Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La conferenza sul clima di Bonn e le idiozie del governo italiano

La conferenza sul clima di Bonn e le idiozie del governo italiano

di Manuel Zanarini - 16/04/2009

Dal 29 marzo all’8 aprile scorso si è svolta a Bonn l’edizione  2009 dei “Climate change talks” dell’ ONU, in cui gli esponenti dei vari paesi mondiali si sono trovati per fare il punto sul cambiamento climatico globale e per continuare i lavori preparatori per la conferenza di Copenaghen del dicembre prossimo. Come al solito, il tutto si è chiuso con un nulla di fatto, ma alcune considerazioni emerse durante l’assise sono interessanti, soprattutto se paragonate alle ultime idiozie profuse dal governo italiano a riguardo.

Uno dei temi più interessanti trattato, è quello delle nuove sostanze chimiche, non incluse nel “Protocollo di Kyoto”, ma utilizzate nel settore industriale, che possono avere in prospettiva un notevole impatto sul clima. Le nuove sostanze chimiche in esame includono: nuovi tipi di PFC e di idrofluorocarburi (HFC), trifluorometil pentafluoruro di zolfo (SF5CF3), eteri fluorurati, perfluoropolieteri e idrocarburi, dimetiletere (CH3OCH3), metilcloroformio (CH3CCl3), cloruro di metilene (CH2Cl2), cloruro di metile (CH3Cl), dibromomethane (CH2Br2), bromodifluoromethane (CHBrF2) e trifluoroiodomethane (CF3I). La maggior parte non sono ancora ampiamente utilizzate, ma almeno uno, il trifluoruro di azoto (NF3), è un componente standard per la produzione di computer, degli schermi piatti e dei televisori Lcd. Secondo uno studio pubblicato nel 2008 da “Geophysical Research Letter”, l’NF3 è un gas serra 17.000 volte più potente della CO2 ed entro il 2010, la sua produzione dovrebbe raggiungere le 8.000 tonnellate all’anno, il che equivarrebbe a circa 130 milioni di tonnellate di CO2. La cosa notevole è che il Protocollo di Kyoto includeva una serie di sostanze chimiche che sono state rimpiazzate proprio dal NF3, come a dire “fatta la legge, trovato l’inganno”. Come detto, non sono sostanze ancora diffusissime, ma come dichiarato dal direttore del Global Wind Energy Council, Steve Sawyer, un lobbying group industriale: “In termini di impatto, quello che questi nuovi gas avranno nel corso del prossimo decennio, non è significativo. Quello che è importante è il messaggio politico che si trasmette al settore dell’industria chimica: basta con l’invenzione di gas con un elevato potenziale di riscaldamento globale”. L’idea, nonostante i soliti tentennamenti statunitensi, è quella di inserire una nuova lista di sostanze vietate già nel documento che si dovrà stilare a Copenaghen.

Altro tema discusso, e ovviamente non risolto, è quello della drammatica situazione dei paesi insulari, che rischiano di scomparire a causa del cambiamento climatico. La situazione a riguardo si sta facendo sempre più drammatica; infatti, il mese scorso un gruppo di ricercatori ha reso noto uno studio che prevede un accelerazione del ritmo di aumento del livello del mare in questo secolo, con un innalzamento fino ad un metro, circa il doppio delle proiezioni dell’Ipcc del 2007. A questo punto, i tagli delle emissioni proposte da UE(20%) e Stati Uniti (il 16-17% proposto da Obama) sono del tutto insufficienti. Come ha dichiarato MJ Mace, un legal advisor degli Stati Federati della Micronesia, “troviamo che il livello tra il 25 e il 40% sia insufficiente, lascia aperto il rischio di pericolosi aumenti delle temperature. Vogliamo anche dai ricchi, la promessa di ridurre entro il 2050 le emissioni, principalmente quelle prodotte dai combustibili fossili, di almeno il 95% rispetto ai livelli del 1990”. Per tutta risposta, il capo delegazione dell’amministrazione Obama ha dichiarato che un aumento delle percentuali di diminuzione dei gas serra molto più forte di quello proposto dai piani previsti “sarebbe irrealistico. Washington sarà guidata dal pragmatismo, come dalla scienza del clima”. Dimostrando come orami il “re nero” sia nudo anche sulle tematiche ambientali, oltre che su quelle economiche e di politica estera.

Sulla stessa lunghezza d’onda degli stati insulari, si sono espressi i paesi in via di sviluppo, guidati dalla Cina, i quali hanno chiesto che i paesi sviluppati si impegnino maggiormente soprattutto sui piani del trasferimento delle tecnologie e della messa a disposizione per i paesi più poveri, che sono anche i primi a subire le conseguenze del cambiamento climatico, di maggiori risorse finanziarie. A sostegno di queste rivendicazioni si esprime anche il rapporto “Climate policy, integration, coherence and governance”, pubblicato nei giorni scorsi dalla Partnership for European Environmental Research (Peer), che riunisce sette tra i principali istituti di ricerca ambientale europei, il quale afferma che “le politiche create appositamente per far fronte ai cambiamenti climatici saranno efficaci solo se le questioni climatiche saranno pienamente integrate in altre aree politiche, come il regime fiscale e la pianificazione del territorio”. Interessante la proposta del Presidente del Messico, Felipe Calderon, di istituire un “green fund”, in cui i paesi ricchi convoglino risorse finanziarie, in base a reddito pro capite, prodotto interno lordo ed  emissioni totali di CO2 sia nazionali che pro capite, e a cui i paesi più poveri possano attingere per fronteggiare il cambiamento climatico.


