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11/9: chi tocca i fili

di Pino Cabras - 02/05/2009






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Chi tocca i fili muore, o per lo meno si dimette, o viene dimesso. Il cliché del discorso pubblico sull’11 settembre si ripete spesso. Si è ripetuto anche nel
caso più recente, quello della rivista scientifica che ha pubblicato un articolo clamoroso, firmato dal professore danese Niels Harrit e altri otto scienziati, quello in cui dall’analisi delle polveri del World Trade Center si è ricavata la presenza di un materiale nanotech che potrebbe essere la causa dei danni che l’11/9 hanno fatto crollare i tre grattacieli. La ‘editor in chief’ della rivista, Marie-Paule Pileni, si è dimessa, una volta interpellata da videnskab.dk, lamentandosi di non essere stata informata della pubblicazione dell’articolo. Materia scottante, al solito.



Prima di addentrarci in questo caso specifico, dobbiamo ricordare che già per altri numerosi episodi sono scattati provvedimenti drastici non appena si arrivava a sfiorare il tabù delle versioni dell’11/9 codificate dai media mainstream e dagli enti che hanno condotto le inchieste.

È capitato nel 2008 a due giornalisti al vertice di «France 24», il canale ‘all news’ francese, Grégoire Deniau e Bertrand Coq, rispettivamente direttore dell'informazione e redattore capo del canale, entrambi vincitori del premio Albert Londres, il “Pulitzer francese”.
Licenziati in tronco per “colpa professionale”, il giorno in cui avevano osato organizzare un dibattito sull’11/9.

Anche due delle firme del ‘paper’ di cui è capofila Harrit, Steve Jones e Kevin Ryan, hanno dovuto lasciare il loro lavoro subito dopo aver preso posizione sull’11/9, quando avevano divulgato quanto avevano appreso dai rispettivi ambienti e campi di attività. Prassi comportamentali tollerate in migliaia di altri casi diventano improvvisamente un problema da risolvere, e un cavillo si trova sempre. A meno che non ci sia una ritrattazione. Ha funzionato così anche in altri casi.

Un testimone oculare sulla fine dell'edificio 7 del World Trade Center, Barry Jennings, del Dipartimento per gli Alloggi della città di New York, aveva dichiarato episodi nettamente discordanti dalle versioni ufficiali. Jennings chiese tuttavia che la registrazione della sua testimonianza per il documentario Loose Change Final Cut venisse ritirata per paura delle conseguenze. Poco dopo Barry Jennings morirà, all'età di 53 anni, in circostanze ancora sconosciute. In altri casi sono stati dei tempestivi suicidi a mondare le controversie.

La professoressa Marie-Paule Pileni, per buona sorte, è ancora in salute. E scrive: «hanno messo in stampa l’articolo senza il mio permesso, e finché voi non mi avete interpellato, io non sapevo che l’articolo fosse stato pubblicato. Io non lo posso accettare, e di conseguenza ho scritto all’[editore]
Bentham che mi dimettevo da tutte le attività con lui.»

Fin qui la prassi contestata. Poi la professoressa Pileni entra sulla questione dell’articolo in sé: «non posso accettare che una tale materia sia pubblicata nella mia rivista. Questo articolo non ha nulla a che vedere con la chimica fisica o la fisica chimica, e non faccio fatica a credere che ci sia un punto di vista politico dietro la sua pubblicazione. Se qualcuno me l'avesse chiesto, avrei detto che questo articolo non avrebbe mai dovuto essere pubblicato in questa rivista. Punto.»

Un commento rimarchevole è attribuito alla professoressa francese: «Marie-Paule Pileni sottolinea che poiché l’argomento ricade fuori dal suo campo di competenza, non può giudicare se l’articolo di per se stesso sia buono o cattivo.»
Leggendo invece il suo curriculum, le sue
aree di ricerca sembrano contraddire questo assunto. Commenta bene 911blogger.com: «Interessante. Stretti legami con il complesso militare industriale francese ed europeo. Esperienza con esplosivi (polverizzati) e nanotecnologie. È cosa ragionevole presumere che la Pileni conosca bene i nano-esplosivi. Pertanto l’obiezione della Pileni sul fatto che la materia ricada fuori dal suo campo di competenza è falsa. Perché mai un’esperta di nanotecnologie ed ex “consulente di esplosivi polverizzati” non vuole commentare in merito a un articolo che tratta di esplosivi nano-termitici? Un articolo che ha fatto sì che si dimettesse? Inspiegabile».
Insomma, La Pileni vede obiettivi politici dietro l'articolo, che però non ha in sé parti di analisi politiche. Davvero incomprensibili i suoi rilievi di merito. Gli autori sono chimici e fisici, la materia trattata è lo studio fisico del contenuto chimico e delle reazioni nei campioni considerati. Dove diavolo è, dentro il ‘paper’, la politica? Non c'è. Non certo nel testo in sé. Politiche sono le conseguenze, queste sì. Perché si sollevano questioni davvero scomode, imbarazzi che possono segare una carriera fin lì senza sgarri.

Madame Pileni ha per giunta criticato pesantemente la giovane rivista “Open Chemical Physics”, che ha pubblicato lo spinoso articolo. Il fatto che le altre riviste scientifiche non l’abbiano ancora citata sarebbe per lei il segno che questa testata non sia una buona rivista, e non sia pertanto di alcun interesse. Aveva accettato di diventare la redattrice capo per offrire l’opportunità a giovani ricercatori di farsi conoscere. Ora non vuole che il suo vistoso curriculum e il suo nome siano in alcun modo associati alla rivista.

