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Libano, soldi da tutto il mondo per condizionare il voto di giugno

di Carlo M. Miele - 05/05/2009





Di sicuro, quelle del prossimo 7 giugno saranno le elezioni più costose della storia libanese. Probabilmente saranno ricordate anche come quelle più corrotte.

A un mese esatto dal voto, in Libano sono già arrivati da tutto il mondo centinaia di milioni di dollari, che serviranno a finanziare la campagna elettorale dei diversi candidati e a influenzare l’esito elettorale.

Com’è ovvio, tutte le più importanti forze politiche negano di ricorrere a queste pratiche, ma vari osservatori sostengono invece che si tratta di comportamenti abituali e diffusi.

In un Paese in cui lo stipendio medio di un insegnante è mediamente inferiore ai 700 dollari al mese, il periodo elettorale diventa un momento importante per guadagnare qualcosa.

“Dagli anni novanta, sono iniziati ad arrivare più soldi”, ha dichiarato Paul Salem, direttore del Carnegie Middle East Center di Beirut, secondo cui “il sistema (libanese) vi si adatta e in qualche modo se lo aspetta, specialmente tra le fasce povere”.

I più ambiti sono i voti dei distretti contesi. In queste zone gli elettori sono diventati oggetto di una vera e propria asta. “Chi paga di più avrà il mio voto”, ha dichiarato al New York Times Hussein H., un disoccupato di 24 anni della parte sud di Beirut, precisando che accetterà “non meno di 800 dollari”.

A migliaia di emigrati originari dei distretti “caldi” sono stati offerti biglietti gratuiti per tornare a casa e recarsi alle urne.

Terreno di battaglia

Il fenomeno non è nuovo per il Libano, che storicamente è sempre stato un terreno di battaglia per dirimere i conflitti regionali, ma questa volta ha raggiunto dimensioni senza precedenti.

Lo scorso fine settimana è intervenuto anche il cardinale Nasrallah Butros Sfeir, che in un’intervista televisiva ha denunciato i grossi flussi di denaro provenienti dall’estero, che rischiano di compromettere l’intera competizione.

Diverse potenze straniere – ha accusato il patriarca dei maroniti, la più grande comunità cristiana del Libano - stanno tentando di influenzare l’esito delle elezioni e la vita politica libanese.

Media locali ed esteri parlano di grosse somme pagate da alcuni candidati per avere articoli accondiscendenti su televisioni e giornali, o versate ai propri avversari al fine di ottenerne il ritiro dalla competizione.

Questo enorme flusso di denaro, che aggira facilmente i vincoli posti dalla legislazione locale, non sta facendo altro che accrescere il tradizionale cinismo con cui i libanesi guardano alla politica del loro Paese.

D’altra parte - e al di là di come si concluderà la competizione che vede in corsa la coalizione filo-siriana guidata da Hezbollah (data per favorita) e quella filo-occidentale dell’attuale premier Fouad Siniora – il sistema costituzionale libanese fondato sul riconoscimento delle diverse confessioni religiose dovrebbe portare alla creazione di un nuovo “governo di unità nazionale” e, di fatto, garantire la continuità.

Gli Stati Uniti e i loro alleati mediorientali, tuttavia, si stanno attivando per impedire il temuto successo del movimento sciita, che - al di là delle sue conseguenze pratiche - sarebbe comunque interpretato come una vittoria dell’Iran e un rafforzamento della sua influenza regionale.

Un esponente del governo saudita citato dalla stampa Usa ha ammesso che Riyadh sta inviando centinaia di milioni di dollari in Libano per “sostenere i candidati che corrono contro Hezbollah”.

Notizia confermata al Nyt da Ahmed al-Asaad, candidato del Libano meridionale, che ha dichiarato che l’Arabia Saudita ha rappresentato una “significativa fonte di sostegno” per la sua campagna contro Hezbollah.