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Iraq, Gli Usa affondano sempre più nella lotta tra sunniti e sciiti

di Gareth Porter - 09/04/2009

 



Quando i soldati statunitensi e gli elicotteri Apache si sono uniti alle forze irachene per reprimere una sollevazione da parte dei 'Figli dell’Iraq’ sunniti nel centro di Baghdad lo scorso weekend, ciò ha rappresentato un'anteprima del tipo di conflitto che le forze armate Usa probabilmente si troveranno sempre più di fronte nei prossimi tre anni, a meno che non venga presa una decisione politica a Washington volta a evitare tale situazione.

Nonostante l’arresto di un leader sunnita del "Consiglio del risveglio" e di sette dei suoi vice, che ha scatenato la rivolta, sia stato fatto passare sia dal Primo Ministro Nuri al-Maliki che dal comando statunitense come un’operazione antiterrorismo piuttosto che per repressione confessionale, si è trattato in effetti di una fase della lotta a lungo termine per il potere tra il governo iracheno dominato dagli sciiti e i sunniti che sono stati emarginati .

La battaglia di Fadhil di domenica scorsa ha rappresentato un segnale di avvertimento del fatto che il comando Usa si è fatto trascinare dentro una campagna da parte di Maliki per togliere di mezzo alcuni comandanti dei gruppi che garantivano la sicurezza del quartiere sunnita, composti da ex-insorti. L'arresto di un popolare comandante sunnita potrebbe aver scatenato un processo in cui una larga parte del movimento sunnita dei "Consigli del risveglio", che dovrebbe essere sul libro paga del governo, è ritornata a combattere nelle fila della rivolta clandestina.

La sollevazione di Fadhil rappresenta la prima volta in cui unità dei "Consigli del risveglio" hanno reagito con la forza a una campagna repressiva da parte del governo rivolta nello specifico contro alcuni leader della milizia sunnita, iniziata già nella primavera del 2008.

Nonostante gli sforzi che gli Usa starebbero facendo per rassicurare i sunniti che non li si sta abbandonando nelle mani della repressione del governo sciita, l'operazione condotta con l'appoggio statunitense contro i miliziani sunniti che protestavano contro l’arresto di Adel al-Mashhadani nel quartiere di Fadhil ha già fatto sì che alcuni comandanti delle milizie sunnite di altri quartieri abbiano minacciato di tornare alla resistenza armata.

Alcuni esperti di affari militari iracheni dicono che, dato il modo in cui gli Stati Uniti definiscono attualmente la loro missione in Iraq, è probabile che le forze Usa vengano coinvolte direttamente in altre operazioni di questo tipo contro i miliziani sunniti.

I "Consigli del risveglio", o Sahwa, che i funzionari delle forze armate statunitensi hanno chiamato generalmente 'Figli dell’Iraq’, sono stati creati nel 2007 attraverso accordi raggiunti dalle Forze Multinazionali in Iraq con i capi tribali sunniti e alcuni comandanti dei gruppi della resistenza armata, sulla base dei quali ex-insorti sunniti sono diventati membri pagati delle forze di sicurezza locali nei quartieri di Baghdad, così come nella vicina provincia di Diyala e nella provincia a maggioranza sunnita di al Anbar.

Tuttavia Maliki non ha mai nascosto la sua ostilità nei confronti dello schema Usa di creare unità sunnite di sicurezza di quartiere. "Queste persone sono come un cancro, e dobbiamo rimuoverle"; così avrebbe detto l'estate scorsa un generale iracheno citato da Shawn Brimley e Colin Kahl, del Center for New American Security.

Le unità dell’esercito iracheno e le forze speciali controllate direttamente da Maliki hanno cominciato ad arrestare i leader dei 'Figli dell’Iraq’ a Diyala e a Baghdad, e gli arresti sono continuati per tutto l’autunno.

Nonostante fosse palese che Maliki aveva intenzione di distruggerli, lo scorso ottobre gli Stati Uniti hanno accettato di trasferire il controllo di tutti i 90mila membri dei "Consigli del Risveglio" agli iracheni. Il governo ha concordato, a sua volta, di continuare a pagare le forze di sicurezza di quartiere sunnite 300 dollari al mese.

Tuttavia, i pagamenti sono stati bloccati più di un mese fa – uno sviluppo che i funzionari Usa hanno attribuito a un piccolo inconveniente burocratico piuttosto che a una politica deliberata.

John McCreary, un analista dell’intelligence in pensione esperto di Medio Oriente, ha detto in un’intervista che l'arresto e la successiva battaglia di Fadhil "è solo il primo round" di una nuova fase della campagna di Maliki volta a eliminare i "Consigli del risveglio", considerati come una potenziale minaccia al suo regime, prima che le truppe Usa completino il loro ritiro nel 2011.

