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Il pasto gratis

di Nicola Savio - 16/04/2009

Ogni “ortolano” ha i suoi segreti, le sue ricette, i suoi fallimenti nascosti ed i suoi successi pubblici. Il proprio orto è sempre perfettibile e sempre perfetto tanto da “spaventare” chi l’orto non ce l’ha o vorrebbe farlo. Vediamo come.


 

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L'agricoltura sinergica lavora sulla creazione di sistemi complessi in cui la biodiversità si trasforma in fertilità. Foto di Nicola Savio
Quando iniziai a coltivare il mio orto, la vicina 88enne guardava sconsolata il tumulto di erbe e piante che sorgeva in giardino borbottando consigli criptici e prodotti salvifici per sbarazzarmi di “quella jungla”, non considerando la sola certezza su cui stavo basando il mio orto: le piante crescono in maniera naturale. Lo fanno da millenni senza bisogno di interventi umani, senza pesanti lavorazioni, senza costose pratiche di concimazione o di profilassi.

 

Ad oggi il mio orto “quasi” sinergico (il quasi è d’obbligo visto che in alcune zone svolgo sperimentazioni non esattamente “canoniche”) sta rapidamente raggiungendo gli 800mq e già nei primi anni, quando era limitato a 60-70mq, copriva la quasi totalità di consumi vegetali della mia famiglia (2 adulti ed 1 bambino) senza richiedere una costante applicazione, concimazioni di alcun tipo, migliorando di molto la qualità del suolo e, conseguentemente, quella degli alimenti.

Come è possibile questo? Come è possibile che io ottenga la stessa produzione dell’orto della mia vicina senza essere costretto ad importare concimi dall’esterno, lavorare profondamente il suolo tutti gli anni e mantenere parassiti ed infezioni sotto il livello di guardia senza interventi particolari? La risposta sta nella biodiversità; una foresta cresce e si sviluppa in maniera costante, così come le praterie si autosostengono.

 

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Siamo abituati a pensare che coltivare sia un’attività totalmente dipendente da ciò che noi facciamo e dalle nostre dirette azioni. Foto di Nicola Savio
L’Agricoltura Sinergica – sistematizzata dall’agricoltrice spagnola Emilia Hazelip partendo dalle influenze di Masanobu Fukuoka, Ruth Stout e dagli studi di ricercatori come Alan Smith – lavora sulla creazione di sistemi complessi in cui la biodiversità si trasforma in fertilità. Sistemi in cui il complesso di vita che compone il suolo e l’ambiente circostante si integrano creando un ecosistema dinamico, ma stabile nel tempo.

 

Il concetto è una vera e propria rivoluzione. Da sempre siamo abituati a pensare che coltivare sia un’attività totalmente dipendente da ciò che noi facciamo e dalle nostre dirette azioni. Troppo spesso tendiamo a dimenticarci della complessità dei sistemi naturali e, soprattutto, della loro non-linearità, cercando di sostituirci ad essi nella convinzione di poterli controllare. In realtà, tutto ciò alla lunga ci costringe ad azioni a sviluppo esponenziale; si pensi alle concimazioni necessarie anno dopo anno, alle lavorazioni del suolo, alla necessità di diserbo o ai vari trattamenti antiparassitari o antipatogeni…

Un orto tradizionale, spesso, applica regole “riduzioniste” attraverso l’eliminazione di tutto il materiale vegetale indesiderato (le erbacce) e la regolamentazione di stretti canoni di coltivazione, vincolando il “sistema orto” ad un processo continuo di interventi spesso energeticamente deficitari (si pensi alle calorie che consumiamo durante una doppia vangatura profonda e quelle che otterremo dai frutti di quel raccolto o ai soldi che spendiamo per la coltivazione dei nostri pomodori ed il loro valore di mercato…)

Dal mio punto di vista l’orto sinergico è, in parte, la ricerca del “pasto gratis”, senza costi personali e per l’ambiente circostante. La creazione di un ecosistema autoportante che, in un rapporto di sinergia tra piante, animali, microrganismi, funghi e me stesso, è in grado di darmi nutrimento ricavandone anche per sè in un continuo ciclo di fertilità.

 

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I principi dell’agricoltura sinergica sono tutti volti all’implementazione della biodiversità sia microscopica che macroscopica. Foto di Nicola Savio
I principi dell’agricoltura sinergica sono tutti volti all’implementazione della biodiversità sia microscopica (microflora e microfauna presenti nel sottosuolo) che macroscopica (piante ed animali).

 

Non lavorazione del suolo (e non compattamento). Nessuna concimazione. Pacciamatura vegetale permanente.

Sono tutte azioni atte a permettere ad un suolo di recuperare e ristabilire la ciclicità dei nutrienti e delle catene alimentari che, attraverso successive nascite e decadimenti, creano la struttura stessa di un suolo.

Il mio orto non risponde a regole, norme o precise pratiche colturali quanto, piuttosto, ad un processo di integrazione tra ambiente naturale ed esigenze personali. Una continua ricerca e sperimentazione di bilanci tra energia consumata ed energia prodotta in un’ottica di sostenibilità e di bilanciamento dei fattori.

Ebbene si, il mio orto è un caos… lo stesso caos che normalmente si trova in natura…