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Stiamo bruciando i ponti verso il XXI secolo

di Dmitry Orlov - 02/05/2009

 


Il futuro assomiglierà o no al passato? Quando manca la luce la gente accende delle candele o delle lampade a olio, così come si usava un tempo prima dell’avvento dell’energia elettrica. Ma, non più abituate a lavorare a lume di candela, le persone tendono a provocare incendi e, per un momento, finchè non si riappropriano di questa esperienza nel giusto modo o finchè la selezione naturale non elimina i veri incompetenti, l’intero vicinato diventa tutto una fiamma.

Quando scopriamo che il supermercato è senza generi alimentari e che la dispensa è vuota, andiamo a caccia, a pesca, seminiamo del foraggio, piantiamo degli orti e cominciamo a provare ad allevare polli e conigli. Quelli che sono incapaci di farlo, o che pensano che questo genere di lavori sia di bassa qualità e intacchi la loro dignità, si trovano a dipendere dalla carità di coloro che sono più adattabili o più affamati.

Man mano che il progresso moderno avanza esaurendo le risorse (quei fotoni che ere fa si sono fissati nelle forme fossili, ora stanno entrando nell’atmosfera sotto forma di diossido di carbonio) il sistema ecologico naturale torna pian piano alla sua forma pre-moderna. Se non arrivano più scarpe da ginnastica dalla Cina, cuciamo mocassini o zoccoli intagliati. Se abbiamo poche risorse ma siamo pieni di risorse, possiamo ancora realizzare scarpe, intrecciando corteccia di betulla ed usando la paglia come suola isolante, come quelle chiamate “lapti”. Se siamo davvero privi di risorse e incapaci di farlo allora andiamo a piedi nudi.

Pare comune buon seno accettare questa inversione del sistema come cosa naturale, e fare tutto il possibile per avere tutto quanto ci necessiti, strumenti per lavorare la pelle, uno stock di paraffina, semi, attrezzature per pescare e una miriade di altre cose simili che facevano parte del kit per la sopravvivenza nel periodo pre – industriale. L’ultima cosa che dovremmo voler fare è di gettar via tutto ai primi segnali di ripresa economica e per futili ragioni. E tuttavia questo sembra essere il modello prevalente.

Ad esempio, se ci aspettiamo che gli stranieri non continuino per molto ancora a commerciare il loro petrolio per avere in cambio dollari Usa di poco valore e che gli Usa perdano la possibilità di acceso ai due terzi dei propri idrocarburi, avrebbe senso fare qualche provvista per le coltivazioni e per spostare i carichi. Dato che un John Deere non può correre con del fieno, questo significa che ci serviranno dei cavalli. Inoltre, questo è il momento giusto per le fattorie di fornirsi di “cavalcature” perché moltissimi proprietari di cavalli non possono continuare a sostenere il lusso di tenersi un cavallo ed è quindi possibile comperarne uno a una cifra molto bassa. Molti proprietari di scuderie sarebbero felici di regalare i loro cavalli ed avere una tassa in meno piuttosto di vedere i loro diletti animali trasformati in glutine. Invece i cavalli vengono trasportati, attraverso il Paese, nel Messico per trarne profitto, soffrono incredibilmente durante il viaggio e poi vengono squartati da incompetenti con i machete.

Prima dell’avvento dei combustibili fossili i carichi che non si potevano spostare con i cavalli e i vagoni, venivano trasportati per mare. Quindi avrebbe perfettamente senso se noi tenessimo tutte le barche che possediamo perché diverranno certamente utili una volta che gli altri metodi di trasporto non saranno più disponibili. Avere una barca a vela non è particolarmente costoso; vi sono insenature protette nelle quali si può tenere ancorata una barca scarica, purchè la si usi di tanto in tanto. Le barche piccole, facilmente trainabili, sono utili anch’esse e si possono tenere per anni anche in cortile, sotto un rivestimento di copertura, sul retro del prato. Ed ecco che ora i proprietari di barche a vela, non più in grado di pagare le tasse o il sollevamento fuori dall’acqua dei loro lussuosi yacht, li abbandonano, semplicemente lasciandoli andare alla deriva ed infine lasciandoli affondare così che si vedano affiorare appena quando c’è bassa marea, oppure li lasciano trasportare dalle onde sulla spiaggia così che le rocce li riducano in frantumi.

Anche se la barca in sé non è adatta a un servizio pratico (e grazie all’effetto combinato dello sport e del lusso proposto dal mercato nautico, ce ne sono molte più di quanto si immagini) alla fine a queste barche possono essere tolte le vele di dacron, le sartie d’acciaio e le finiture di bronzo, l’involucro della zavorra, il rame dell’impianto elettrico, i pennoni di alluminio e molte altre cose che sono sia molto utili sia difficilmente reperibili in futuro in un’economia che procederà grazie al vento, al fieno e alla legna da ardere. La carcassa che rimane, di fibra di vetro, potrà servire per creare interessanti e durevoli case sugli alberi.

In generale non mancano gli sforzi per conservare le cose. Stiamo facendo uno sforzo per salvare gli istituti finanziari che sono l’ultima effimera (illusione) della civiltà industriale, e che hanno la garanzia assoluta di non avere ragione alcuna per continuare a esistere in un futuro nel quale il debito, basato sui futuri guadagno e che quindi sarà scarso, se va bene, e il denaro, che conserverà il suo valore solo finchè permetterà di accedere alle risorse di energia pura e concentrata, saranno regolarmente ridotti a un nulla.

E’ come se i dottori decidessero anche solo di provare a salvare un paziente in stato vegetativo e quadriplegico affetto da un cancro giunto alla fase terminale, o come se gli ambientalisti decidessero che le liste delle specie protette avessero spazio solo per un animale: il pipistrello vampiro. Avrebbe molto più senso cercare di salvare le piccole imprese, come quelle familiari che servono la comunità locale, perché c‘è una buona probabilità che esse possano avere un futuro o che almeno siano utili a rendere più agevole il passaggio da un sistema ad un altro.

Invece stiamo sprecando le risorse che restano per i vari mastodonti dell’era industriale.

Io credo sia giusto proporre una visione del futuro piena di speranza ma sono altrettanto convinto che sia importante dare una panoramica adeguatamente orribile del presente perché, a mio avviso, è la più realistica. In ogni caso comincio a sentirmi frustrato nei miei sforzi a causa di questa nuova ondata che attraversa la terra e spinge a darsi la zappa sui piedi e ad appiccarsi il fuoco ai capelli.

L’unica speranza che posso offrirvi oggi è che l’attuale demenziale tendenza a correre verso il suicidio sia un fattore temporaneo e che debba trascorrere ancora parecchio tempo prima che roviniamo completamente ogni possibilità di realizzare una riconversione ordinata.

Titolo originale: "Burning our Bridges to the XXI Century"

Fonte: http://cluborlov.blogspot.com
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Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di PAOLA BOZZINI