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La crisi finanziaria

di Juan Torres López - 17/03/2009

Fonte: italia sociale

Dieci idee per capire la crisi finanziaria, le sue cause, i responsabili e le sue possibili soluzioni.
Ho l'impressione che la maggior parte dei cittadini si senta confusa di fronte alla crisi che si è scatenata nelle ultime settimane. Tenendo conto dello sforzo finanziario messo in campo dalle banche centrali si deve intuire che si tratta di una crisi molto seria. E tenendo conto dell'effetto che comporta nelle tasche dei cittadini l'aumento dei tassi di interesse, si può percepire che andrà a fare più danno di quello che le autorità riconoscono.
In ogni caso, anche se tutti parlano della crisi, ci sono davvero poche idee chiare che permettono ai cittadini di sapere con certezza quello che sta succedendo.
Di solito, gli economisti ortodossi e la maggior parte dei dirigenti politici vogliono farci credere che i provvedimenti economici che vengono presi sono sempre opportuni e rispondono a criteri “scientifici” e “tecnici” indiscutibili che non vanno messi in dubbio. Però quando le cose non riescono bene, come adesso, quando tutti i dati non concordano; quando l'economia quasi salta per aria tacciono come se niente fosse successo.
Il silenzio è pilotato in modo che si creda che quello che succede è normale, che non succede niente di importante e che tutto deve continuare, esattamente come stava prima. Evitano di esporlo come un problema “politico” (che in realtà è quello che è) senza pronunciarsi sulle sue cause, responsabilità e soluzioni.
Secondo me la crisi di quest'estate è grave, molto più profonda di quello che stanno dichiarando le autorità economiche e, sopra tutto, niente più di un anticipo di situazioni peggiori che stanno arrivando. Credo che quello che sta succedendo adesso sia solo un avviso.
Conviene, quindi, capire bene quello che è successo e quello che può succedere nei prossimi mesi. E per aiutarvi a comprenderlo scriverò alcuni appunti di idee di spiegazioni di base nella forma più semplice e intuitiva possibile, riservandomi di approfondirle in altri lavori più dettagliati.
Per facilitare la lettura ometterò dati e numeri e anche riferimenti bibliografici che, in ogni caso, non sono indispensabili per sapere esattamente cosa stia succedendo.
Le questioni che mi sembra che dobbiamo conoscere prima di tutto per comprendere la crisi attuale sono le seguenti. (1)

1. E' una crisi derivate dai mutui.
L'origine primo della crisi si trova nel mercato americano dei mutui ipotecari.

Come è noto, in seguito all'enorme espansione del settore immobiliare si generò una massiccia offerta di mutui ipotecari, dei quali quasi un quinto vennero concessi a famiglie che riuscivano appena appena a pagarli quando i tassi di interessi erano molto bassi.

Quando cominciarono gli aumenti nei tassi di interessi e le rate dei mutui diventarono più care cominciarono anche le insolvenze.
Questo colpì immediatamente le banche che avevano concesso questi prestiti, ma, visto quello che di solito si fa con questi crediti, la crisi si estese.
Quello che è accaduto è che le banche che hanno concesso questi mutui vendono, a loro volta, i titoli rappresentativi dei crediti ipotecari nei mercati finanziari. Questo è il modo nel quale le banche convertono il debito delle famiglie in un enorme affare perché non solo ricevono il denaro che prestano ma anche gli interessi, fino a quando non ottengono ulteriori guadagni negoziando i titoli di credito.
L'inconveniente è che, come è successo quest'estate, quando cominciano le insolvenze perché sono aumentati i tassi o perché è diminuito il reddito familiare, si genera un effetto a catena che è quello che provoca l'estensione della crisi. (2)

 

