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In piena crisi globale irrintracciabile l’alternativa al “pensiero unico”

di Vittorangelo Orati - 31/03/2009

Fonte: finanzaitaliana


 

 
 


Vittorangelo Orati, scherzosamente ma non troppo, ha inventato da tempo per sé la qualifica di “economologo”. Un neologismo volto a marcare la differenza rispetto a coloro che egli definisce ironicamente gli “economisti-ci”, economisti cioè che in realtà, più che alla scienza si rifanno a una fede. E poco importa quale fede sia.
A questa sua “vis polemica”, ostentatamente eterodossa ed iconoclasta, ma che è in realtà un disperato richiamo al rigore intellettuale ed alla logica cui ogni vera “scienza” dovrebbe conformarsi, Finanza Italiana dedica da questo numero un’apposita rubrica.
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Chi nutrisse speranze su una attuale possibile cultura alternativa al “pensiero unico”, persino da parte di chi se ne proclama irriducibile oppositore e pronto al ricambio, è un grande illuso.
Vogliamo segnalare una prova sul campo di ciò che da tempo denunciamo.
Domenica 5 ottobre scorso sia sul quotidiano della Confindustria sia sul sedicente quotidiano comunista “Il Manifesto”, a proposito della “lettura” della attuale immane crisi globale era possibile imbattersi in una analoga indicazione sul modo di uscirne ed in una comune elegia del lascito scientifico di Hyman Minsky, economista post-keynesiano ( dove il post e il trattino sono essenziali per scandire la irriducibile differenza trai veri keynesiani come Minsky ed i “neo-keynesiani”, catalogabili secondo i post-keynesiani come inautentici continuatori e infedeli adepti di Lord John Maynard Keynes).
Evidentemente l’economista statunitense è evocato dai due autori con modalità diverse, ci mancherebbe!
Nel caso di Marco Vitale, sul foglio rosa di viale dell’Astronomia, l’ “autorità” di Minsky viene tirata in ballo per suffragare in modo non beceramente beota - ovvero monetarista, neomonetarista-neoclassico, aspettativo-razionale, neosmithiano, neocontrattualista o anarcocapitalista ( public choice), come avviene solitamente per gli abituali collaboratori de “Il Sole 24 Ore” ( Zingales, Alesina e gli altri sacerdoti della religione del “Mercato” con fonte battesimale nelle acque del lago Michigan dei Chicago Boys) - la posizione del maggioritario partito degli “eccessivisti”. Quelli, per intendersi, che sono per il ritorno (?) all’etica del capitalismo (in realtà mai vista, e confusa semmai con la weberiana “etica protestante” che avrebbe fatto da incubatore del capitalismo ) dopo la sbronza delle più recenti innovazioni finanziarie prestatesi alla più eclatante delle speculazioni ( bidoni) della storia del capitalismo.
Dal lato di quello che viene ritenuto dalla stragrande maggioranza delle persone l’opposto orientamento politico, sedicente “comunista” è allo stesso Minsky che si fa appello per trovare il bandolo della matassa della crisi mondiale in via di svolgimento.
Infatti su “Il Manifesto”, Riccardo Bellofiore, riproponendo le miracolose virtù della Macroeconomia, aggiornata da Minsky, appunto, ritiene di poter andare più a fondo nella diagnosi della crisi . Non fermandosi alla banale sentenza relativa al carattere finanziario della stessa: “ La finanza sregolata, ma politicamente governata, è stata il modo molto singolare ma efficace per rispondere alla tendenza alla stagnazione da domanda che è l’altra faccia della precarizzazione del lavoro. Non è un problema di instabilità finanziaria: è un problema di domanda effettiva”.
Fin qui una promettente premessa, purtroppo destinata fatalmente a un “non sequitur” analitico. Innanzi tutto Bellofiore tralascia ciò che Vitale ricorda e che permette di affermare a quest’ultimo che nel ’29 la spesa federale americana era solo l’1,2% del Pil, molto lontano dal keynesismo di fatto che ha sin qui alimentato la dinamica economica negli Usa.