"Deve neutralizzare i suoi nemici finché ci sono ancora gli americani che lo aiutano a mantenere il potere", dice McCreary.

Maliki ha intelligentemente sfruttato la partnership tra le forze armate Usa e l'esercito iracheno per coinvolgere gli Stati Uniti in questa campagna. Una delle caratteristiche di tale relazione consiste nel fatto che il comando militare statunitense è molto riluttante a essere separato operativamente o politicamente dalle sue controparti irachene.

Benché il comando Usa sia insoddisfatto della politica di Maliki verso i "Consigli del risveglio", esso non si è opposto all’arresto e alla detenzione di Mashhadani, apparentemente perché il governo ha insistito sul punto che a essere presi di mira non sono stati i "Consigli del risveglio" in quanto tali, ma solo un singolo che aveva commesso dei reati.

Questa tattica era stata usata sia dal comando statunitense che da Maliki nel colpire i comandanti dell’Esercito del Mahdi a Sadr City e in altre zone nel 2007-2008.
Il portavoce delle forze armate Usa Bill Buckner ha giustificato la detenzione di Mashhadani citando un mandato d’arresto del dicembre 2008 che elencava sette presunti reati, fra i quali estorsione, bombe collocate sul ciglio della strada il cui obiettivo erano le forze irachene, e legami con al-Qaeda.

Ma la ragione reale dell'arresto di Mashadani apparentemente stava nel fatto che egli aveva abbracciato apertamente l’ideologia ba'athista. Un portavoce di Maliki ha accusato alcuni leader dei "Consigli del risveglio" di Fadhil di aver formato una cellula segreta per appoggiare il partito Ba'ath. In realtà, questo non è illegale in base all’attuale legge irachena, tuttavia, secondo il quotidiano Azzaman, il partito di Maliki, al Da’wa, ha chiesto di criminalizzare il partito Ba'ath, che un tempo aveva decretato l'appartenenza ad al Da'wa punibile con la pena di morte.

A sottolineare ulteriormente la natura confessionale della più ampia repressione dei comandanti sunniti che è in corso, il 24 marzo i soldati iracheni avevano catturato senza dare troppo nell'occhio Raad Ali, un comandante sunnita nel quartiere di Ghazaliya, nella parte ovest di Baghdad, come riportato lunedì da Ned Parker e Qasar Ahmed del Los Angeles Times. Al contrario dell’apertamente ba'athista Mashhadani, Ali non aveva mai espresso fedeltà al Ba’ath e aveva sottolineato la sua rinuncia all’insurrezione.

McCreary ha detto di non vedere alcuna prova del fatto che gli Stati Uniti stiano "sostenendo una epurazione" delle milizie sunnite, ma, ha aggiunto, "sono costretti a lavorare con l’uomo che abbiamo aiutato a salire al potere". La volontà di sostenere Maliki, perfino quando le sue politiche sono considerate ostinatamente sbagliate, è in funzione del desiderio di "lasciarci dietro un governo il più possibile stabile", dice l'esperto.

L’ex analista della Defense Intelligence Agency crede che la necessità di sostenere il governo dominato dagli sciiti durante l’ultima fase della presenza militare Usa significhi che non è più possibile che gli Stati Uniti rimangano neutrali nella lotta confessionale per il potere. "Non siamo più in condizioni di tenere il piede in due staffe", ha detto. "Non possiamo appoggiare sia i sunniti che gli sciiti".

Secondo McCreary, questa realtà influenzerà il tipo di combattimento in cui saranno coinvolte le forze armate Usa. "Si troveranno a collaborare nel pianificare e sostenere operazioni che potrebbero trovare disgustose", dice. "Funziona così".

Stephen Negus, che è stato corrispondente in Iraq per il Financial Times dal 2004 al 2007, e che ora è un visiting scholar al Woodrow Wilson Center di Washington, dice che le unità delle forze armate Usa in Iraq dovranno appoggiare le unità irachene alle quali sono collegate, in qualsiasi battaglia, a prescindere da come possa essere iniziata. "Se hai un alleato a cui sparano, devi rispondere", dice Negus.

A meno che l’amministrazione Obama non adotti una politica esplicita che tenga le truppe Usa al di fuori  della lotta confessionale per il potere, i soldati parteciperanno a molti altri combattimenti contro i sunniti, ai quali Maliki ha lasciato poche opzioni se non quella di resistere.


Gareth Porter è uno storico e giornalista investigativo specializzato in politiche della sicurezza nazionale statunitense. L'edizione economica del suo ultimo libro, Perils of Dominance: Imbalance of Power and the Road to War in Vietnam, è stata pubblicata nel 2006.


(Traduzione di Mauro Saccol)