2. Però la crisi non è solamente creditizia: è una crisi finanziaria

Quando si sottoscrive un mutuo si crea un titolo finanziario. Un “passivo”, o obbligazione per il debitore e un “attivo” o diritto per colui che presta il denaro, cioè la banca. E quello che può fare, e che di solito fa, la banca, come ho appena detto, è mettere in commercio questo attivo. Per esempio assicurandolo o vendendolo.
Il paradosso che si produce è che quanto più rischioso sarà il titolo tanto meno sarà sicuro e, in principio, meno attrattivo, però per comprarlo si pagherà di meno e risulterà più redditizio.
Questa è la ragione per la quale i titoli spazzatura (tecnicamente chiamati “sub prime”), vale a dire quelli che hanno più rischio perché sono stati concessi a famiglie con poco reddito, sono però quelli più redditizi, e, di conseguenza, i più appetibili per gli investitori che, in principio, cercano soprattutto profitto. Questi investitori sono quelli più potenti e quindi quelli che possono assumersi più rischio.
Le banche statunitensi collocarono nel mercato milioni di questi titoli che furono acquistati da altre banche e da investitori di tutti i paesi.
E' per questo che quando si scatena la crisi dei mutui ipotecari si scatena anche una crisi finanziaria, visto che le insolvenze crescenti pregiudicano in seguito la sicurezza e la redditività delle grandi banche e dei fondi di investimento internazionali. Quando si vedono le perdite non solo si perde il denaro, ma si disinvestono anche i fondi dai mercati, arrivando al punto di frenare o paralizzare i flussi finanziari internazionali, in maggiore o minore dimensione a seconda della propria partecipazione ai fondi stessi.
Si produce così una crisi di liquidità, non perché manchino i mezzi di pagamento ma perché si preleva troppo denaro e questo accade perché al giorno d'oggi la stragrande maggioranza degli strumenti di pagamento è “fittizia”, vale a dire, carta finanziaria più o meno come i titoli rappresentativi di mutui ipotecari dei quali ho parlato sopra e che sono legati principalmente ad operazioni di carattere speculativo.

3. E inoltre è una crisi che colpisce l'economia reale

Se all'inizio la crisi si scatena nell'ambito dei mutui ipotecari, in quello delle banche o della finanza, in seguito compromette l'economia reale (vale a dire, quella che ha a che vedere con la produzione effettiva di beni e di servizi e non con “carte” finanziarie).

L'impatto di questa crisi sull'economia reale si produce per tre motivi principali.
In primo luogo, poiché la crisi dei mutui ipotecari colpisce logicamente in modo diretto il settore immobiliare che, come si sa, è stato uno dei motivi principali dello sviluppo economico negli ultimi anni.
La crisi dei mutui ipotecari porterà senza dubbio a licenziamenti non solo nel settore delle costruzioni, ma anche nelle attività che sono in relazione con il settore immobiliare. E questo ci permette di dire, senza dubbio, che siamo di fronte ad una crisi che inizia a manifestarsi in maniera latente, prima di una successiva fase che vedrà la recessione economica.
In secondo luogo, quando si profila una crisi le banche e gli investitori reagiscono, come ho detto, ritirando i propri fondi dal mercato e generando una carenza di liquidità. Le banche non si prestano denaro l'una con l'altra molto facilmente e, logicamente, riducono la loro offerta di credito ai privati e alle imprese che ne hanno bisogno per effettuare pagamenti o per investire in attività produttive.
Di conseguenza, la diminuzione della liquidità nei circuiti finanziari riduce il finanziamento dell'economia. La spesa totale ne risente e, di conseguenza, l'insieme delle attività economiche “reali”.
In terzo luogo, e come corollario a quanto già detto, le banche centrali si trovano di fronte ad un dilemma perverso: da una parte quello che fanno (e che hanno fatto) è mettere a disposizione delle banche centinaia di migliaia di milioni di dollari (con una generosità che manca loro quando vengono colpite dalla crisi le persone e le zone meno fortunate del pianeta); però, d'altro lato, per favorire la mobilità dei capitali, si alzano i tassi di interesse.
E questo lo fanno perché, alla fine, il tasso di interesse è la retribuzione che ricevono i proprietari del denaro quando lo mettono a disposizione di altri. E, alla fine, quello che fanno le banche centrali è di incentivare i possessori di risorse finanziarie al fine di far collocare nei mercati le risorse che questi hanno prelevato.
Ma il rialzo dei tassi di interesse ha un duplice effetto. Da una parte favorisce la mobilità del capitale grazie alla sua maggiore redditività. Però, dall'altro lato, rende quasi sempre più caro il debito delle famiglie e delle imprese. Innanzitutto arricchisce i proprietari del capitale che svolgono un'attività finanziaria e in secondo luogo contribuisce alla riduzione degli investimenti e dei consumi, deteriorando, come ho già detto, l'attività economica nel suo complesso.