In secondo luogo, cosa discende dall’essersi smarcati dagli “eccessivisti”? Per caso si sono superati i limiti definitori della Macroeconomia nella diagnosi e cura delle crisi cicliche? Domande retoriche evidentemente, che nel Bellofiore, nella circostanza keynesian-marxista, oltre al richiamo implicito alle contraddizioni di sempre del capitalismo quali cause delle sue periodiche crisi, sono destinate a rimanere senza risposta ( qui non possiamo che rimandare ai nostri lavori sull’argomento: ma, giusto per stimolare i renitenti, come e dove rintracciare nell’intero filone del keynesismo tutto la introvabile ratio della ciclicità delle crisi?). E allora Minsky e Keynes a che servono sia nella diagnosi sia evidentemente nell’indicare terapie relative al cataclisma economico in via di svolgimento?
Insomma, non ci troviamo che dinanzi a mere irrilevanti differenze tra i soliti “econo-mistici”! Che ci permettono di affermare che il comunismo è nelle mani dei keynesiani , e che questi stessi sono l’ultima spiaggia da invocare per salvare il capitalismo, sempre che, come afferma in conclusione Vitale, ci si ricordi che: “ il capitalismo è serio e morale o non è” .
Da parte nostra non ci resta che constatare che il mercato, anche quello dei voti, è un completo fallimento: la scomparsa dei comunisti keynesiani ( questa accoppiata per una persona appena appena normale e con qualche nozione di economia teorica costituisce una autentica contraddizione in termini logico-economici) dal parlamento ci ha messo troppo tempo per ritenere verificata la legge di Gresham per cui “ la moneta cattiva scaccia la buona” e per fare clearing sul mercato dei voti. Poiché non v’è in giro che “moneta cattiva” non si vede dove sia mai stata la “moneta buona”. E inoltre non ci è data altra (falsa) alternativa che scegliere a livello politico tra coca cola e pepsi cola. E così la definitiva americanizzazione della colonia Italia è bella e compiuta.
A questo punto, per gli aspiranti “economologhi” ( le iscrizioni sono vanamente aperte da tempo) da non confondere con gli economisti-ci, un piccolo stimolo- suggerimento: studiando bene il povero Minsky, nonostante le sue buone intenzioni, si può accertare che il suo elaborato modello di tentato e vano aggiornamento di Keynes nella cornice euristica della Macroeconomia gli scoppia in mano, senza che lui e i cercatori di eterodossie lo sospettino, accecandoli.
Non possedendo e non potendo formalizzare con il rigore scientifico necessario un mondo con più di una merce (di ciò inconsciamente prende atto e da ciò prende spunto la “logica” della Macroeconomia e la sua nascita); convinto di poter infine distinguere nell’ambito della “domanda effettiva”- dove consumi e investimenti si omologano a sostegno del Pil - i “cattivi” investimenti da quelli” buoni”, ma costretto ad assimilare entrambi ai” profitti” ( non potendo distinguere quelli del settore dei beni di consumo da quello dei beni di investimento e a fortiori all’interno di tali settori), Minsky fallisce come il suo vate Keynes nel cogliere causa e natura delle ricorrenti crisi capitalistiche di sovrapproduzione generale, evidentemente inconcepibili nel mondo virtualmente monomerce della Macroeconomia.
Pertanto, e in definitiva, in nome di Minsky non sembra resti altro da fare che affidarsi alle illusioni della più inconcepibile ingenuità , consegnando la scienza economica ed il capitalismo all’”etica”, e quindi alla inammissibile illusione ( vedi il fallimento di millenni di storia religiosa) secondo cui si può moderare, ovvero moralizzare, la”massimizzante” ( lo afferma persino la codina ortodossia neoclassica) ricerca del profitto , quando la sua irrevocabile logica- affidata alla lotta di concorrenza nell’arena globale - non lascia scampo a quanti dovessero mitigare il loro cinismo rispetto a quello imposto dall’impersonale mercato globale.
Illusione che nella convergenza di sedicenti “liberali” e “marxisti” denuncia in modo inequivocabile il trionfo del “pensiero unico”.
La qual cosa se può “illuminarci” ( dialettica negativa dell’illuminismo ) grazie alla luce traversa che “Il Sole” getta su “Il Manifesto”, non può certo al contempo con tale fonte riscaldarci il cuore, avendoci mostrato l’inveramento del “pensiero unico” nella mancanza tout court di alternative al putrescente capitalismo dell’era della globalizzazione.