o apporto critico i commenti di articolisti che sono più cronisti che giornalisti veri, non può essere la stessa cosa per che, attraverso quelle apparenze, mira invece a disinformare sulla reale natura delle cose, dei fatti e delle vicende processuali.

Non ci soffermeremo su un processo che non ci coinvolge e non ci riguarda, com’è il caso Amanda, se non per rilevare la diversa impostazione dell’informazione ed il diverso atteggiamento rispetto al caso Korchi, l’Imam di Ponte Felcino e i due suoi coimputati.

Nel caso Amanda, dagli Stati Uniti è potuta arrivare una sorta di “intima” a consegnare la cittadina americana perché i giudici italiani (nel caso specifico si dice di Perugia) sono assolutamente incompetenti ed ignoranti e peraltro “…gli investigatori italiani applicano la tortura”.  La cosa avrebbe dovuto far sorridere; e invece la stampa non solo non l’ha ridicolizzata ma ha captato il messaggio ed ha imbastito intorno a quel processo un alone di dubbio, di “simpatia”, di condizionamento che probabilmente vuole preparare il clima che deve favorire una certa sentenza.  La cosa è evidente: il processo interessa a quella stessa Amministrazione americana e questo basta per spiegare tutto.

Altrettanto fortemente interessa a quell’Amministrazione, il processo Korchi ma per esiti e finalità completamente opposte; e questo spiega il ben diverso atteggiamento della stampa mirato non soltanto a non voler sapere ma, letteralmente, ad “inquinare” con esagerazioni, con notizie false e con apprezzamenti che sanno più di tentativi di “sgusciate ruffiane” verso la Pubblica Accusa, la Presidenza e la Corte, quasi ad incoraggiarne sottilmente una gradita condanna che non una serena valutazione, la realtà processuale che sta emergendo nel corso del giudizio.

Non diversamente si spiega il silenzio che è calato sul processo in ordine a dichiarazioni fatte dalle difese dal momento in cui i due avvocati di Roma, l’avv. Carlo Corbucci e Giovanni Destito, sono subentrati a colleghi del posto; dichiarazioni che, ad esempio, avevano cura di far chiarire come non fosse affatto vero ciò che era stato scritto, che i difensori locali avevano rinunciato al mandato (chissà per quale occulta ragione… di colpevolezza) ma erano stati revocati per ragioni legate al fatto che il patrocinio gratuito cui hanno avuto accesso gli imputati, prevede un solo difensore ciascuno e pertanto hanno dovuto fare una scelta obbligata trattenendo soltanto quelli che ritenevano più addentrati nei processi di “terrorismo islamico” per averne patrocinati molti altri in tutta Italia.

Non diversamente si spiegano i commenti delle ultime udienze allorché sono stati interrogati operanti e, addirittura, due presunti supereperti della F.B.I. in materia di esplosivi ed armi chimiche.[1]

Chi ha partecipato a quelle udienze  non può nascondere che i due “super-esperti” hanno letteralmente fatto una figura marrone.  E la ragione è semplicissima: perché non hanno potuto dire assolutamente niente di più di quello che avevano già detto migliori esperti italiani. ANZI, hanno detto di meno, evidenziando addirittura di non sapere quasi le formule di composti chimici.

Non sarebbe sfuggito ad uno smaliziato giornalista (forse soltanto a qualche cronista) desideroso di far conoscere alla gente la realtà oltre le coperture), che la presenza dei due doveva giocare soltanto un ruolo altamente suggestivo. Pensate, si mormorerà fra le montagne dell’Umbria, è venuta addirittura la F.B.I.!

Come se questa fosse una referenza in processi pieni di inquinamenti operati proprio dai “servi segreti” statunitensi ed israeliani. Certe ingenuità possono forse funzionare soltanto a Perugia visto che da nessun’altra parte è mai stata giocata una simile carta.

La cosa avrebbe dovuto apparire già ridicola di per se stessa ma, se si considera che non hanno detto proprio nulla in più e di diverso (ma molto di meno) di quanto non avessero già fatto i ben più preparati esperti italiani interpellati, la cosa dovrebbe portare addirittura allo sdegno.

E invece, incredibile a dirsi, ne è seguita la lode. Una lode sbrodolona fatta dal cronista al quale erano addirittura affidate due pagine intere nel numero di giovedì 19 febbraio – cronaca di Perugia.

L’evidente imbarazzo dei due “superesperti” incapaci infine di dire qualcosa di interessante, ha dovuto trovare un “recupero” nella battuta del cronista che nell’articolo rileva… “..un po’ spiazzato di fronte ad alcune domande poco pertinenti degli avvocati Carlo Corbucci e Giovanni Destito, alcune neanche accolte dal Presidente”.