4. E' una crisi globale.

I flussi finanziari sono praticamente gli unici per i quali oggi si possa dire che sono completamente globalizzati. Tutte le operazioni finanziarie si realizzano su scala internazionale e per gran parte passando tramite i paradisi fiscali che sono strategicamente situati in tutti i fusi orari del pianeta, al fine che non resti un solo secondo del giorno nel quale non ci sia la possibilità di effettuare transazioni finanziarie.
Per questo, sebbene la crisi cominci nel mercato immobiliare di un paese, in questo caso gli Stati Uniti, è sicuro che si estenderà a tutto il pianeta visto che i mercati finanziari sono globali e le banche e gli investitori che detengono i titoli a partire dai quali si scatena l'inizio della crisi vivono ed operano in ogni angolo della terra.
Di fatto, è probabile che quello che sta succedendo sia che molte di queste banche non sappiano nemmeno con sicurezza fino a che punto siano coinvolte con la crisi. Gli investimenti che realizzano nei mercati finanziari sono come dei castelli di carte, una sull'altra e con struttura piramidale, fatte in modo che il detentore finale del titolo non sappia bene quale sia l'operazione finanziaria originaria che ha creato il titolo che lui adesso sta comprando o cercando di vendere, operazione che le nuove tecnologie permettono di realizzare in modo veloce e anonimo.
Ma poco a poco si sta scoprendo che nella crisi sono implicate molto più soggetti bancari di quelli che all'inizio hanno riconosciuto di esserlo (come per esempio in Spagna).

5 . E forse è qualcosa di più di una crisi ipotecaria, finanziaria e globale.

Quello che non sappiamo ancora di questa crisi è fino a che punto tutto quello che c'è stato detto abbia generato una crisi di insolvenza bancaria, qualcosa che non dobbiamo escludere né sottovalutare, almeno in alcuni paesi come la Spagna.
Le banche (e in generale i grandi detentori di mezzi finanziari) si sono trasformate nell'asse attorno al quale gira la vita economica. Negli anni passati hanno ottenuto ingenti guadagni e hanno realizzato investimenti enormi alimentando la concentrazione bancaria e imprenditoriale e la speculazione finanziaria. Direttamente o indirettamente (grazie ai finanziamenti) sono le vere protagoniste della bolla speculativa immobiliare degli ultimi anni, delle acquisizioni speculative delle imprese e delle oscillazioni delle borse.
Però adesso il problema è se, dopo aver collocato i loro mezzi in tante operazioni speculative, in questo momento sono in condizione di sopportare una crisi di liquidità finanziaria, una drastica diminuzione della capacità di indebitamento delle famiglie e delle imprese, insolvenze più o meno generalizzate, o l'esplosione di una bolla immobiliare che porterà ad una diminuzione del valore dei loro attivi. Vale a dire se adesso disporranno di mezzi sufficienti per far fronte alle domande di denaro e se avranno a disposizione i mezzi finanziari richiesti dalla vita economica.
Non è azzardato sospettare che questo stia già accadendo e che la grande quantità di liquidità che le banche centrali hanno immesso nel mercato avesse lo scopo di essere un palliativo alle responsabilità delle banche degli ultimi anni.
Di fatto è sorprendente la mancanza di informazione e la mancanza di trasparenza con le quali le autorità economiche gestiscono la crisi. Sono solo preoccupati di darle poca importanza e che non vengano resi pubblici i suoi pericoli; quello che in effetti conviene fare è passare in punta di piedi visto che sulla tavola c'è una crisi di insolvenza bancaria.