Eppure è abbastanza normale che il caporedattore non legga proprio tutti gli articoli che appaiono nella sua rivista scientifica. Le dimissioni intervengono su una questione che esula dalle procedure scientifiche normalmente adottate e rivela, essa sì, un disagio tutto politico. Tra l’altro il potenziale discredito richiamato sulla rivista passa per un sacrificio di credito personale che ricade innanzitutto sulla Pileni stessa e sul suo scrupolo di redattrice capo. Evidentemente è disposta anche a questa immolazione.

Il chimico Niels Harrit si è detto dispiaciuto delle decisioni di Marie-Paule Pileni: «Mi ha sorpreso, certamente, e mi dispiacerebbe se il nostro lavoro ne traesse discredito. Ma il suo abbandono non cambia le nostre conclusioni perché è un fatto meramente personale che l’ha fatta adirare. Resto convinto che abbiamo fatto della fisica chimica e se ci sono degli errori nel nostro studio, saremmo ben lieti di sentire le sue critiche»

La Pileni a un certo punto ha affermato che «Open Chemical Physics», la rivista di cui pure aveva accettato di coordinare la redazione, «non compare nell'elenco delle riviste internazionali, e questo è un brutto segno. Ora vedo che questo è perché si tratta di una cattiva rivista.»

Ma è davvero così? Niente affatto.

Invero anche il nostrano Dipartimento Materiali e Dispositivi del C.N.R. ricomprende la «Open Chemical Physics»:
http://www.dmd.cnr.it/english/oaj.php

Ma non finisce mica qui. La rivista «Open Chemical Physics», assieme ad altre 154 riviste della Bentham, fa parte della lista nella directory delle riviste ad accesso libero gestita dalle biblioteche della Università di Lund:
http://www.doaj.org/doaj?func=findJournals&hybrid=&query=bentham.

Una ricerca su Google che richieda al motore di ricerca quattro parole: "open chemical physics journal" – nelle sue prime 5 pagine rimanda a una marea di inclusioni della rivista nelle biblioteche e database accademici:
http://www.google.com/search?q=%22open+chemical+physics+journal%22&hl=en...

Georgetown University Library:
http://library.georgetown.edu/newjour/o/msg02683.html

Intute: Science, Engineering and Technolog:
http://www.intute.ac.uk/sciences/cgi-bin/fullrecord.pl?handle=20080813-1...

Internetchemie:
http://www.internetchemie.info/chemistry/chemical-physics.htm

Ecole Polytechnique Federale De Lausanne- Scientific Information and Libraries:
http://library.epfl.ch/en/periodicals/?recId=12868587

Henryk Niewodniczanski Institute of Nuclear Physics PAN:
http://www.ifj.edu.pl/lib/dodat_info.php?lang=en

University of Saskatchewan Library:
https://library.usask.ca/ejournals/view/1000000000375713

ABC Chemistry- Belarusian State University, Minsk, Belarus:
http://www.abc.chemistry.bsu.by/current/fulltexto.htm

Portico.org – “support for Portico is provided by The Andrew W. Mellon Foundation, Ithaka, The Library of Congress, and JSTOR”:
http://www.portico.org/Portico/feedback/oa_title_recommendation.por

J R D TATA MEMORIAL LIBRARY (JRDTML) - INDIAN INSTITUTE OF SCIENCE:
http://www.library.iisc.ernet.in/bentham/bentham-open-journals.htm

逢甲大學圖書館 Feng Chia University Library:
http://e-resources.fcu.edu.tw:8080/1cate/?BM=az&provider=DOAJ&tableName=...

Wageningen UR Library Catalogue:
http://library.wur.nl/WebQuery/catalog/lang/1902051

Geneva Foundation for Medical Education and Research:
http://www.gfmer.ch/Medical_journals/Biochemistry_chemistry_physics.htm

Brigham Young University- Harold B. Lee Library:
http://exlibris.lib.byu.edu/sfxlcl3?url_ver=Z39.88-2004&url_ctx_fmt=info...

Journal Search - Sutherland Shire Libraries:
http://journalsearch.sutherlandlibrary.com/JournalDisplay.asp?JournalID=...
http://911reports.com

Non va dimenticato che «Open Chemical Physics Journal» - rivista inclusa nella famiglia di riviste a revisione paritaria Open della Bentham, pubblicamente apprezzate da vari premi Nobel – rende tutti i suoi articoli disponibili online e gratis.

L’
Editorial board della rivista comprende 98 nomi di tutto il mondo, fra cui 6 italiani. La pubblicazione scientifica in questione è assolutamente ben sorvegliata. Ben nove autori si sono coinvolti in pieno: Niels H. Harrit, Jeffrey Farrer, Steven E. Jones, Kevin R. Ryan, Frank M. Legge, Daniel Farnsworth, Gregg Roberts, James R. Gourley, Bradley R. Larsen.
Il lavoro svolto rientra perfettamente nel loro campo di competenza, e si espongono apertamente alle controanalisi e alla confutazione delle loro conclusioni nel caso che vi fosse stata una qualche falsificazione.
Sono le parole 11 settembre e World Trade Center l’unica vera grana.
“Active Thermitic Material Discovered in Dust from the 9/11 World Trade Center Catastrophe”.
Questa scoperta segnerebbe una chiara strada alla riapertura del caso qualora risultasse definitivamente confermata.
Perciò chi ha dato spago al mito del complotto di Bin Laden non la vede di buon occhio.