Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / 25 aprile, una festa piena di equivoci

25 aprile, una festa piena di equivoci

di Annalisa Terranova - 27/04/2009

 

Sul 25 aprile continuo a pensarla all’antica, anche in tempi di euforico nuovismo. E’ una data che non può unire, ma solo dividere in nome di sempre rinnovate ipocrisie. Delle ultime che ci sono state regalate dal cosiddetto ambiente di destra, ne citerò solo due: l’elogio dei partigiani “patrioti” fatto dalla fondazione finiana Farefuturo (idea il cui copyright va attribuito a Filippo Rossi) e il no, fatto in forma di solenne abiura, alla proposta di legge che equipara le pensioni di ex repubblichini e partigiani, un no di cui si è reso protagonista simbolicamente Gianni Alemanno firmando un appello su sollecitazione di un consigliere comunale talmente disposto a “condividere” valori da ritenere scomodi persino i morti di Acca Larenzia.
Sul primo punto: la cosiddetta pacificazione deve venire prima della condivisione della memoria (anche il Msi, partito sotto molti aspetti cialtronesco, l’aveva capito e perseguiva con un minimo di coerenza questo obiettivo). La pacificazione avviene se i vincitori fanno passi simbolici di rispetto e riconoscimento verso gli sconfitti. Il contrario (in questo caso l’aureola posta in blocco al movimento partigiano) è solo frutto di un miop
e provincialismo culturale, peraltro fuori tempo massimo (dal discorso di Violante sui vinti di Salò sono passati tredici anni!) visto che ormai quasi tutta la sinistra è disposta a riconoscere che la resistenza degenerò in una brutale guerra civile.
Sul secondo punto: avallare l’idea che gli ex repubblichini debbano meritare rispetto solo quando si trovano sotto due metri di terra mentre in vita debbano continuare a essere dileggiati mi sembra eticamente ripugnante. O li si rispetta anche da vivi, o niente. Non si può distribuire il rispetto in dosi omeopatiche a seconda della convenienza politica. Vorrei ricordare che Giano Accame, da tutti c
ompianto forse anche con una buona dose di retorica poco sincera, sul punto in questione osservava che le generazioni non possono continuare a guardarsi in cagnesco per le scelte diverse dei padri e dei nonni. Il 25 aprile, inteso come è stato sempre inteso, perpetua appunto questo rischio e se gli eredi degli sconfitti continuano a comportarsi come eterni perdenti che hanno qualcosa da farsi perdonare non si va da nessuna parte, o meglio si va sempre più in basso. In entrambi gli episodi che ho citato tutt’al più si ravvisa con tristezza un’ansia da prestazione della destra da pochissimo tempo accolta nel salotto buono del politicamente corretto, un luogo in cui la coerenza dei postfascisti si misura dal modo di flirtare con la sinistra in chiave antiberlusconiana.
In conclusione mi affido a una bella pagina di Massimo Fini, scritta nel 1983 ma, mi pare, ancora tristemente attuale, nonostante i segnali di novità giunti da Berlusconi (cambiare il
nome della festa). Scriveva dunque Fini: “La retorica della Resistenza (non la Resistenza, anche se è stato un movimento più limitato di quanto si è voluto farci credere) e la demonizzazione del fascismo (non il giudizio negativo sul fascismo) sono due fenomeni che vanno di pari passo e che sono serviti ad alcune operazioni tutt’altro che innocenti di cui portiamo le conseguenze ancor oggi. La prima di queste operazioni è che, grazie alla retorica della Resistenza e alla demonizzazione del fascismo, l’Italia ha fatto finta d’aver vinto una guerra che aveva perso. Evitandoci così un esame di coscienza che, fatto a tempo debito, sarebbe stato utilissimo. La seconda è che dal 25 aprile in poi tutti gli italiani sono diventati d’improvviso antifascisti e il fascismo è sembrato qualcosa che non aveva niente a che vedere col popolo italiano e con la storia del nostro paese. La terza operazione è più precisamente politica. Mito della Resistenza e demonizzazione del fascismo sono serviti agli interessi dei due maggiori partiti italiani, quelli del Pci e quelli della Dc. Così retorica della Resistenza e demonizzazione del fascismo hanno grandemente contribuito a incancrenire la politica italiana in polemiche catacombali e superate, a fermarla a problemi vecchi ostacolando la comprensione di quelli nuovi”. (cit. da Massimo Fini, “Il Conformista, tascabili Marsilio).