Può essere che quello che sta succedendo sia qualcosa di più che una crisi prodotta da una cattiva gestione del portafoglio dei grandi investitori derivante dai problemi causati dalle ipoteche nelle famiglie, che generano, a loro volta, una crisi di liquidità. Vale a dire che ci troviamo in una crisi che, oltre a questo, colpirà la struttura patrimoniale delle banche, nel qual caso la situazione attuale porterebbe a conseguenze più gravi e di più ampio spettro.
In questo caso saremmo di fronte ad una crisi gravissima che obbligherà (per salvaguardare gli utili e lo status quo delle banche) a stabilire una sorta di “recinto globale” o localizzato secondo come si deciderà, vale a dire, un blocco del denaro depositato nelle banche per favorire (come è stato fatto in Argentina) il recupero dell'insolvenza bancaria.
A mio modesto avviso, quest'ultima possibilità non è del tutto impossibile o da scartare a priori, oggigiorno. Ci sono degli indizi: l'aumento del capitale di alcune banche, la forza con la quale cercano di ottenere fondi (sicuramente utilizzando attivi con alto rischio che potranno aggravare i problemi nel medio periodo) e le richieste di alcuni politici più lungimiranti per realizzare alcuni cambi nelle regole del gioco imposte principalmente dalle banche centrali e che attualmente consistono nel lasciare mano libera ai fondi di investimento più rischiosi e volatili dietro ai quali stanno proprio le banche.
Come sappiamo il funzionamento degli affari delle banche si basa su di un principio molto semplice: si raccolgono risparmi, se ne tiene da parte una quota per far fronte alle domande di rimborso e con il resto si fanno operazioni redditizie.
Tradizionalmente queste operazioni consistevano nel prestare denaro ad imprenditori che creano beni e servizi oppure a consumatori. Però nell'ultimo decennio l'attività bancaria è cambiata ed è passata principalmente a forme di allocazione del risparmio in operazioni finanziarie speculative.
Grazie all'appoggio delle Banche Centrali (che continuano ad appoggiare le banche quando è necessario) e al grado di generale accettazione che tiene questo stato di cose, le banche hanno potuto aumentare i loro affari mantenendo una quota di riserva sempre più piccola, cosa che, logicamente ha incrementato i loro utili, ma che ha ingigantito i rischi e diminuito la solvibilità.
La conseguenza di tutto questo è lo straordinario aumento dell'instabilità del sistema e del rischio che questo si assume, e la domanda che oggi è inevitabile farsi è se in questa stupida corsa al profitto le banche non siano arrivate al parossismo e al rischio eccessivo.
Questo è un problema che riconoscono persino gli economisti liberali più sensati e coerenti quando criticano l'attuale regime delle banche e propongono un sistema di riserva bancaria al 100% per evitare di arrivare ad un vero e proprio collasso economico.
Forse è troppo ardito affermare che ci troviamo in questa situazione, sebbene io non mi arrischierei nemmeno a sottovalutarla.
Nei prossimi mesi, o forse in poche settimane, forse scopriremo quello che effettivamente sta succedendo nel sistema bancario.

 

6. E' una crisi che produce danni

Le autorità economiche sono solite parlare di questa crisi come se fosse qualcosa derivante dall’avaria di un meccanismo idraulico o di un’automobile, senza far riferimento ai milioni di individui che in realtà pagano con le proprie entrate, con il loro lavoro e con la loro sicurezza e benessere l’irrazionalità del sistema finanziario nel quale sono coinvolti i nostri risparmi. Come ogni altra questa crisi ha dei chiari danneggiati.
In primo luogo, i milioni di persone che negli Stati Uniti e in altri paesi hanno perso o stanno perdendo le loro case e i loro risparmi. O le proprie entrate, supponendo che non si può dimenticare che ogni volta che le banche centrali aumentano il tasso di interesse l’effetto immediato è un travaso di denaro dalle tasche delle famiglie e delle imprese indebitate a quelle dei banchieri. Così è.
In secondo luogo, le economie più deboli (come quelle periferiche dell’Africa, dell’America del Sud o dei paesi asiatici più poveri) dato che quando la crisi diventa più forte i capitali scarseggiano e la loro mancanza si nota specialmente nei territori che hanno maggior bisogno di investimenti e di risorse. E che sono anche quelli che fan fronte con maggiore difficoltà a tassi di interessi più elevati.
In terzo luogo, l’attività economica reale, le imprese e gli imprenditori dedicati alla produzione effettiva di beni e di servizi che sono, a loro volta, un anello marginale dell’economia rispetto all’investimento finanziario. Che è lo stesso che dire che la crisi si paga in termini di impiego, di attività economica e di creazione della ricchezza.

 

