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Unione Europea: deforestazione senza scrupoli

di Virginia Greco - 04/03/2009

Ogni giorno ettari di foresta vengono rasi al suolo per produrre legname o per lasciare spazio a pascoli e piantagioni di olio di palma e gomma. L’ Unione Europea ha sancito pochi giorni fa una normativa che permetterà di controllare l’origine del legname importato e prevenire il disboscamento illegale. Ma l’allarme deforestazione persiste.

 

 


Negli ultimi 35 anni la popolazione umana è quasi raddoppiata, quella animale è diminuita di un terzo e le foreste tropicali si sono dimezzate.
La Commissione Ambiente dell’Unione Europea ha finalmente stabilito, in fatto di commercio di legname, norme precise che dovrebbero prevenire e punire più efficacemente i traffici illeciti e, di conseguenza, l’incontrollata devastazione delle foreste. Si tratta di un documento di estrema importanza, a lungo atteso dalle associazioni ambientaliste, che ha visto la luce dopo un dibattito durato cinque anni. Secondo tali nuove disposizioni, le imprese coinvolte in attività commerciali del settore dovranno responsabilizzarsi maggiormente e dimostrare che il legname che importano in Europa è prodotto legalmente. La legge fornisce indicazioni a tutti i componenti della filiera riguardo a come dimostrare la correttezza del proprio operato e, inoltre, stabilisce norme concrete circa le punizioni da impartire a quanti non dovessero rispettarla.

 

“Se applicata correttamente, la legge potrebbe ridurre drasticamente il commercio illegale di legname dai Paesi tropicali, rallentare la deforestazione e sostenere i diritti delle popolazioni locali”, ha dichiarato Massimiliano Rocco, responsabile della campagne TRAFFIC e Timber Trade del WWF Italia.

Il WWF è da anni impegnato nella lotta ai traffici illeciti di animali - soprattutto le specie protette - o di parti di essi (si pensi alle zanne degli elefanti e alle pelli di tigre e giaguaro), nonché di legname ricavato tagliando indiscriminatamente gli alberi delle grandi foreste dell’Africa e del Sudamerica. In un report pubblicato da tale associazione si legge che, nel 2006, il 16-19% del legname importato nell’Unione Europea (vale a dire dai 26,5 ai 31 milioni di metri cubi) derivava da fonti illegali. E il trend non sembra essere cambiato.

Occorre dunque intervenire più incisivamente, risultato che evidentemente si propone di ottenere la nuova legge europea. “Adesso è cruciale che l’accordo raggiunto passi l’esame finale del Parlamento e del Consiglio Europeo”, precisa Rocco.

 

 


Le foreste rappresentano un patrimonio inestimabile per il pianeta e per noi stessi esseri umani
L’importanza delle foreste

 

Gli interessi economici spesso portano a dimenticare o sottovalutare l’importanza nell’ecosistema delle foreste, le quali, invece, rappresentano un patrimonio inestimabile per il pianeta e per noi stessi esseri umani. Esse sono le più grandi conservatrici di biodiversità (le foreste tropicali, pur occupando appena il 7% della superficie della Terra, ospitano circa la metà delle specie animali e vegetali attualmente esistenti) e forniscono cibo, materiale da costruzione e fibre tessili a tante popolazioni che vi vivono ai margini.

Inoltre gli alberi prevengono l’erosione del suolo, in quanto le radici mantengono compatto il terreno, nonché consentono la conservazione delle acque: le radici stesse, infatti, insieme alla materia organica vegetale in decomposizione che si combina con i minerali, formano una sorta di spugna sotterranea in grado di raccogliere e rilasciare acqua nelle zone circostanti a ritmo regolare.

Infine, le foreste assorbono una quantità enorme di anidride carbonica, rallentando così i cambiamenti climatici in corso, di cui – come ci è ben noto – gli esseri umani sono la causa prima, tramite l’emissione continua e sproporzionata di gas serra nell’atmosfera.

 

Deforestazione senza scrupoli

Le foreste al giorno d’oggi coprono una superficie di quasi 4 miliardi di ettari, cioè il 30% delle terre emerse, ma appena il 12,7% è protetto. La deforestazione avanza ad un ritmo spaventoso e spesso fuori dai vincoli della legalità. Le ragioni economiche sono varie: la produzione di legname, la messa a disposizione di terreni al pascolo e la conversione a fondi per l’agricoltura (spesso intensiva).

