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Francia – NATO: un risultato e un rischio

di Pierre Verluise* - 01/04/2009

 
 



Se, dopo la fine della Guerra fredda, la Francia, grazie alla sua uscita dal Comando militare integrato della NATO (1966), avesse pesato di più nel mondo lo avremmo saputo. Saremmo in grado di dimostrare, per esempio, che Parigi ha potuto imporre la sua volontà nell’allargamento della NATO e nell’ampliamento dell’Unione Europea…

Riconoscere che il mondo sia cambiato non significa insultare la memoria del generale De Gaulle. Il ritorno della Francia nel Comando integrato della NATO è prima di tutto un risultato, ma anche un rischio.

Perché un risultato? Gli USA hanno condotto la Guerra fredda contro l’URSS e l’hanno vinta. Salvo aver dato prova di una forte ignoranza della realtà del totalitarismo, non vi è alcun motivo di lamentarsi.
Creata nel 1949, la NATO è un prodotto puro della Guerra fredda (1947-1990). All’inizio degli anni 90, molti esperti si interrogavano sulla sua durata. Tuttavia, mentre l’organizzazione del Patto di Varsavia si dissolveva, la NATO le sopravviveva e si espandeva in tutta Europa.
Per cominciare, il 3 ottobre del 1990 la Germania viene riunificata nel quadro della NATO.
Nel 1992, l’articolo 17 del Trattato sull’Unione Europea precisa indirettamente che la Politica estera e di sicurezza comune (PESC) deve essere compatibile con gli impegni dei paesi membri della NATO.
Il 12 marzo accade un avvenimento inimmaginabile quindici prima. Nonostante l’opposizione della Russia, tre paesi usciti dal blocco dell ‘Est entrano nella NATO: Polonia, Ungheria e Repubblica ceca.
Il 29 marzo, la NATO apre a sette paesi già comunisti: Estonia, Lettonia, Lituania, Slovacchia, Romania, Bulgaria e Slovenia. Così gli USA non solo integrano nella NATO alcuni paesi già satelliti dell’URSS, ma anche tre Paesi baltici, cioè tre ex repubbliche sovietiche. Si tratta di una grande rivoluzione geostrategica che afferma simbolicamente la posizione predominante degli USA in Europa. Mai gli USA hanno avuto tanti governi alleati in seno all’Unione Europea dopo gli allargamenti del 2004 e del 2007.
Pertanto, la postura francese ereditata dal 1966 diventa anacronistica, cioè controproducente, giacché Parigi è costantemente sospettata di voler sviluppare la Politica europea di sicurezza e difesa (PESD) a scapito della NATO.
Al di là degli effetti propagandistici, la PESD è ancora molto al di sotto di ciò che potrebbe diventare. E Parigi non si assume tutti i vantaggi del suo investimento nella NATO. Rimanere nella postura “storica” significherebbe per Parigi assicurarsi un declassamento accelerato.
La ridefinizione delle relazioni tra la Francia e la NATO è dunque il risultato secondario delle mutazioni dell’Europa post-89. Il 6 maggio 2007, l’elezione di Nicolas Sarkozy alla presidenza della Repubblica francese gioca una funzione di acceleratore..

Risultato di una riconfigurazione geopolitica e di una elezione democratica, il ritorno della Francia nel Comando integrato della NATO non è esente, tuttavia, da rischi.
In primo luogo, quale sarà il peso inerziale delle rappresentazioni, sia in Francia sia all’estero? Cullati dall’infanzia con un discorso subliminale allergizzante nei confronti della NATO, i Francesi possono comprensibilmente apparire reticenti, tanto più che la questione è stata poco dibattuta pubblicamente. Quanto ai nostri partner ed alleati, quanto impiegheranno a sbarazzarsi della loro precedente rappresentazione della Francia? Se il peso inerziale si verificasse troppo pesante, il beneficio aspettato ne risulterebbe diminuito.
Secondariamente, quali saranno le garanzie da dare per superare le reticenze ereditate dal passato?
In Afghanistan, per esempio, quale sarà il prezzo del sangue? Detto in altri termini, quanti soldati francesi cadranno ancora in un impegno che la NATO ha scarse probabilità di poter vincere?
Infine, quale influenza supplementare la Francia guadagnerà realmente nelle strutture e nei dibattiti della NATO - e della PESDE – del futuro? Quale sarà l’influenza di Parigi nella riforma della NATO, o piuttosto nella definizione delle relazioni con la Russia?
Sarebbe fare un processo alle intenzioni pretendere di avere le risposte a queste domande prima di qulache anno. Esse dipenderanno dapprima dal gioco degli attori della NATO e dell’UE, ma ancora dagli avvenimenti esterni, in parte imprevedibili. Nel frattempo, ecco un cambiamento strategico difficile da negoziare.


*direttore del sito di geopolitica diploweb.com, ricercatore all’IRIS, P. Verluise ha appena pubblicato « 20 ans après la chute du Mur. L’Europe recomposée », prefazione di J.-D. Giuliani, Paris, Choiseul, 264 p.