7. Ma la crisi ha anche dei beneficiari

Non tutti perdono con la crisi. Al contrario, da essa escono rinforzate le banche e i grandi possessori di capitali.
Da un lato, occorre tener conto che le banche impiegano solo una piccola parte del proprio patrimonio in titoli rischiosi, in modo che un rialzo dei tassi di interesse si ripercuoterà in modo favorevole nelle sue entrate totali.
Altro effetto della crisi darà che si concentrerà molto di più la proprietà di mezzi economici e finanziari.
Infatti questo è già successo con i beni immobili.
I grandi immobiliaristi e le banche hanno accumulato centinaia di migliaia di alloggi e di terreni che in gran parte sono stati finanziati gratis grazie alla bolla speculativa che loro stessi hanno contribuito a creare. Si calcola, per esempio, che le banche hanno acquisito circa la metà del suolo edificabile messo in vendita in Spagna negli ultimi 15 anni.
Adesso che sta sviluppando la crisi immobiliare continueranno ad accumulare immobili supposto che, grazie ad informazioni privilegiate, saranno quelli che avranno la possibilità di comprare a poco prezzo dalle famiglie e dalle piccole imprese costruttrici che si trovano con l’acqua alla gola. O semplicemente quelli che non avranno il minimo ritegno di prendersi le case quando sarà l’ora di recuperare i propri crediti di fronte a famiglie non in grado di pagare i debiti.
E se lo Stato (come è successo negli Stati Uniti) da’ aiuti alle famiglie affinché queste paghino i propri mutui ipotecari, la cosa che sta facendo è quella di garantire che le banche continuino a percepire le rate mutuo, e con interessi anche più alti.
Oltre a tutto questo quando si produce una crisi finanziaria i possessori di titoli che hanno meno patrimonio (i piccoli o medi risparmiatori, i fondi di investimento con minor liquidità o quelli che hanno calcolato peggio il rischio che dovevano o potevano assumersi) cercano di vendere in fretta i titoli “infetti”, che vengono poi acquisiti dalle grandi banche e dai fondi di investimento a prezzo di svendita, dato che possono accumulare titoli con redditività più bassa grazie al portafoglio molto grande che hanno e ai loro utili molto elevati.
Alla fine l’effetto della crisi immobiliare, della crisi finanziaria e della crisi dell’economia reale si trasmette, com’è logico, ai guadagni delle imprese e alle quotazioni di borsa delle loro azioni. E anche in questo mercato si producono movimenti massicci di vendita che porteranno i grandi investitori ad approfittarne per accumulare proprietà aziendali, concentrando così il potere nelle grandi banche e nelle grandi imprese sul complesso dell’economia.
L’esistenza di danneggiati e di beneficiari di questa crisi è ciò che dimostra chiaramente che non si tratta di mere questioni “tecniche” ma di autentici affari politici: sono le autorità politiche che facendo, non facendo o lasciando fare fanno sì che alcuni siano danneggiati ed altri siano avvantaggiati.

8. E’ una crisi che forse non sarà passeggera

Come è facile dedurre da quello che sto dicendo, una delle cause della crisi attuale (come di altre simili a questa che si sono prodotte negli ultimi decenni) è che l’economia mondiale si è portata  ogni volta più verso gli scambi finanziari. Invece che servire da strumento per gli scambi di beni e di servizi, il denaro si è convertito esso stesso in un oggetto di scambio. Quello che si compra e si vende sono gli strumenti di pagamento, i titoli finanziari, cioè carta per carta…. È quella che viene chiamata economia finanziarizzata e che è intrinsecamente instabile e propensa a creare crisi (per un’analisi dettagliata vedere il mio libro “Toma el dinero y corre. La globalización neoliberal del dinero y las finanzas”. Editorial Icaria, Barcelona 2006 – “Prendi il denaro e scappa. La globalizzazione neoliberale del denaro e della finanza”).
Questo tipo di economia si è qualificata come “da casinò”, perché si basa sulla speculazione, perché in essa predomina il rischio abissale e incerto (in cambio, questo sì, di guadagni enormi) e porta logicamente al fatto che le crisi si producano con inusuale frequenza.
La generalizzazione della speculazione finanziaria obbliga i soggetti economici a camminare sempre come degli equilibristi su una corda, senza una base reale, sempre in equilibrio. Però come dice il vecchio proverbio cinese, nessuno può restare in equilibrio per molto tempo.
Per questo si sapeva che la crisi dei mutui doveva scatenarsi prima o poi. Arriverà un momento nel quale le famiglie con reddito più basso ma con mutui crescenti non riusciranno più a pagarli. Il livello dell’indebitamento che oggi è presente nell’economia statunitense, in quella spagnola o in altri paesi, è materialmente insostenibile. Al momento si è verificato qui ma si verificherà anche in altri paesi.
Il motivo di questa situazione è duplice. Da un  lato ho già detto che la crisi non produce solo danneggiati ma anche grandi e privilegiati beneficiari. E questi hanno il potere sufficiente per far sì che le cose continuino a favore dei loro interessi anche se portano crisi e problemi per la maggior parte delle persone. Inoltre risulta che è impossibile evitare questo tipo di crisi nel contesto finanziario e globale del capitalismo neoliberale dei nostri giorni. Quando si accende la scintilla si può tentare di spegnerla, come hanno cercato di fare le banche centrali, si possono porre dei rimedi passeggeri, però è inevitabile che la fiamma si estenda a tutte le economie e a tutti i settori dell’attività economica.
Tutto questo vuol dire che il terreno dove si è sviluppata la crisi attuale non è solo quello dei mutui ipotecari, e che sarà più o meno facile arrestarla a seconda di come funzionerà l’economia capitalista dei nostri giorni nel suo intorno. Cosa che è molto più difficile da controllare, soprattutto, quando non c’è nessuna intenzione di farlo.
Il settore immobiliare, in primo luogo, salterà prossimamente in aria in paesi come la Spagna, dove ha generato bolle speculative; e dopo di questo, forse alcuni settori bancari e finanziari. In seguito è inevitabile che arrivi una nuova fase recessiva che potrebbe essere duratura se non si adotteranno mezzi d’urto rapidi e schiaccianti sotto forma, principalmente di incremento dei consumi.
Disgraziatamente, quest’ultimo punto oggi non tiene nessuna chiave di lettura che non sia la spesa militare come fattore antirecessivo, e questo mi permette di prevedere che se la crisi continuerà, sentiremo battere i tamburi della guerra.
Chissà che mi sbagli.

