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Caso Bashir. I diritti umani come strumento delle strategie imperiali

di Gian Carlo Caprino - 09/03/2009

 

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6 marzo 2009

Il tribunale penale internazionale dell'Aja (TPI) ha spiccato formale mandato di cattura per Omar Al Bashir, presidente del Sudan, per crimini contro l'umanità compiuti nella regione del Darfur dove, dal 2003, è in corso una sanguinosa guerra civile che ha provocato circa 300000 morti e 2 milioni di profughi.

La notizia non era del tutto inaspettata, poiché il procuratore generale del TPI, l'argentino Luis Moreno Ocampo, aveva già chiesto l'incriminazione di Al Bashir nel giugno scorso.

Indipendentemente dalla figura di Al Bashir, sicuramente non esente da colpe nella questione del Darfur, quello su cui ci si interroga è il grado di imparzialità e di credibilità di questo organismo internazionale.

Il TPI nasce infatti nel 2003 come estensione del tribunale speciale per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia, istituito a Roma nel 1998, e ne eredita tutte le manchevolezze e ambiguità. Come infatti il tribunale per la Jugoslavia ha praticamente perseguito quasi solo criminali serbi (Milosevic, Karadzic, Mladic), tralasciando di perseguire i croati, i bosniaci e i kosovari albanesi, che si erano macchiati di crimini altrettanto rivoltanti contro le altre etnie, così il TPI si è trascinato stancamente (sino ad oggi) senza incidere minimamente sull'epicentro geopolitico mediorientale nel quale si esercitano gli interessi dello Potenze occidentali e di Israele, epicentro che vede da anni calpestati i diritti umani più elementari.

Così Moreno Ocampo ha rigettato, con motivazioni risibili, le centinaia di segnalazioni che inchiodavano gli USA e l'Inghilterra alle loro responsabilità nella sciagurata invasione dell'Iraq; in egual misura sta rigettando, accampando cavilli legali, le numerose segnalazioni di crimini contro l'umanità recentemente compiuti dagli israeliani ai danni della popolazione di Gaza. Insomma, sempre di più il TPI appare come un servo alle dipendenze degli USA (e suoi satelliti occidentali) e di Israele.

Vista la comprovata mancanza di imparzialità e credibilità di questo tribunale della NATO, viene spontaneo chiedersi se dietro al mandato di cattura contro Al Bashir non si nasconda una manovra voluta dagli USA per destabilizzare il Sudan, eminentemente in funzione anticinese.

Negli ultimi tempi della sua presidenza Bush si è infatti reso conto di stare perdendo l'influenza sugli Stati africani a vantaggio (soprattutto) della Cina che, senza troppi clamori, si è introdotta nella Repubblica del Congo ed in Sudan; in quest'ultimo Stato la Cina sta sviluppando un nuovo modello di cooperazione, basato sulla costruzione di immense opere pubbliche in cambio di materie prime (soprattutto petrolio). La cosa ha allarmato molto la vecchia amministrazione americana, non soltanto per la perdita di influenza, ma, soprattutto, per il fatto che si sottrae il valore del petrolio estratto in Sudan alle logiche di mercato cartaceo della borsa di New York, ancorandolo, di volta in volta, ad un pacchetto di beni e servizi resi al Paese proprietario dei giacimenti. Pensandoci bene, se la cosa dovesse prendere piede, sarebbe la fine della supremazia del dollaro sulle altre monete.

La minaccia non poteva non avere una pronta risposta.
Ecco quindi la creazione di una forza militare USA di pronto intervento "antiterrorismo" in Africa (AFRICOM) la quale, non essendone stata accettata la presenza in nessuno Stato africano, avrà come base l'Italia e precisamente Vicenza (173ma divisione aerotrasportata) e Sigonella (centro di coordinamento e comunicazione).

Ecco rinvigorirsi la lotta delle truppe del Ruanda, sconfinate da anni in Congo, contro il governo centrale di Joseph Kabila, anch'esso amico della Cina.
Per non parlare poi del sequestro, qualche mese fa, da parte dei pirati somali di una nave (poi "riscattata") che trasportava una trentina di carri armati T72, ufficialmente destinati al Kenia ma, come tutti ammettono, in realtà destinati al Sudan del sud, provincia ribelle che ha raggiunto nel 2005 una faticosa pace con Al Bashir per la creazione di uno stato federativo con capitale Karthoum. La nave proveniva dall'Ucraina di Yushenko, di cui conosciamo bene il servilismo filoamericano.

Le conseguenze di questo mandato di cattura da parte del TPI contro Al Bashir rischiano ora di vanificare gli sforzi di una soluzione pacifica per il Darfur e rischiano di riaccendere la rivalità tra nord e sud Sudan; proprio per questo Russia e Cina hanno chiesto al Consiglio di Sicurezza (organo attuatore delle sentenze TPI) di sospendere il mandato almeno per un anno, per dar tempo ai negoziati di pace di raggiungere un compimento.

Se gli USA di Barak Hussein Obama, che peraltro hanno espresso piena soddisfazione per il pronunciamento del TPI, dovessero opporsi o, peggio, porre il veto a questo rinvio, il carisma quasi messianico di questo presidente, che ha fatto sperare milioni e milioni di uomini, cadrebbe miseramente e Obama diverrebbe un altro dei tanti presidenti americani che non vogliono per nessun motivo mollare l'osso dell'egemonia mondiale.