Certo nessuno a Perugia ha detto e mai diranno alla gente:

a) che i campioncini delle uniche sostanze (meno di 10 in tutto di cui però soltanto 2  definite più indicative) indicate come suscettibili di poter essere usati come componenti per confezionare esplosivi non lo sono “in se stessi” ma debbono essere miscelati insieme a molti altri componenti, più essenziali, che il Korchi non possedeva;

 b) che esse sono inutilizzabili senza la combinazione miscellanea con quegli altri ingredienti che non erano in possesso del Korchi;

c) che i componenti mancanti sono proprio quelli essenziali e non certamente zucchero come indicato dai “superesperti” (su domanda peraltro della difesa) e sui quali le difese hanno dovuto lavorare alacremente per riuscire a farlo ammettere.

Ma evidentemente i “superesperti”, abituati ad essere ricevuti con tutti gli onori quali emissari dell’”Impero”, non immaginavano che alcuni “vassalli” osassero dubitare di loro o pretendere di più che una domanda di conferma, pura e semplice, sul fatto che le sostanze in possesso del Korchi sono esplosivi o, come in altri casi, che l’Iraq di Saddam Hussein riforniva alcuni terroristi sotto processo dinnanzi alle varie Corti, di sostanze e di armi di istruzione di massa.

d) che i dieci campioncini sono la percentuale minima di una serie di ben 80 bottigline di identico volume, contenenti moltissime altre sostanze inerti non utilizzabili per alcuna combinazione ne’ venefica ne’ esplosiva.  Se il Korchi è un esperto che deve usare quelle sostanze a fini didattici per apprendere ed insegnare come si confezionano ordigni, cosa teneva a fare 70 componenti inutili tra i soli 10 (anzi per l’esattezza 2) utili?

 e) che quella esagerata serie di 80 bottigline non è il prodotto di una ricerca, di un acquisto, di una collezione, consapevole e cosciente, fatta dal Korchi (il che, è ovvio, che sarebbe stato ben strano) bensì (ma la gente di quel di Perugina non deve saperlo…) l’ingenuo prelevamento effettuato ben 4 anni prima del loro rinvenimento nella cantina del Korchi dal cassonetto dei rifiuti industriali dove erano stati apposti in attesa di essere ritirati dal servizio di smaltimento.  Un cassonetto ubicato all’interno del cantiere nel quale il Korchi lavorava come manovale; raccolte in una scatola che le conteneva tutte indistintamente in eleganti boccette, senza etichetta ne’ qualifica.

La confezione si presentava così allettante per un manovale abituato ad usare solventi ed a comprarli a caro prezzo per utilizzarli nei lavori che la sua ditta individuale edile regolarmente iscritta tra le imprese svolgeva; ma anche per un extracomunitario che, al contrario dei consumistici europei che insieme alle cose nuove passate di moda buttano nei cassonetti anche i figli ed i resti delle loro orge, non butta nulla; anzi recupera ed accumula; mira al risparmio anziché allo spreco.

Ma cosa può saperne di questo la gente comune? Soprattutto quando è cura di certi giornali non farlo neppure sospettare.   

f) Che, guarda caso…. guarda caso, su quelle dieci bottigline contenenti le uniche sostanze che potrebbero essere utili, insieme alle altre mancanti, al confezionamento di esplosivi, NON CI SONO LE IMPRONTE DI KORCHI.

Però durante i quattro anni che sono rimaste nella cantina dello stesso, ubicata in un cortile condominiale, con una porta di legno scassata senza chiave ed aperta a tutti, è stata visitata almeno tre volte in precedenti perquisizioni da agenti per operazioni in corso nei confronti di conoscenti del Korchi; visionata fino a due mesi prima da due agenti dei “servizi segreti” dei quali conosciamo nomi, cognomi e numeri di telefono (ma che sono rimasti assenti dagli atti processuali) che hanno frequentato “familiarmente” più volte la casa del Korchi  proponendogli collaborazioni premiali in cambio di una disponibilità a dire più di quel che potesse sapere; ed infine “rovistata” da “ignoti” qualche giorno prima dell’arresto, allorquando, insieme alle numerose bottigline sono state trovate anche quelle dieci (anzi due) compromettenti (del resto relativamente ma, a quanto sembra ritenere l’accusa, molto significativamente…) delle quali il Korchi non è in grado di riferire e ricordare di averle mai viste.

Tutto questo ci ricorda tanto il caso del processo dei “Tre kamikaze di Anzio” e l’altro degli “aspiranti avvelenatori dell’Ambasciata americana di Roma” nei quali, le sentenze definitive, danno atto che è stato portato da altri nelle loro abitazioni, il materiale ivi trovato: tritolo, cinta da kamikaze, pistola e proiettili, ferricianuro, pacchi di soggiorni in bianco, mappa con presunti obiettivi da colpire…

Ma in quei processi le Corti vollero approfondire i dubbi delle difese e si disposero fin dall’inizio a conoscere la verità fino in  fondo per quanto scabrosa ed incredibile potesse apparire all’inizio. E la verità, sconcertante, emerse.

g) Che la quantità contenuta nei campioncini è di volume tale che, ammesso e non concesso che avesse potuto essere mischiata con le altre sostanze assenti e non in possesso del Korchi sarebbe stata utile a creare un petardo di capodanno. E questo esclude, se non altro, un utilizzo a scopo terroristico e limita l’ipotesi al solo scopo didattico nell’ottica accusatoria dell’addestramento.

e) che le sostanze che debbono essere aggiunte alle dieci (anzi due) sostanze trovate sono quelle essenziali senza le quali, esse sono inerti in se stesse ed insufficienti. Vale a dire che è più immediato, completo, attuale, utilizzabile e letale, un litro di benzina o una bombola del gas facilmente reperibili.