 

9. E’ una crisi stimolata e permessa dalle banche centrali

È molto importante far risaltare che le banche centrali sono state uno dei principali fattori responsabili della crisi ipotecaria e finanziaria che stiamo vivendo.
Possiamo dire che le banche centrali sono responsabili della crisi, almeno, per tre ragioni fondamentali.
In primo luogo perché a loro è affidato il compito di vigilare sul sistema bancario, sul controllo del rischio e prevenirne le conseguenze. E hanno i mezzi per poterlo fare… se lo desiderano.
Il loro poco controllo sull’aberrante e irrazionale comportamento dei mercato dei mutui ipotecari, l’indifferenza di fronte ai sacrifici economici che le banche impongono a milioni di famiglie, il via libera alle banche nell’imporre condizioni draconiane nei prestiti, la loro cecità complice davanti al deterioramento della solvibilità han favorito l’inizio della crisi ipotecaria come primo ed immediato effetto del problema economico e finanziario che oggi stiamo vivendo.
Anche se alcuni governi ed alcuni leader mondiali stavano avvertendo da mesi sulle conseguenze del rischio che si stava accumulando nei fondi di investimento speculativi, sul pericolo globale che questo portava, e sulla necessità di nuove regole per dare maggiore sicurezza all’economia mondiale. Ma le banche centrali, che sono i soggetti che dispongono delle maggiori informazioni su queste cose e che sapevano bene che problema si stava generando, si sono zittite e hanno permesso che per tutto questo tempo si accumulasse volatilità sui mercati e un pericolo certo di recessione provocato dalla fiammata originata dai flussi finanziari.
In secondo luogo, perchè che le banche centrali sono i garanti dell’ipertrofia finanziaria e del primato della finanza sull’economia reale. Queste istituzioni e la politica di cui sono portavoce costituiscono il sostegno principale della speculazione finanziaria e del privilegio che questa ha nei confronti dell’attività economica reale orientata alla creazione di ricchezza.
È ovvio che la politica monetaria è uno strumento essenziale della politica economica generale per guidare l’attività economica. Però nelle mani delle banche centrali si limita a controllare i prezzi (cosa di cui beneficiano soprattutto i ricchi e il capitale, perché grazie a questo vengono garantiti salari ridotti e maggiore retribuzione al capitale finanziario) dimenticando qualsiasi altro obiettivo come la crescita economica o quella dell’impiego. E ho già segnalato come questa finanziarizzazione sia il vero fertilizzante della crisi.
Infine, perché le banche centrali si limitano a questi comportamenti  fino a che, alla fine, legano mani e piedi ai governi che non hanno la capacità di manovra per adottare mezzi che possano portare l’economia per altre strade.
Le banche centrali, schiave di un’ortodossia senza base scientifica (visto che non si è mai dimostrato che i postulati sui quali si basa la teoria economica o quella monetaria siano più convenienti o migliori di un altri) non mangiano e non lasciano mangiare nell’economia dei nostri giorni: come la crisi di queste ultime settimane sta dimostrando,  alla fine sono meri strumenti al servizio del mantenimento dello status quo bancario e del potere monetario e finanziario globale.
Il loro ruolo perverso è così chiaro che anche alcuni governanti di destra più lucidi, come Sarkozy, cominciano a denunciarlo. È che è molto difficile che un piromane passi inosservato quando vuole fare il pompiere.

