Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Crescite, decrescite e ricrescite

Crescite, decrescite e ricrescite

di Diego Barsotti - 16/04/2009

 
 
 
«Solo» +6,1% rispetto al primo trimestre del 2008. La crescita del prodotto interno lordo cinese non è mai stata così bassa da quanto l’ufficio nazionale delle statistiche di Pechino ha cominciato a diffondere le sue valutazioni, nel 1992. Un dato enormemente preoccupante per il colosso asiatico che si era dato come obiettivo per il 2009 una crescita almeno superiore all’8%, che avrebbe consentito di assorbire (e tenere a bada) l’esercito di contadini che da ogni angolo dell’impero migra quotidianamente verso le grandi metropoli in cerca di un’occupazione. Basta forse questa considerazione per capire quanto sia delicato e oggettivamente contraddittorio definire felice una decrescita, persino laddove non si decresce, ma si cresce appena un pochino meno.

La crisi mondiale quindi non risparmia vittime, soprattutto non può risparmiare un Paese che ha fondato la sua rincorsa sul credito elargito a larghe mani soprattutto all’America che ha (aveva) smesso di risparmiare ormai qualche decennio fa (la Cina detiene circa 1000 miliardi di dollari del debito Usa). Un’America che ora è stata costretta a riscoprire questa parola, tanto che le scorte statunitensi di greggio hanno raggiunto i massimi dal settembre 1990: 366,7 milioni di barili che giacciono in attesa di essere lavorati dalle raffinerie, che hanno ormai ridotto la loro capacità produttiva all’80,4% , secondo i dati diffusi dall’Energy information administration, che individua anche le cause: oggi a frenare gli impianti è l’esiguità dei margini di raffinazione, e soprattutto la debolezza della domanda di carburanti, indice chiaro della crisi economica, ma anche forse della lenta riscoperta del risparmio, per esempio utilizzando meno l’auto e soprattutto le energivore auto-carrarmato che hanno messo in ginocchio le tre grandi sorelle d’America (la Chrysler avvinghiata all’ancora di salvezza chiamata Fiat, la Ford e la General motors).

Difficile però andare a spiegare che l’aria sarà più salubre e che ne guadagneranno in qualità della vita, ai lavoratori della raffineria di Cartagena in Spagna, per esempio, impianto che Repsol ieri ha annunciato di voler chiudere a tempo indefinito, o ad altri lavoratori costretti a casse integrazioni ordinarie e straordinarie a causa della riduzione della produzione delle raffinerie di mezzo mondo.

Stesso discorso vale ovviamente per le fabbriche di automobili: Le immatricolazioni di auto sono scese in Europa nel primo trimestre del 9% rispetto al primo trimestre del 2008 (dati Acea).
A voler cercare comunque un segnale di crescita qualche commentatore può evidenziare che il mercato europeo ha contenuto il passivo al 9% dopo i cali del 18,3% di febbraio e del 27% di gennaio. Per quanto riguarda il mercato italiano, segna a marzo +0,2% rispetto al -24,4% di febbraio, figlio degli incentivi varati dal governo.

Ma la riduzione della contrazione del mercato europeo a marzo si deve - spiega l´Acea – non solo all´effetto degli incentivi messi in campo da vari governi, ma soprattutto ai 3 giorni lavorativi in più. E così sui primi tre mesi, il mercato dell´Europa a 27 più i Paesi Efta segna una flessione del 17,2%, per un totale di 3.439.720 nuove immatricolazioni.

Continuando a dare i numeri, ci sono quelli che riguardano l’inflazione in Italia - su base tendenziale la crescita è dell´1,2%, la più bassa dal febbraio 1969, precisa l´Istat – e ci sono quelli che riguardano gli incassi tributari, che nei primi mesi dell’anno sono calati del 7,2%, che nel migliore dei casi equivale a una flessione del 2% del pil e che dalle malelingue è stato subito evidenziato come risultato non solo della crisi, ma anche dell’allentamento della morsa del fisco da parte del governo Berlusconi.

Interessante rilevare però un particolare nascosto nel bollettino della Banca d’Italia alla voce altre entrate: si tratta della ragguardevole cifra di 5,84 miliardi che da soli rappresentano un quinto del totale delle risorse pubbliche e che a febbraio sono quadruplicate mentre a gennaio erano cresciute del 2100%. Cosa rientra in questa voce? I dividendi delle grandi società partecipate dallo stato (che però in questi mesi non hanno emesso cedole) e i proventi dei giochi, ovvero lotto e lotterie, che evidentemente risentono eccome (la miseria spinge a tentare la fortuna) degli effetti della crisi. Ma giocare (scommettere) sul futuro può essere l´unica alternativa rimastaci? Non lo vogliamo pensare.