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La biodiversità a rischio del Madagascar

di Pietro Greco - 14/04/2009

 
 
 
Se ne è occupato per prima a fine marzo la rivista specializzata Science, con un preoccupato articolo. Poi nei giorni scorsi il settimanale Time gli ha dedicato la copertina e un lungo reportage. Il tema: è il Madagascar con l’intreccio tra la recente instabilità politica e l’antica erosione della biodiversità.

L’isola è un hot spot di diversità biologica. Anzi, è considerato il più caldo di tutti i concentrati di biodiversità terrestre. Il motivo va ricercato nella sua storia geologica. E, in particolare, nel momento in cui – circa 160 milioni di anni fa – si separò dal continente indiano e iniziò ad avvicinarsi all’Africa, restando sempre circondata dalle acque dell’Oceano. In tutti questi “eoni” gli organismi viventi dell’isola sono rimasti, appunto, isolati. Evolvendo, dunque, in maniera affatto originale.

In Madagascar vivono piante e animali che, letteralmente, non ci sono in alcun altra parte della Terra: dal lemure di sifaka, all’ippopotamo nano, dalla rana dal mantello d’oro al fassa (un carnivoro piuttosto aggressivo malgrado abbia le dimensioni di un gatto). Si calcola che il 90% delle specie di piante e il 70% delle specie animali (trae il 60% delle specie di uccelli) siano endemici: ovvero, vivono solo e unicamente in Madagascar.

Una volta la grande isola del Madagascar era interamente coperta di foreste. Poi, circa duemila anni fa, è arrivato l’uomo. E da allora la superficie forestale si è ridotta del 90%. Con quanta perdita di biodiversità è difficile dirlo. Anche se la scomparsa, nel XVI secolo, dell’uccello del Paradiso – che con i suoi 3 metri di altezza era il più grande mai vissuto sul pianeta – ce ne dà un’idea.

Nella nostra epoca la pressione su ciò che resta dell’antica copertura forestale non è diminuita. D’altra parte in Madagascar oltre il 60% della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno. E come si sa quando la popolazione umana è in condizione di estrema povertà anche l’ambiente ne soffre.

Di recente, però, il presidente Marc Ravalomanana aveva avviato un programma di protezione delle foreste, puntando tra l’altro sull’economia associata all’ecoturismo. Science sostiene che grazie a questa politica sono aumentate sia la capacità di preservare sia la possibilità di studiare i preziosi ecosistemi dell’isola.

Nelle settimane scorse, tuttavia, l’isola è entrata in una fase di instabilità politica. Il presidente Ravalomanana è stato deposto con proteste di popolo e con l’aiuto dei militari. Gli aiuti internazionali sono stati congelati. Di qui i timori: per la sorte della democrazia e per la sorte della biodiversità. Ma anche la proposta. Che il mondo faccia propria la difesa delle foreste del Madagascar e delle specie viventi che contiene.

In quella foreste, in fondo, sono congelate centinaia di milioni di tonnellate di anidride carbonica. Se venissero abbattute il mondo intero ne risentirebbe. Il mondo intero, dunque, trovi un accordo con il nuovo governo, magari nell’ambito dei negoziati sui cambiamenti climatici: fornendo aiuti economici (nuovi e aggiuntivi) in cambio della conservazione.