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Lotta contro la frode fiscale o riorganizzazione del sistema finanziario mondiale?

di Jean-Claude Paye * - 04/03/2009

 


La lotta contro la frode fiscale è attualmente al centro di interventi da parte degli Stati Uniti, del G20 e dell'Unione Europea.

Il 2 febbraio, la Commissione ha presentato due nuove proposte di linee guida volte a migliorare l'assistenza reciproca tra le autorità fiscali degli Stati membri. Qualora le direttive europee venissero adottate, i paesi membri non potranno più invocare il segreto bancario per rifiutare le richieste di cooperazione in materia fiscale. Anche la Svizzera sarebbe interessata da queste norme interne all'Unione europea.

Il controllo dei mercati finanziari è anche all'ordine del giorno del prossimo G20 dei più importanti paesi, industrializzati o emergenti.

Il primo ministro britannico, Gordon Brown, che, il 2 aprile presiederà, a Londra, il vertice del G20, ha chiesto una "azione mondiale contro i paradisi fiscali". Il fatto che dei 31 paradisi fiscali identificati dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), 9 siano in territori britannici e 14 in ex colonie della Corona, dimostra che la lotta contro l'evasione fiscale non sarà il vero obiettivo di questo vertice.
Le cose iniziano a delinearsi se si considera che la Svizzera, uno dei principali centri finanziari mondiali, non è stata invitata.
Si tratta infatti di un tentativo di riorganizzare il sistema finanziario internazionale, di cui essa corre il rischio di pagarne il costo.
Le cose sono già apparse evidenti nel caso della UBS. L'azione dell’Amministrazione statunitense contro questa banca svizzera prevede l'uso di un dispositivo di lotta contro l'evasione dei propri cittadini, al fine di modificare, a proprio vantaggio, le regole di funzionamento del sistema bancario mondiale.

Ricordiamo che il 18 febbraio, la banca UBS ha accettato, in violazione della legge svizzera, di consegnare alla giustizia americana i nomi di circa 250 clienti, che essa stessa aveva aiutato a sfuggire alle autorità fiscali degli Stati Uniti. Essa ha anche accettato di pagare 780 milioni di dollari di multa. L’Amministrazione statunitense avrebbe potuto ottenere questa lista rispettando la procedura giudiziaria elvetica, in ragione di un accordo precedentemente firmato tra la Svizzera e gli USA.
La
Finma, l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari, ha coperto immediatamente la procedura. L'obiettivo era cortocircuitare il normale procedimento giudiziario e consegnare, senza indugio, i nomi dei clienti. Il problema era, o consegnare i dati, o rischiare una denuncia penale del Dipartimento di giustizia statunitense, tenendo conto del fatto che in passato, quasi nessuna azienda è sopravvissuta a una denuncia da parte di questo Dipartimento.

Tuttavia, nonostante l’offerta, la giustizia americana è ritornata alla carica. Essa ora esige che l’UBS riveli al fisco USA l’identità di circa 52.000 clienti statunitensi titolari di "conti segreti illegali". Queste rivendicazioni ora sono parti costituenti di una denuncia presentata dagli Stati Uniti presso il tribunale civile di Miami.
Il 20 febbraio, il Tribunale amministrativo federale della Svizzera ha comunicato la sua decisione di vietare la trasmissione di dati bancari dei clienti dell’UBS alle autorità fiscali degli Stati Uniti. Tuttavia, i dati di 250 clienti di UBS sono già stati trasmessi.

L'avvocato di Washington, George Clarke, ritiene che "questo elenco di clienti era probabilmente già noto al fisco americano". Si può supporre che gli americani abbiano ricevuto dunque un elenco di nomi che era già in loro possesso. L'obiettivo non è tanto quello di applicare procedure per perseguire il reato di frode fiscale, ma quello di costringere la banca UBS e le autorità di regolamentazione svizzere, a violare il proprio diritto.
Si tratta dunque di un vero e proprio atto di sovranità internazionale, nella misura in cui il governo degli Stati Uniti ha la capacità di imporre una decisione che viola il quadro giuridico all'interno del quale essa opera.

La risposta positiva dell’UBS, come anche la sua legittimazione da parte delle autorità di vigilanza elvetiche pongono l’Amministrazione statunitense in una posizione che le permette di formulare nuove richieste, tutte al di fuori della legalità.
La sovranità americana si definisce così, non solo come la capacità di sollevare l'eccezione, ma di imporre uno stato di eccezione permanente.

Questo procedimento ricorda il modo in cui gli Stati Uniti ottennero, dalle autorità europee, il trasferimento dei dati PNR (Passenger Name Record) di passeggeri del trasporto aereo, nonché le informazioni finanziarie sui cittadini dell’UE. Gli USA hanno imposto per la prima volta un atto di puro potere, di acquisizione di informazioni personali, in violazione del diritto europeo. Questa azione è stata in seguito legittimata da accordi firmati con il Consiglio dell’Unione.

Il fatto che l'Amministrazione statunitense disponga, attraverso il server della società
Swift situato sul suolo degli Stati Uniti, di tutte le informazioni relative alle transazioni finanziarie internazionali, permette di supporre che essi posseggano già, in gran parte, le coordinate richieste all’USB dei 52.000 evasori fiscali. Ricordiamo che le autorità statunitensi dispongono anche, attraverso Remotegate, di un accesso speciale che permette loro di monitorare gli scambi interbancari interni alla Svizzera.
Il sistema di crittografia utilizzato dalla banca, inoltre non potrebbe resistere alle indagini della
NSA (National Security Agency), l'agenzia di spionaggio degli Stati Uniti che è particolarmente specializzato in questo campo. Non è certo, non più, il linguaggio codificato utilizzato dai gestori di UBS, per esempio: "arancione" per l'euro, "verde" per il dollaro, "cigno" per un milione di euro, che potrebbe, a lungo, indurre in errore un investigatore.

Nella loro ultime richieste, l’essenziale, per le autorità statunitensi, è quello di ottenere le informazioni in violazione delle procedure giudiziarie elevetiche. L'obiettivo è quello di far abbandonare a questo Stato le sue prerogative sovrane, al fine di trasferirle all’Amministrazione statunitense.

Questa nuova sovranità americana si iscrive nel quadro di una riorganizzazione del sistema finanziario internazionale che, attraverso la lotta contro la frode fiscale, distingue i “paradisi fiscali”, di cui la Svizzera farebbe parte, i centri “off-shore”, come per esempio, i centri finanziari presenti nei Caraibi. Interamente controllati dalle autorità statunitensi, questi ultimi potrebbero mantenere tutte le loro attività a scapito dei loro concorrenti classificati negativamente. Stati Uniti e Caraibi controllano un mercato di denaro illecito quasi uguale a quella della Svizzera, giacché essi sono al secondo posto, dopo il sistema bancario svizzero, riguardo alla gestione delle “fortune transfrontaliere”.

Dopo l'attacco degli Stati Uniti, la Svizzera, che ancora detiene un terzo del mercato mondiale del risparmio gestito al di fuori del paese di residenza, potrebbe lasciare rapidamente il terreno al suo principale concorrente.



*Jean-Claude Paye, sociologo belga, è autore di La fine dello Stato di diritto,
Manifestolibri 2005 e di Global War on Liberty, Telos Press. New York 2007.