Come si può intuire, “niente di nuovo sotto al sole”, i grandi della terra continuano a parlare, mentre i poveri continuano a pagare i danni del cambiamento climatico, che è bene ricordare, arricchiscono solo i pochi potenti della Terra, e di certo non tutta la popolazione dei paesi sviluppati. Interessante è però la posizione dell’Italia, per meglio dire del governo italiano, che primeggia sulle altre.
Non bastava la fesseria del nucleare, che a nulla servirà, per i problemi già più volte ricordati; ora, 37 senatori del PdL hanno presentato una mozione, nella quale si afferma che il legame tra l'aumento della temperatura e la concentrazione di CO2 non è “affatto chiarito” e che, se anche fosse, da un aumento di temperatura potrebbero esserci maggiori benefici rispetto ai danni descritti da rapporto di Stern. Secondo i senatori del PdL, “il livello dell'acqua non sta aumentando a  ritmo preoccupante, i ghiacciai basati su terraferma nelle calotte polari non si stanno sciogliendo”.
Tralasciando tutti i dati scientifici che smentiscono tali affermazioni, penso sia utile riportare i dati contenuti nel “Climate change science: The status of climate change science today”, il documento elaborato sulla base del “ Fourth Assessment Report”, prodotto dall’organo scientifico delle Nazioni Unite, la Conferenza intergovernativa sul cambiamento climatico (Ipcc), che è servito da base per la riunione di Bonn. Secondo gli studi dell’ONU, la situazione è la seguente: il riscaldamento globale negli ultimi 100 anni è stato di 0.74 gradi, la maggior parte del quale si è verificato negli ultimi 50 anni, e per l’esattezza, negli ultimi 20 anni il riscaldamento globale è proceduto al ritmo di 0,2 gradi per decennio; lo scioglimento dei ghiacciai nell’Artico sta notevolmente aumentando, a causa degli elevati effetti del surriscaldamento sui suoi delicati sistemi naturali; in Africa, si sta rilevando un aumento della carenza d’acqua che potrebbe portare entro il 2020 ad avere nel continente fino a 250 milioni di persone ad elevato rischio di stress idrico; la disponibilità delle risorse idriche  subirà forti contrazioni nelle zone del mondo che vivono di agricoltura e vedrà diverse città minacciate dall’aumento del livello del mare; i piccoli Stati insulari in via di sviluppo, subiranno l’innalzamento del livello del mare, che causerà inondazioni, il forte aumento del numero di tempeste, l’erosione costiera ed altri rischi ambientali, che minacceranno seriamente le infrastrutture vitali che sostengono l’economia, la società e il benessere delle loro comunità; le popolazioni che vivono negli immensi delta di fiumi asiatici, come il Gange, il Brahmaputra e lo Zhujiang saranno (e sono già) fortemente esposte al rischio elevato di inondazioni a causa dell’innalzamento del livello del mare e dell’aumento di tempeste ed alluvioni; lo scioglimento dei ghiacciai himalayani provocherà inondazioni, frane e interruzione dell’approvvigionamento idrico; entro la metà del secolo, è probabile che la disponibilità idrica nei fiumi potrebbe aumentare del 10 - 40% alle alte latitudini ed in alcune aree tropicali umide, mentre potrebbe diminuire del 10 - 30% nelle regioni aride alle latitudini medie e tropicali, alcune delle quali sono già oggi zone a stress idrico; nelle zone tropicali è prevista una diminuzione dei raccolti anche con un aumento di “soli” 1 – 2 gradi della temperatura locale, senza contare l’aumento della siccità,e quindi una crescita del rischio di fame; tra il 1970 e il 2004, le emissioni di CO2, CH4, N2O, HFC, PFC e SF6, i gas ad effetto serra contemplati dal protocollo di Kyoto, sono aumentate del 70% (24% dal 1990),le sole emissioni di CO2, sono cresciute di circa l’80% (28% dal 1990); senza ulteriori politiche, è previsto un aumento 25 - 90% le emissioni di gas serra a livello mondiale è entro il 2030 rispetto al 2000; il dominio dei combustibili fossili è destinato a continuare fino al 2030 ed oltre, di conseguenza, nel corso di tale periodo, si prevede una crescita del 40 -110% delle emissioni di CO2 causate dall’utilizzo di tale fonte energetica.

Insomma, mentre il mondo discute di come porre un freno al cambiamento climatico, pur senza ottenere nulla (cosa inevitabile finché non si passerà da una ecologia di superficie a un’ “ecologia profonda”, che elimini la concezione utilitaristica dell’ambiente, sostituendola con una olisitca), il governo italiano perde tempo dietro a sogni nucleari vecchi di 30-40 anni, e la maggioranza che lo appoggia spara idiozie frutto di ignoranza e malafede; ma noi italiani non possiamo lagnarci troppo…come si suol dire: “chi è causa del suo mal, pianga sé stesso”.