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La lezione dello svizzero De Benedetti

di Andrea Angelini - 23/03/2009

 

 
La lezione dello svizzero De Benedetti
 



Quando si vive all’estero e si possiede la cittadinanza di un altro Paese, è molto facile parlare dell’Italia e dare lezioni dall’alto di una cattedra, sulla quale bisogna però vedere se il soggetto in questione ha i titoli per issarsi. E’ quanto succede a Carlo De Benedetti, finanziere ed industriale non baciato dal successo (vedi il crack dell’Olivetti), già cittadino italiano e da qualche mese cittadino svizzero, che, intervenendo a una tavola rotonda al Manifutura Festival di Pisa, ha largheggiato nel termine “stupidaggine” per commentare le azioni degli altri. In particolare quelle del governo guidato dall’odiato nemico Silvio Berlusconi. L’abolizione dell’Ici è stata” una stupidaggine”, ha infatti tuonato il proprietario dell’Espresso e di Repubblica, scordandosi che si è trattato di una misura a favore del cittadino medio che infatti la ha accolta con favore. Certo, ha ammesso l’Ingegnere, non è che si potesse fare molto di più con i vincoli di bilancio a cui l’Italia è legata per restare nel sistema dell’Euro ma si potevano fare “scelte diverse”. Il finanziere, ha ammesso di non sapere quanto sarà lunga la crisi economica, perché privo di una sfera di cristallo. E di non essere né ottimista né pessimista. Ma ha definito “una pia illusione” pensare che la ripresa ci sarà nel 2010. Quella in atto infatti non è una crisi congiunturale ma sistemica, sarà una crisi lunga, e quindi anche usare la parola ripresa rappresenta “una stupidaggine”. E due! Non si tratta, a suo dire, di riprendere il filo di una matassa ma si deve invece inventare una nuova matassa e pensare a qualcosa di nuovo rispetto al passato. Non si può far ripartire l’economia come nelle precedenti e recenti crisi. Già, ma che cosa si può fare ? Non sapendolo indicare, De Benedetti si è attaccato all’ovvio e al già detto. E dopo aver spiegato che i governi, compreso quello di Obama, non sanno cosa fare e sembrano sparare nel buio, ha ammonito che dalla crisi non si uscirà con le ricette emerse dai vari vertici del G20 o del G8, i quali si sono ormai trasformati in dei fine settimana all’insegna del turismo politico. Affermazione con cui in linea di massima si può pure concordare.
In ogni caso, specialmente per un Paese come l’Italia, si possono fare tre cose “fondamentali”. In primo luogo, la risistemazione del sistema finanziario con le collegate necessità e urgenza di tornare a fornire credito alle imprese. La seconda implica un nuovo sistema di ammortizzatori sociali per i tre milioni di lavoratori precari che verranno tutti licenziati, un fatto che provocherà problemi sociali di non poco conto. Terza ed ultima, si deve creare un po’ di inflazione, stimolando la domanda più che l’offerta. Ad esempio attraverso “una detassazione selvaggia” (testuale) per tutti i lavoratori con stipendi mensili fino a 2.500 euro. In questa fase, ha insistito, bisogna prendersi cura della deflazione in cui ci troviamo immersi, in modo da non finire in depressione. Del resto questo è quanto stanno facendo alcune banche centrali come la Federal Reserve che stanno creando una maxi inflazione per i prossimi due, tre o quattro anni. C’è da tenere presente, ha continuato. che oggi noi siamo solo nelle condizione di effettuare una scelta fra due mali.
De Benedetti ha voluto accentuare le implicazioni sociali del secondo punto, quello della perdita del posto di lavoro per tre milioni di precari. Se non esistono ammortizzatori sociali, ha ammonito, quei lavoratori che fino a ieri guadagnavano 1.200-1.400 euro al mese e si trovano improvvisamente a stipendio zero, non potranno far altro che andare a rubare. L’Ingegnere ha citato il caso di Modena, dove dopo i massicci licenziamenti di precari, si è registrato un aumento della microcriminalità, come i furti nei supermercati da lui indicati come “furti di sopravvivenza”. Se la situazione dovesse peggiorare, ha insistito, non potrà che esserci uno sfogo nella “convivenza sociale del Paese”. Di chi è la colpa? Dei sindacati, ovviamente, che non hanno voluto concedere la flessibilità al mercato del lavoro. E’ stato trovato uno sfogo sul precariato, ha lamentato, e adesso “si raccolgono i risultati della rigidità nel mondo del lavoro”. Progressista ma pur sempre padrone.