 E NON E’ TUTTO DI CUI DISPONE LA DIFESA.

 Seguono poi, nel giornale in questione, notizie ridicole oltre che false, sul genere che alcune delle sostanze fatte rinvenire in possesso del Korchi sarebbero addirittura basi di esplosivi, “basta solo la ricetta”; che il tritolo sarebbe un esplosivo che non ha bisogno di innesco ed è un innesco esso stesso! Che esisterebbe una “enciclopedia in tre volumi” sulla Jihad ad uso di terroristi islamici… però scritta e messa in rete in… inglese dove sono riportare le tecniche di composizione degli esplosivi, rintracciabili in qualunque libro universitario in libera circolazione e libera vendita!

E tutto questo, secondo il giornale, avrebbe spezzato “le deboli difese degli imputati”… sempre puntualmente messe in crisi dalle efficaci risposte dei… superesperti!

Il Presidente della Corte viene definito (come del resto condividiamo anche noi ma per ragioni più serie) uomo attento e preciso ma non certo per il banale riferimento giornalistico delle “…battute irresistibili” e per aver scherzato sulle suocere!  Il P.M., poi, avrebbe svolto  “marcate strette” verso i difensori “…ai quali non concede neppure un centimetro” consistite nell’opporsi alle liste testi delle difese per questioni di forma, dove peraltro venivano indicati persino testi della stessa polizia giudiziaria e degli stessi consulenti dell’Accusa in tal modo rendendo, di fatto, alla difesa ed alla Corte, più arduo l’accertamento della verità oggettiva! Infine, la difesa avrebbe fatto  “…domande poco pertinenti” (!?) e via dicendo.

Noi per la verità riteniamo di fare miglior giustizia estendendo lo stesso giudizio di serietà anche al giudice a latere ed alla Corte tutta, che i giornali sembrano invece trascurare.

No, decisamente sorge il dubbio che non si tratti di crassa ignoranza; forse in chi leggendo ci crede sì, ma riguardo a chi scrive sorge il legittimo dubbio che possa esserci qualcos’altro di più inquietante.

Per chi non l’avesse ancora capito, nel processo di Perugia si gioca una partita dove il laboratorio non è quello inesistente di Korchi ma la Corte stessa che rappresenta qui il crogiuolo nel quale si sta tentando di TESTARE per la prima volta l’art. 270 quinquies e di TASTARE il polso alla gente per verificare il grado di capacità di comprensione e di reazione della stessa, prima di procedere, con un ulteriore affondo da parte di un certo potere, sulla pelle dell’intera popolazione già da tempo resa ormai oggetto di ogni sorta di attenzioni limitatrici e liberticide in vista di un’omologazione e di una lobotomizzazione totale e globale.

A questo progetto lavorano forze e componenti coscienti ma il ruolo principale spetta alla massa degli “utili idioti” che, come alcuni cronisti, si prestano senza alcuna competenza tecnica e senza nulla capire di ciò che avviene intorno a loro e del loro stesso ruolo. Diversamente da alcuni giornalisti seri che pur si impegnano da tempo per rendere al massimo trasparente ed obiettiva la divulgazione di certe notizie, consapevoli del loro ruolo di vigilanza nell’interesse della libertà non disgiunta alla verità.

Carlo Corbucci             Giovanni Destito


[1] Non staremo qui a spiegarci quanta poca fiducia ci sarebbe da riporre nell’F.B.I. per quel che sappiamo in ordine ai molti coinvolgimenti della stessa (addirittura più della C.I.A.) nelle oscure trame del cosiddetto “terrorismo islamico”,  però quel che non può tacersi è che da molto tempo essa ha attivato un vera e propria “mercato della paura” nel quale ha tentato di far credere le cose più assurde; dalla detenzione di bombe atomiche sporche da parte di gruppi islamici, alle armi di distruzione di massa dell’Iraq, agli esplosivi fatti con  celebri e costosi profumi e con i fertilizzanti e così via. Il tutto per rendere realistica e credibile la suggestione dell’imminenza e del realismo del pericolo.  Una, due, tre lunghe guerre di invasione non si giustificano senza niente; senza “casus belli”… senza far si che qualcosa del paventato pericolo… si realizzi.