10. Ed è una crisi che potrebbe essere evitata con altre politiche e con altri obiettivi sociali

Per finire occorre domandarsi se crisi come questa che stiamo vivendo sono inevitabili o se, al contrario, ci sono mezzi per evitarle.
Secondo me, sarà molto difficile che gli speculatori smettano di esistere nel contesto del capitalismo finanziarizzato dei nostri giorni. Come dicevo prima sono consequenziali alla logica compulsiva dell’interesse e all’ipertrofia dei flussi finanziari e delle attività speculative che sono intrinsecamente instabili e volatili.
Però questo non vuol dire che non ci sia rimedio. Ci sono formule e strumenti sufficienti perché la società non debba sopportare questi costi tremendi e perché le economie non siano sottomesse al fallimento costante, allo sperpero, all’inefficienza e al blocco permanente.
In queste poche righe non posso sviluppare in modo completo i miei progetti alternativi, che oggi cominciano ad essere disponibili nella letteratura economica non neo-liberarle. Mi limiterò a presentare come esempio e senza la pretesa di essere esaustivo, ciò che considero più importante e più significativo.
- Per evitare la crisi dei mutui ipotecari occorre evitare che le abitazioni siano un patrimonio creato per generare utile attraverso l’accumulazione e la speculazione. E quindi che gli strumenti con i quali finanziarne l’acquisto non si trasformino in una fonte di nutrimento per i mercati finanziari secondari intrinsecamente instabili e generatori di crisi. I governi hanno i mezzi per assicurare che le abitazioni siano quello che dovrebbero essere, una soluzione al problema sociale della casa e non attività per canalizzare il risparmio dei ricchi e per costruire fortune speculative.
Per questo si possono stabilire priorità nell’acquisto di terreni, controllo dei prezzi e politiche fiscali che disincentivino la speculazione su beni sociali di base. Può e deve spezzarsi il legame fra il mercato immobiliare e i flussi finanziari assicurando fonti stabili ed accessibili al credito senza vincoli ai mercati secondari che, come abbiamo visto, sono fonte di crisi finanziarie.
- Per evitare le crisi finanziarie sarebbe necessario, e desiderabile, un’autentica regolamentazione finanziaria a livello internazionale che facesse saltare in aria tutti i meccanismi che trasmettono la speculazione e la volatilità nelle attività economiche. Forse basta mettere, come disse anni fa James Tobin, un po’ di sabbia negli ingranaggi della finanza internazionale per disincentivare questo tipo di logica finanziaria. Sabbia sotto forma di imposte e tasse internazionali, sradicamento dai paradisi fiscali, trasparenza e controllo e, soprattutto, la creazione di fonti pubbliche di credito che garantiscano il funzionamento dell’attività economica con indipendenza da  tutti i disequilibri e volatilità dei mercati.
- Per evitare la crisi di insolvenza bancari e per limitare l’irrazionale ed eccessivo potere bancario che provoca crisi e squilibri costanti è necessario stabilire un sistema basato nella piena copertura delle riserve bancarie.
- Per evitare che le crisi locali si convertano in crisi globali occorre, soprattutto, finire con il regime di piena libertà nei movimenti di capitale. Questo regime è giustificato solo per garantire maggiori guadagni ai proprietari di capitali, visto che oggi non c’è alcuna legge scientifica che possa assicurare che in questo modo si ottengano migliori risultati nella produzione di beni e servizi e nell’attività economica in generale.
- Per evitare gli effetti della crisi finanziaria nell’economia reale è necessario, logicamente, evitare i meccanismi che ho appena segnalato e soprattutto controllare la ipertrofia di flussi finanziari e garantire fonti di finanziamento nella vita economica che non siano legate alla logica del guadagno ma che siano in funzione dei bisogni sociali.
- Per evitare che questa crisi aumenti le disuguaglianze creando milioni di poveri e pochissimi ricchi occorre stabilire un valore sociale alle imposte, creare un sistema fiscale internazionale e meccanismi internazionali di redistribuzione del reddito.
- Per evitare che le banche centrali continuino al servizio esclusivo dei più ricchi e che siano schiave di una retorica economica fondata sull’errore, che aiuta la recessione e le crisi economiche, occorre modificare la loro natura, sottometterle al controllo pubblico e alle istituzioni rappresentative e garantire che la politica monetaria sia legata effettivamente a temi economici come il pieno impiego, l’equità ed il benessere sociale.


