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Ettore Petrolini: l’arte della (vera) dissacrazione

di Marco Iacona - 19/03/2009



Un iconoclasta, un cinico che ama menare sopra e sotto la cintola, e a volte anche se stesso. Un libero e sincero anticonformista. Un uomo pieno di fantasia, da essere perfino eccessivo. Ecco: vi presentiamo Ettore Petrolini, sguardo da furbo (di chi sa di esserlo…), sorriso da conquistatore, eleganza innata ma mai dimentica delle proprie origini popolari, e posa da eterno, ironico, commediante. Al teatro diceva anche le “zozzerie” ma come ogni genio istintivo sapeva divertire anche col semplice niente.
Petrolini era nato in quel di Roma nell’inverno del 1884 ed era nato già attore. Si rivelò durante una tournée teatrale in America del Sud ed in seguito venne amato anche dai futuristi (coi quali nacquero alcune collaborazioni) e da Massimo Bontempelli che ne scrisse con entusiasmo. I suoi primi palcoscenici furono però la strada ed il riformatorio. Venuto su ai margini di un ambiente culturale a dir poco eccezionale fra tradizione, dannunzianesimo, pirandellismi, crocianesino e “cose” varie ed eventuali (basterebbero solo queste, oggi, a far grande il nostro Paese…), Petrolini riuscì a ritagliarsi uno spazio così importante tanto da essere oggi considerato un maestro imprescindibile nell’arte della comicità, e dunque diciamolo della storia del costume tout court. Soprattutto nel genere del grottesco e dell’arte dell’“imbecillità”, da sempre fra i generi di comicità più genuini, più veri, e più complicati (a volte, se va bene, passi semplicemente per un idiota e… basta).
Fu un uomo fra i più dissacranti del suo tempo; fu anche al centro di discussioni sull’arte dell’improvvisazione (del quale era maestro…) e come tale, in anni di grandi cambiamenti nella filosofia e nello stile interpretativo, seppe dividere la critica. Fu talmente geniale, che è quasi impossibile oggi pensare ad un genere comico (dal non-sense al cabaret, dalle esibizioni per il “popolo” alla parodia più raffinata, dalla canzonetta alla semplice fulminante presa in giro, ed altro ancora), senza chiamare ripetutamente in causa la sua arte. Fu un maestro della parola senza eguali. 
Petrolini non guardava in faccia nessuno. Canzonava le celebrità di ogni tempo e luogo. Sapeva prendere in giro con eleganza perfino quel regime fascista le cui avventure egli incrociò in età abbastanza adulta. Peraltro è rimasta celebre in tempi nei quali l’opera lirica e la tradizione ad essa legata, erano uno dei principali beni artistici del Paese la sua sonante presa in giro della Traviata: «Pura siccome un angelo / Iddio mi diè una figlia / che manteneva intrepida / tutta la sua famiglia», eccetera eccetera. La sua cifra stilistica era comunque di tipo “veristico” nel senso che il termine poteva assumere per un macchiettista. Petrolini si considerava un «ladro» che portava sulla scena «tutto quello che nella vita» era in grado di osservare e rubare.
Il suo personaggio più noto è certo quel Gastone il megalomane che dice di conoscere e saper fare tutto (in realtà parodia del tipo alla Gabriele D’Annunzio), che come figura nasce più o meno dalle ceneri della Grande guerra, ed è facilmente riconoscibile pure ai giorni nostri, malgrado le parentesi neorealistiche, le crisi ricorrenti e la “democratizzazione” dei costumi. Il personaggio Gastone è così azzeccato e coinvolgente da avere anch’esso pochi rivali nella storia dello spettacolo parodistico del Novecento.
Eclettico come ogni grande mente, oltre che comico di varietà e monologhista, Petrolini fu uno scrittore e un attore di prosa. Interpretò i propri testi nati da spunti macchiettistici (Chicchignola), e i testi appositamente scritti per lui e adattati alla sua figura (Ojetti e Gotta) e poi ancora interpretò Pirandello, dalle cui idee sarà in qualche modo ispirato, e Moliére. Infine si dedicò anche al cinema e venne diretto da Alessandro Blasetti nella nota pellicola Nerone (1930).
Ghermita la fama anche se faticò soprattutto agli inizi della carriera, oramai noto, morì ad appena 52 anni dopo aver raggiunto il meritato successo anche nelle principali capitali europee. Insieme a varie raccolte dei suoi motti di spirito, sul suo conto girano alcuni aneddoti probabilmente falsi: Petrolini non avrebbe rinunciato ai lazzi neppure in punta di morte. Il massimo per un attore comico, dissacrare la triste compagna che lo avrebbe portato via alla fine di giugno del 1936.
In quell’estate romana, a due mesi dal nostro Impero, se ne andava così per sempre l’imperatore della risata… Ti ha piaciato?