Mentre la foresta amazzonica viene consumata per far spazio agli allevamenti bovini, paesi come Indonesia e Papua Nuova Guinea subiscono continue devastazioni a causa della corsa alla produzione di olio di palma: il prodotto vanta infatti un vastissimo mercato in Europa, pertanto le piantagioni di tale vegetale negli ultimi anni si sono moltiplicate. È di pochi giorni fa la notizia che il governo indonesiano ha riaperto le foreste torbiere alla conversione a colture di palma da olio.


Nell’isola di Sumatra, il disboscamento selvaggio minaccia la sopravvivenza di tigri ed elefanti.
Greenpeace, particolarmente attiva nel contrastare questo tipo di commercio, lo scorso novembre aveva manifestato rumorosamente il suo disappunto, bloccando una nave che trasportava olio di palma dall’Indonesia all’Europa. Tale paese, secondo i dati forniti da Greenpeace, è oggi il terzo più grande emettitore di gas serra del mondo.

 

In Kyrgyzstan, invece, le foreste di noce si stanno riducendo progressivamente a causa dell’espansione dei pascoli e del taglio per scopi commerciali, come ha denunciato la scorsa settimana Eshlay Turukulov, direttore dell’Istituto Forestale dell’Accademia Nazionale delle Scienze. Mentre in Camerun oltre 25.000 ettari di boschi sono stati di recente ceduti dalle autorità del dipartimento di Dzeng ad una sussidiaria del gruppo francese Thanry, la quale li impiegherà per la produzione di legname da costruzione.

Tutto ciò senza che le popolazioni residenti nei luoghi interessati siano coinvolte in alcun modo nel processo decisionale. Al contrario, le rimostranze spesso sollevate dagli abitanti vengono sistematicamente ignorate o represse. In Camerun i cittadini della regione che sarà deforestata hanno protestato e inviato lettere a diverse autorità, incluso il Presidente della Repubblica, ma non sono riusciti a interrompere la transazione delle terre. In Nigeria un ampio gruppo di donne ha organizzato una protesta contro la compagnia Michelin, la quale ha acquistato 3.500 ettari della Riserva Forestale di Iguobazuwa, per convertirli in piantagioni di gomma. La ribellione e i tentativi di ostruzione sono ancora in corso, ma difficilmente otterranno il risultato sperato.

 


Alcune donne indigene della Cambogia che hanno sollevato la loro voce a difesa delle foreste
È interessante osservare come siano spesso gruppi organizzati di donne a programmare e portare avanti azioni di protesta per la salvaguardia delle terre in cui vivono. Alcune donne indigene della Cambogia che hanno sollevato la loro voce a difesa delle foreste (sottratte da multinazionali per trasformarle in terreni per le coltivazione da gomma), dicono che “la gente in principio si lamentava per la vendita delle terre alle compagnie straniere, ma nonostante ciò non le otteneva indietro. Allora gli uomini dei villaggi qui intorno hanno incominciato a volerle vendere loro stessi”, dichiara triste As Lun, una di loro. “Dicono che tanto se non saranno loro a venderle, qualcuno comunque gliele sottrarrà. Ma noi donne amiamo la foresta e non vogliamo cederla. Una delle cose più belle è sempre stata andare nella foresta, dormirci, prendere piccoli pesci negli stagni, raccogliere resina e bamboo. Ma ora è difficile farlo: c’è una compagnia, non sappiamo cosa sia accaduto, se la foresta sia stata venduta o se l’abbiano sottratta, sappiamo solo che hanno messo un recinto e un pannello per impedirvi l’ingresso”.

 

La legge del mercato passa sopra a tutto: diritti degli esseri umani e rispetto dell’ambiente. Per bloccare questi processi di fagocitazione delle foreste si può intervenire solo con la legge e con un’opportuna repressione delle trasgressioni.

Non si possono lasciare sole le popolazioni indigene, perché da sole non possono vincere le loro battaglie, che in realtà sono un’unica battaglia: la salvaguardia del Pianeta e del futuro di tutti noi.