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L’acqua in mano alle multinazionali

di Andrea Perrone - 23/03/2009

 

 
L’acqua in mano alle multinazionali



Decenni di politiche scellerate, guidate soltanto da logiche neoliberiste hanno messo in luce le crescenti difficoltà che privano di acqua la metà della popolazione mondiale. Con l’obiettivo di inserire la crisi idrica planetaria nell’agenda internazionale si è aperto il 16 marzo scorso a Istanbul il quinto Forum mondiale dall’ambizioso titolo: “Colmare il divario per l’acqua”, che si chiuderà il 22 marzo. L’iniziativa è stata organizzata dal Consiglio mondiale dell’acqua, un think-tank privato strettamente legato alla Banca Mondiale, alle multinazionali dell’acqua e alle politiche dei governi più potenti del mondo, che ritengono le risorse idriche un bene da sfruttare e come tale intendono gestirlo.
Seppure partecipino anche alcune Organizzazioni non governative, poteri locali e parlamentari, in realtà questa agenzia di natura privatistica è in grado di convocare governi ed organismi internazionali per definire le linee fondamentali dell’uso, della proprietà, della gestione delle risorse idriche secondo logiche commerciali e liberiste.
Il Forum è organizzato a cadenza triennale e in genere vede la partecipazione dei ministri dell’ambiente di 180 paesi, che con oltre a 3.000 organizzazioni e 20.000 professionisti si sono confrontati sulle scelte da fare per tutelare l’acqua. Una tutela che favorisce non i fruitori di un bene pubblico ma le multinazionali interessate ad incrementare i loro introiti economico-commerciali. Per opporsi alle scelte dei poteri forti molte organizzazioni e associazioni ambientaliste che non sono state invitate, hanno organizzato un Forum alternativo per esprimere la loro netta opposizione alla costruzione di dighe che assetano i più poveri.
Il diritto all’acqua per milioni di persone nel mondo è diventato una pia illusione. Dai primi anni novanta infatti abbiamo assistito ad un fenomeno globale di privatizzazione incoraggiato dalla Banca Mondiale e dalle norme di liberalizzazione del commercio elaborate dal World Trade Organization (Wto), che puntano alla scomparsa del ruolo dello Stato e al prevalere delle regole imposte dalle multinazionali. Il cambiamento ebbe il suo inizio in Gran Bretagna nel 1989 sotto il governo del premier Margaret Thatcher, la cosiddetta Lady di ferro fautrice dei processi di privatizzazione in tutti i settori. Nel 1992 una conferenza internazionale a Dublino organizzata dalle Nazioni Unite fece sue le aperture alle soluzioni di mercato, ponendo l’accento sul principio che l’acqua ha un valore economico e deve essere considerata un bene alla stessa stregua. Sia il Fondo monetario internazionale sia la Banca mondiale avevano fatto della privatizzazione una delle condizioni imprescindibili per il finanziamento dei progetti idrici. Tanto che la conferenza di Dublino era giunta tre anni dopo dall’utilizzo delle logiche di mercato della Thatcher e un anno prima che il sistema fognario a Buenos Aires fosse ceduto in appalto a grandi compagnie straniere.
Il pretesto continua ad essere sempre lo stesso ovvero dispendio di acqua a causa dei servizi pubblici obsoleti, necessità di razionalizzare privatizzando in modo da far arricchire le grandi multinazionali provocando un impennata dei prezzi delle risorse idriche a danno dei cittadini e una crescente disoccupazione fra gli addetti ai servizi. In molti Paesi si è sviluppata negli anni successivi una forte protesta popolare per la difesa e la riappropriazione delle risorse idriche dell’America Latina e non solo: Argentina, Cile, Malaysia, Nigeria, India. La distruzione del diritto alle risorse idriche è diventato così un fenomeno di portata mondiale.
Nel rapporto mondiale dell’Onu sullo sviluppo delle risorse idriche: “L’acqua nel mondo che cambia”, presentato di recente al Palazzo di Vetro a New York, si è voluto sottolineare, fra l’altro, che entro il 2030, a causa dei cambiamenti climatici ma anche della rapida crescita demografica, quasi la metà della popolazione del pianeta vivrà in regioni ad alto stress idrico, tra cui in particolare l’Africa che avrà fra i 75 e 250 milioni di abitanti sottoposti a tale pressione. Il rapporto, ha puntato anche il dito contro una diffusa capacità gestionale e la crescente domanda di energia che hanno accentuato la pressione sulle risorse idriche mondiali in continua diminuzione. Secondo l’Onu la situazione idrica mondiale è già preoccupante perchè più di un miliardo e 200 milioni di persone non hanno accesso sufficiente alle fonti di acqua pulita e quasi altri due miliardi di esseri umani vivono senza servizi igienici. Un sistema questo messo in atto dall’acquisizione crescente da parte delle multinazionali di un bene indispensabile come l’acqua.