Naturalmente tutto questo, che è pienamente possibile, non può essere messo in pratica se i cittadini non sono capaci di negare lo stato attuale delle cose, e di imporre la propria volontà sopra quella dei mercati dove governano i forti, e per questo bisogna che siano coscienti non solo della natura reale di questi problemi economici ma che abbiano il potere sufficiente per far diventare i propri interessi volontà sociale e quest’ultima decisione politica. Vale a dire, che la maggior parte dei cittadini possa fare quello che da tempo immemorabile fanno solo i ricchi e i potenti.

Juan Torres López è professore di Economia Applicata all’Università di Malaga (Spagna). Il suo sito web è www.juantorreslopez.com

Note:

(1)Questo articolo è stato scritto la scorsa estate. E’ interessante notare l’andamento degli indici della borsa negli ultimi sei mesi:
S&PMib -48,20% (-20,15 performance a 1 mese).
Mibtel -44,59% (-18,32% a 1 mese).
L’indice delle maggiori aziende europee, il DJ Euro50 Stoxx segna negli ultimi 6 mesi un -44,27%;
l’indice delle maggiori aziende americane (S&P500) -44,192%.

(2) Da sei mesi a questa parte i tassi di interesse, sono drasticamente discesi. Oggi abbiamo un tasso di riferimento della Banca Centrale Europea all’1,5% (ricordiamo che negli Stati Uniti il tasso di sconto è arrivato attualmente ad un minimo storico che oscilla fra 0 e 0,25%) e un tasso euribor a 3 mesi (il riferimento per i mutui a tasso variabile) attorno all’1,7%. Sei mesi fa questo valore era superiore al 4,8%.
La diminuzione dei tassi di interesse ha portato un beneficio alle famiglie riducendo le rate dei mutui ipotecari, ma questo solo per i vecchi contratti. Oggi i tassi sono scesi ma i nuovi contratti di mutuo vengono stipulati con spread (il guadagno della banca, il tasso che si somma al tasso-base euribor per avere il tasso finale) più elevati e che portano il tasso finale medio attorno al 4%.
Faccio notare anche un altro fenomeno. Nei mesi di tassi di interesse piuttosto alti i debitori, spaventati dalla rata a tasso variabile e dalla possibilità che questa potesse aumentare ulteriormente, hanno chiesto alle banche di rinegoziare il mutuo e di cambiare il tasso da variabile a fisso. In tal modo potevano contare su una rata “certa” e non ci sarebbero state ulteriori sorprese nel futuro. Questa mossa non ha portato a nessun vantaggio. I tassi variabili sono successivamente scesi di molto e chi aveva rinegoziato con la banca il tasso di interesse da variabile a fisso oggi si trova con una rata certa molto più alta.
Un’ultima nota. Dicevo che la discesa dei tassi ha portato dei benefici per i vecchi clienti di mutui a tasso variabile. Purtroppo però il cattivo andamento congiunturale, le casse integrazioni, le perdite del lavoro da parte dei precari, hanno fatto diminuire il potere d’acquisto delle famiglie per le quali oggi la rata del mutuo anche se più bassa è comunque un impegno piuttosto difficile da onorare.
E da qui tutta una serie di ritardi e di insolvenze nei pagamenti.
In questo modo i mutui che erano stati ceduti e cartolarizzati (fatti diventare delle obbligazioni) diventano un credito esigibile a rischio e chi ha nei propri portafogli-titoli questo genere di obbligazioni derivanti da mutui ipotecari, vede i propri crediti passare da “sicuramente solvibili” a gradi di solvibilità più bassa. Questo è uno dei casi nei quali un titolo si trasforma in quelli che oggi vengono chiamati “titoli tossici”.

La diminuzione dei tassi di interesse ha fatto diminuire anche i rendimenti dei Titoli di Stato, l’investimento considerato in questo periodo più sicuro visto che è garantito dallo Stato emittente.
Il debito italiano a breve, i Bot a 3, 6 e 12 mesi, oggi garantiscono interessi lordi di poco superiori all’1%, con un investimento in BTP a 2 anni si arriva intorno ad un 1,90%.
I titoli emessi dalla Repubblica Tedesca, considerati l’investimento più sicuro in assoluto, non arrivano ad un 1% lordo  se hanno scadenza fino ad un anno, pagano circa l’1,13% per scadenze attorno ai 2 anni.

 

Traduzione e note a cura di Erika Steiner per italiasociale