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La competizione padre-figlio

di Francesco Alberoni - 05/05/2009



Freud si era accorto che il figlio maschio ama il padre e lo ammira però, contemporaneamente, si mette in competizione con lui. E spiega questo antagonismo col desiderio di avere tutta per sé la madre come nella vicenda di Edipo che uccide il padre per sposare la madre Giocasta. In realtà alla base di questa competizione il sentimento dominante non è la gelosia, ma l’invidia.

Noi ci identifichiamo con chi consideriamo migliore, più forte, più potente, più abile e vogliamo essere come lui. Se lo amiamo, lo ammiriamo, lo consideriamo un capo. Se invece prevale il rancore lo invidiamo. Vorremmo che non valesse così tanto, vorremmo che sbagliasse e, per dimostrare agli occhi degli altri e di noi stessi di valere più di lui, lo calunniamo, lo denigriamo. È più facile ammirare un personaggio lontano, un cantante, un regista, un attore, un leader politico che ti appare irraggiungibile piuttosto che uno con cui vivi fianco a fianco e di cui vedi i difetti, le debolezze, le miserie per cui, quando trionfa, ti dici «ma lo meritavo più io!».

L’invidia scoppia fra simili, il farmacista invidia il farmacista più ricco, il medico il collega che ha successo, lo scrittore l'autore che vende di più. E può insinuarsi fra coloro che vivono insieme. Scoppia tra amici, tra fratelli, tra marito e moglie quando uno riesce e l’altro no. C’è quasi sempre un momento in cui il figlio non vuol sentirsi inferiore al padre e cerca di fare come lui o meglio di lui. È un’ottima cosa. Conosco ragazzi che hanno fatto fiorire l’impresa paterna. Però ho notato che ci sono riusciti quando hanno conservato un ricordo positivo, addirittura il mito del padre. Quelli che, invece, provavano rancore e invidia, alla morte del padre spesso hanno venduto l’impresa.

Oppure hanno cercato di affermare la loro diversità distruggendo ciò che egli aveva fatto col risultato di portarlo alla rovina. No, il conflitto figlio-padre non sorge dalla gelosia erotica, ma dagli stessi meccanismi invidiosi che si scatenano fra l’allievo e il maestro, fra i seguaci e il capo. Tutti coloro che vivevano accanto a Cesare credevano di essere come Cesare, meglio di Cesare. Napoleone diceva che tutti i suoi marescialli erano convinti di saper fare meglio di lui. Però solo Bernadotte l’ha tradito. Quelli che lo amavano veramente e che perciò credevano in lui gli sono rimasti a fianco nell’ultima battaglia. Alcuni, come Ney o come Murat, fino alla morte.