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Capitalismo forever. È ripartita la fanfara del sistema

di The Advisor - 22/04/2009

 
 
Solo poche settimane fa sembrava la fine del mondo. Solo poche settimane fa il solo pensiero di mettere mano a qualche tipo di investimento sembrava una possibilità remota, ormai relegata a un tempo passato. Oggi, invece, sembra che tutti i problemi che hanno innescato questa crisi siano, se non risolti o svaniti nel nulla, almeno improvvisamente sopiti. Sembra quasi che vi sia una specie di bonaccia benevola che ci sospingerà, senza troppi sforzi, in un futuro che sostanzialmente possa essere ricondotto al passato. Sembra, insomma, che si possa già tornare a pensare come prima.

Che fine avranno mai fatto i mutui subprime, i titoli tossici, le difficoltà dell'Est Europa, i bilanci lesionati delle banche, i deficit pubblici, la tenuta traballante dell'Euro? Sono problemi risolti o stanno ancora sul tappeto? E, soprattutto, i recenti rialzi di borsa sono indice di un mutamento definitivo verso il bello o, invece, un'ennesima trappola per gonzi? Si può tornare ad investire con serenità? Ci si può fidare? E i disoccupati? Forse un domani potranno reimpiegarsi? E le perdite finanziarie? Forse, chi ha "tenuto" potrà un domani tornare a vedere quotazioni più accettabili? Bastano due o tre dati "meno negativi" per sognare una ritrovata "positività"?

Queste sono solo alcune domande che incombono. Il sistema si arrampica sugli specchi e cerca di rispondere in modo affermativo, ma su quali basi pratiche si facciano queste valutazioni non è ancora dato di sapere. Di certezze, per chi guarda alla realtà con occhio tecnico e disincantato, non ce n’è neppure l'ombra, tanto che lo stesso FOMC (Federal Open Market Committee, l'organismo della FED più attento ai dati macro) non ha posizioni comuni al suo interno.

Il sistema si sta sbracciando per offrirci un'immagine benevola di sé. Per convincerci che, in fondo, l'unica possibilità che abbiamo non è immaginare un futuro diverso, con nuove regole del gioco, ma seguitare ad affidarci alla sua forza intrinseca e a fare il tifo per la risalita del Pil e delle Borse, collaborando di buon grado a uscire dalle secche in cui questo modello di sviluppo si è incagliato. Insomma, pare che convenga proprio a tutti fare finta di nulla, fare finta che nulla sia successo e continuare daccapo come prima. Questa operazione di "restyling" si sta svolgendo nel più subdolo dei modi: cercando di salvare l'immagine morale della finanza stessa. Cercando di dimostrare che le attività finanziarie, anche quelle relative alla vituperata "finanza creativa" sono in realtà attività commendevoli, volte al bene dell'umanità, foriere di benessere e prosperità. Poco importa che poi possano generare quei fastidiosi inciampi di percorso quali ingiustizie sociali, disuguaglianze, crisi rovinose.

Come disse Milton Friedman, famigerato capofila degli iperliberisti “Chicago Boys”, rispondendo a una giornalista del New York Times che nel 1976 gli chiedeva «se il costo sociale delle sue politiche [nel Cile di Pinochet] sarebbe stato eccessivo», le conseguenze non sono un problema. Testualmente, «domanda sciocca».

Le trombe della propaganda hanno ricominciato a suonare: per consentire al capitalismo di continuare a prosperare è sufficiente che si ristrutturi il settore finanziario. Non che esso cambi profondamente, nelle sue logiche e nelle sue pratiche. Solo che si ristrutturi, in modo tale da neutralizzare gli effetti dell’indigestione di titoli speculativi ridotti a carta straccia, dapprima sovrastimati all’eccesso e poi crollati miseramente.

E basta, suvvia, col guardare malevolmente chi ci ha straguadagnato sopra, basta col continuare a «soffiare sul fuoco di questo risentimento». Soprattutto, come ci dice Ben Bernanke, basta coll'ideare troppi controlli, troppi vincoli sulla finanza, vero motore dell'economia. Troppi controlli potrebbero distruggere questa povera finanza, lasciamola lavorare in pace, che diamine. Come afferma egli stesso, «La regolamentazione non deve prevenire l'innovazione, piuttosto dovrebbe fare in modo che le innovazioni fossero sufficientemente trasparenti e comprensibili per consentire alle scelte dei consumatori di guidare i buoni risultati di mercato».

La chiave di lettura, invece, è che i problemi siano talmente grandi, talmente complessi da esser di per sé irrisolvibili senza l'ausilio, si fa per dire, della finanza. Come il drogato che non può uscire dal tunnel senza continuare ad assumere le sue dosi, così il mondo non può fare a meno di truccare i bilanci, di alimentare bolle speculative su questo o quel prodotto (reale o finanziario che sia), di "costruire", di "inventare", di essere "creativo". Sono queste le condizioni essenziali per uscire dalla crisi, continuando come prima. E l'unica possibilità che resta, per riuscirci, è ricominciare coi trucchi, con le mistificazioni, con le ipervalutazioni. Solo così se ne esce. Solo così il sistema può sopravvivere: con un’immensa scrollata di spalle e girandosi dall'altra parte. Dormite pure, bimbi belli.