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Addio a Franco Volpi. Da Nietzsche a Heidegger la filosofia come passione critica

di Sergio Givone - 15/04/2009



Ha tenuto lezioni da Padova agli Usa Tra i suoi volumi quello dedicato al nichilismo
Il suo lavoro ha permesso l´edizione di testi fondamentali
Studioso, curatore, esegeta dei maestri della modernità È scomparso ieri, vittima di un incidente stradale

Raramente, come in Franco Volpi, il filosofo italiano a cui tutti dobbiamo tantissimo, sia come esegeta e curatore di grandi testi del pensiero moderno e contemporaneo, sia come indagatore di problemi storici e di questioni speculative, la passione e l´intelligenza si intrecciano così bene nel difficile lavoro dell´interpretazione. In lui l´acribia più rigorosa è tutt´uno con lo sguardo capace di portare alla luce non solo l´intenzione profonda dell´autore ma, al di là di essa, la parola non detta, la domanda nascosta, l´apertura di un nuovo orizzonte critico. Esemplari sono le sue curatele, per Adelphi, di molte delle più importanti opere heideggeriane, alcune delle quali, e in particolare Segnavia, L´essenza della verità, e, in ultimo, i Contributi alla filosofia, rappresentano un modello insuperato di edizione da tutti i punti di vista: traduzione, note, apparati. Geniali le sue proposte, sempre per Adelphi, di opere minori di Schopenhauer, da cui ha saputo trar fuori quella accattivante miscela di filosofia popolare e filosofia alta che era nascosta in esse. Preziosa la sua monografia per Villegas Editores che accompagna l´Opera Omnia di un eccentrico di talento come Nicolás Gómez Dávila.
Allievo di Giuseppe Faggin, l´indimenticato studioso di Plotino, Volpi ha imparato fin dagli anni del liceo che quanto più si è interpreti fedeli e attenti, tanto più si è pensatori originali e in proprio. Appunto secondo l´esempio fornito da colui che più e meglio di chiunque altro trasmise all´occidente cristiano il lascito della filosofia classica. Plotino, che era greco di formazione, insegnava a Roma. Le sue lezioni si svolgevano per lo più in forma di commento e discussione delle tesi dei maestri del passato. Ma da quel suo esporre il pensiero altrui senza presunzione d´originalità sapeva ricavare approfondimenti che lasciano stupefatti per forza innovativa e capacità di penetrazione. Qualcosa di simile si deve dire di Volpi. Ovunque egli tenesse cattedra (titolare in quelle di Padova e di Witten/Herdecke, oltre che visiting professor in alcune delle principali università europee e nordamericane), sempre si presentava quale in effetti era: storico della filosofia. Verrebbe da dire: filologo della filosofia. Ma filologo che sa la potenza e lo smalto della parola, oltre che la sua fallibilità: ciò che impone un di più di scrupolo, di dedizione, di "amore per il logos". Sono precisamente questi i tratti che caratterizzano l´impegno di Volpi, il suo limpido argomentare, il suo instancabile leggere e rileggere i testi. Ciò di cui il suo Dizionario delle opere filosofiche (Bruno Mondadori) è un´eloquente testimonianza.
E quando gli accade di confrontarsi con i grandi temi che abbracciano intere epoche storiche, allora il risultato inevitabilmente è di quelli che costringono a sostare e a riflettere. Si potrà non essere d´accordo con lui. Impossibile però ignorare le sue indicazioni.
Prendiamo ad esempio il volume da lui dedicato ormai qualche anno fa a Il nichilismo (Laterza). È ancora attualissimo. Volpi sa bene che il nichilismo è un fenomeno tipicamente moderno, sviluppatosi quasi interamente fra Ottocento e Novecento, e in quanto tale da indagare specialmente lungo l´asse Nietzsche-Heidegger. Ma sa anche che questo fenomeno viene da lontano, visto che alla sua radice c´è l´esperienza del nulla. Si può ignorare questa esperienza? O chi la ignorasse - chiede Volpi citando uno dei suoi maestri - non si metterebbe senza speranza fuori della filosofia?
C´è tutto Volpi, in questo rilanciare le grandi questioni. E cioè nel suo restare in ascolto delle voci parlano dalle profondità di una tradizione tutt´altro che finita. Ma anche nel suo coraggioso riproporcele. E pensando a lui, al suo pensiero così aperto e vero, ci viene naturale farlo al presente, non al passato.