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La NATO espugna la Francia

di comidad - 19/03/2009

 
Il prossimo 4 aprile la NATO festeggerà il suo sessantesimo compleanno, e la felice ricorrenza sarà ulteriormente allietata dal ritorno all’ovile della Francia, uscita nel 1966 dal comando integrato dell’alleanza per decisione dell’allora presidente della Repubblica francese, De Gaulle. L’attuale presidente francese, il “gollista” Sarkozy, ha spiegato il suo rientro nei ranghi con la necessità di far fronte alle sfide globali del nostro tempo, prima tra tutte il terrorismo.

Nel 1966 l’Unione Sovietica possedeva l’esercito più numeroso del mondo ed una quantità di missili a testata nucleare che, seppure fosse di molto inferiore a quella in possesso degli Stati Uniti, era comunque in grado di distruggere l’intero pianeta anche un paio di volte. Eppure queste minacce, secondo il generale De Gaulle, non erano sufficienti per giustificare la cessione della propria sovranità e del proprio territorio all’ “alleato” statunitense; mentre per il “gollista” Sarkozy basta invece la minaccia del terrorismo per rendere accettabile e urgente la sottomissione alla disciplina NATO. Ma c’è da essere certi che, in mancanza del terrorismo, a Sarkozy sarebbe bastato come pretesto anche la guida in stato di ubriachezza, o gli scippi o i pensieri impuri prima di addormentarsi.



Dal 1989 la NATO ha perduto ogni legittimità politica e qualsiasi giustificazione strategica, ma ciò non ha affatto impedito l’espansione a macchia d’olio di una “alleanza” militare che, non solo ha saputo sopravvivere alla mancanza di nemici, ma ha dimostrato brillantemente di potersi inventare i nemici volta per volta, a seconda delle esigenze del momento. La NATO vive di pretesti ed è essa stessa un pretesto, perciò Sarkozy per rientrarci poteva inventarsi la scusa che voleva, senza che nessun commentatore ufficiale ci trovasse niente da obiettare. La connivenza della stampa francese nei confronti della scelta di Sarkozy arriva a meno di un anno dalla strage di soldati francesi in Afghanistan - avvenuta nell’agosto del 2008 -, una strage che aveva innescato un acceso dibattito mediatico per placare un’opinione pubblica irritata dall’oscurità dei motivi della partecipazione francese all’avventura afgana. A distanza di un breve lasso di tempo quella polemica appare cancellata dalla memoria dei media francesi.

La Francia non ha sul suo territorio basi NATO o americane, come invece capita non soltanto a Paesi sconfitti nella seconda guerra mondiale, come la Germania e l’Italia, ma anche alla Gran Bretagna, che formalmente è un Paese vincitore, eppure ha parti del suo territorio che sono sotto l’esclusivo controllo degli Stati Uniti. La Francia non subisce un’occupazione militare come altri Stati europei, dispone di un armamento nucleare che è il terzo al mondo per quantità e qualità, perciò avrebbe avuto la possibilità di negarsi alla colonizzazione militare che gli USA operano attraverso la NATO. Tale colonizzazione militare costituisce notoriamente la premessa di un colonialismo commerciale, dato che le basi militari statunitensi veicolano ogni genere di merce illegale nei territori da loro occupati, perciò la criminalità comune del luogo viene arruolata dalle forze armate del Paese occupante in funzione collaborazionistica, con tutti gli effetti di destabilizzazione sociale che ciò comporta.

I business del futuro inoltre si caratterizzano sempre più nel senso della pura oppressione: è il caso della privatizzazione dell’acqua che sta già passando sotto il monopolio delle multinazionali. In Italia il governo Berlusconi ha privatizzato l’acqua nell’agosto scorso, facendo approvare in silenzio dal Parlamento l’articolo 23bis del Decreto 112 del ministro Tremonti, un Decreto diventato la delittuosa Legge 133/2008 (è la stessa legge che ha privatizzato anche i patrimoni immobiliari delle Università e i beni del Demanio dello Stato). Sarebbe impensabile per le multinazionali gestire un business dell’acqua senza un controllo militare del territorio e della popolazione, ovvero senza avere a disposizione la NATO ed il suo rapporto privilegiato con la criminalità organizzata del luogo. De Gaulle si era rivelato preveggente a voler tenere la Francia fuori da rischi del genere.

Gli Stati Uniti sono invece riusciti in pochi anni a “conquistare” la Francia semplicemente cooptando il suo gruppo dirigente. Secondo il giornalista Thierry Meyssan, il presidente Sarkozy è un agente della CIA: l’ipotesi è plausibile, ma non basta a spiegare l’acquiescenza della potente burocrazia amministrativa e militare della Francia alle decisioni del suo presidente. Anche il coinvolgimento da parte delle multinazionali anglo-americane della compagnia petrolifera francese Total nell’affare del contrabbando del petrolio iracheno, non costituisce un motivo sufficiente a spiegare una decisione irreversibile come quella appena presa da Sarkozy; anzi potrebbe comportare per la Total persino una perdita di potere contrattuale rispetto ai suoi soci statunitensi, proprio perché l’aderire senza riserve alla NATO comporta una maggiore sottomissione al cosiddetto “alleato” americano.
La cooptazione del gruppo dirigente francese deve perciò aver seguito altre strade, tali da fargli perdere di vista anche il proprio tornaconto.

In questi ultimi mesi è tornato all’attenzione dei media il vecchio tema massonico del “governo mondiale”. Si tratta di un semplice mito, poiché per l’oligarchia affaristico-coloniale che già controlla le Corporation, il Fondo Monetario Internazionale e - di riflesso - le varie banche centrali, un governo mondiale, palese o occulto che fosse, costituirebbe un orpello superfluo.
Ma appunto il mito, in quanto mito, svolge una notevole funzione nella cooptazione dei gruppi dirigenti dei vari Paesi. Le varie filiazioni massoniche, come la Commissione Trilaterale, il Gruppo Bilderberg, l’Ordine Martinista Universale, gli Illuminati e la Massoneria stessa, svolgono per l’oligarchia la funzione di apparati di pubbliche relazioni, che servono a creare nei dirigenti dei Paesi colonizzati l’illusione di stare partecipando alle riunioni di un governo mondiale dove si decidono i destini planetari.

L’affiliazione a queste organizzazioni pseudo-segrete (su cui in realtà le notizie vengono centellinate ad arte), rappresenta il traguardo dell’arrivismo personale di tante mezze figure del potere politico ed economico europeo, che si abituano a scodinzolare dietro i potenti che sembrano degnarli della loro attenzione e della loro stima, e perdono ogni rispetto di sé sottoponendosi a ridicoli e puerili rituali di iniziazione.
Illudere, corrompere ed asservire tutte queste mezze figure - salvo poi disfarsene ad uso avvenuto -, costituisce per l’oligarchia coloniale un espediente per far passare scelte suicide per il destino dei vari Paesi, poiché le tante mezze figure, messe insieme, avrebbero rappresentato una resistenza insormontabile se avessero fatto valere i propri interessi. È uno schema di dominio che sembra aver funzionato anche nel caso della burocrazia e del ceto politico francesi. Molto del seducente potere corruttivo del colonialismo è basato su questi aspetti illusionistici, su aspettative infondate di riuscire ad entrare finalmente nel giro che conta. Mentre il mito del governo mondiale è solo un’esca lanciata ai carrieristi ed ai bazzica-logge dei Paesi colonizzati, il vero mito fondante dell’oligarchia coloniale è quello della sua superiorità razziale, perciò nei giri che davvero contano i parvenu sono esclusi per principio. Ma vallo a spiegare agli arrivisti.