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Sri Lanka, guerra senza tregua

di Enrico Piovesana - 02/05/2009




La diplomazia non ferma i bombardamenti governativi su ribelli e civili tamil

La missione diplomatica in Sri Lanka dei ministri degli Esteri britannico e francese, David Miliband e Bernard Kouchner, non è riuscita a convincere il presidente Mahinda Rajapakse a concedere una tregua umanitaria alle Tigri tamil per consentire l'evacuazione dei 50 mila civili ancora intrappolati nella zona di conflitto.

Il presidente: occidentali ipocriti e ingenui. "Non ci sarà nessun cessate-il-fuoco", ha dichiarato Rajapakse dopo la partenza dei due diplomatici. "Gli occidentali cercano di fare pressione su di noi usando l'argomento dei civili: ma perché non vanno a vedere cosa hanno fatto e stanno facendo loro in Iraq e Afghanistan? Se io ho detto che non stiamo usando armi pesanti e bombardamenti per non mettere a rischio i civili, significa che è così. Ma questi inviati stranieri sono pronti a credere alla propaganda di un'organizzazione terroristica".
Ma le immagini e le notizie che giungono dalla zona dei combattimenti dimostrano che le forze armate di Colombo - che domenica avevano annunciato che non avrebbero più usato ‘armi pesanti' - stanno continuando a bombardare dal cielo, dal mare e dalla terra i cinque chilometri di spiaggia a nord di Mullaitivu rimasti in mano ai guerriglieri dell'Ltte.

I bombardamenti non si fermano. Un video diffuso dalle Tigri tamil mostra i caccia governativi che lunedì 27 aprile sganciavano bombe sulla cosiddetta ‘Safe Zone'. Alle 6 di pomeriggio, sempre secondo le Tigri tamil, sono iniziati i bombardamenti di artiglieria, proseguiti senza sosta tutta la notte, fino alle 11 del mattino seguente: in diciassette ore almeno 2.600 razzi, 2 mila proiettili di mortaio e mille cannonate, sparate anche dalle navi della marina militare, sono piovute sulle tendopoli tra le palme, uccidendo 272 civili e ferendone altre centinaia. Impossibile confermare queste notizie, vista l'assenza in loco di giornalisti e osservatori indipendenti. Anche se le immagini delle esplosioni sulla spiaggia confermano il bombardamento sugli sfollati.
Ieri mattina, mercoledì, i guerriglieri avrebbero raccolto altri 160 cadaveri di civili. E nel pomeriggio, attorno alle 16, i bombardamenti, da terra e dal mare, sarebbero ricominciati, uccidendo altri 150 civili e colpendo anche l'unico ospedale da campo rimasto: il bilancio fornito ieri sera dall'Ltte parla di almeno nove pazienti uccisi e quindici feriti.

Uccisi 6.432 civili, 150 mila profughi maltrattati. Le Nazioni Unite, non le Tigri tamil, hanno contato 6.432 civili tamil uccisi tra il 20 gennaio e il 20 aprile, ovvero più di settanta ogni giorno. Ora che la densità di sfollati è aumentata (50 mila ammassati in otto chilometri quadrati), le cifre fornite quotidianamente dall'Ltte potrebbero anche essere verosimili.
Non se la passano meglio i 150 mila civili tamil scappati nelle ultime settimane dalla zona di conflitto e finiti nei ventiquattro campi d’accoglienza allestiti e gestiti dall’esercito, dove, secondo il sito filo-ribelle TamilNet, i profughi vengono trattati “come i prigionieri dei campi di concentramento nazisti”: “Le condizioni igieniche – denuncia il sito – sono disumane, il cibo viene lanciato ai profughi come ai cani, e la gente è costretta a correre. Nel campo di Menik, a Vavuniya, due bambini sono morti schiacciati nella calca. Sessanta profughi sono già morti per malattie. E almeno trecento giovani sono stati forzosamente arruolati nell’esercito”. Precedentemente erano già stati denunciati  maltrattamenti, torture e sparizioni. Nesso può uscire dai campi, salvo gli ultrasessantenni che hanno parenti in zona.