Apriamo una parentesi. Mi è stato chiesto di spiegare come, concretamente, si possa riconoscere uno stato di acidosi (di cui ci siamo occupati, ma soltanto in teoria, qualche settimana fa). Si tratta in effetti di un argomento interessante, con degl’immediati risvolti pratici.
Allego qui di seguito la copia di uno stampato che distribuisco ai miei pazienti, per commentarla a fine pagina:

CONTROLLO DOMICILIARE DELL’ACIDITA’ URINARIA

L’equilibrio acido/base dell’organismo può essere facilmente monitorato attraverso il controllo delle urine, eseguibile in questo modo:
-strappare un pezzetto di “striscia reattiva per il pH urinario” acquistabile in farmacia; ne esistono di varie marche, quelle più utili ai nostri fini comprendono la gamma tra 5 e 8 con molte gradazioni intermedie (p. es. strisce NaMed)
-immergere rapidamente la striscia nell’urina appena emessa e raccolta in un contenitore (o ancora più semplicemente, se la cosa non urta il senso del disgusto, urinare direttamente sulla striscia tenendola con le dita)
-confrontare immediatamente il colore con quelli riportati sulla confezione, e segnare il corrispondente valore numerico di pH su una tabellina, aggiungendo eventuali note come nell’esempio sottostante.
Per una disamina completa i controlli dovrebbero venire eseguiti come da schema, proseguendo per un tempo lungo a sufficienza per permetterci di capire l’influenza esercitata sul pH da cibo, stati emotivi, fatiche fisiche o psichiche, cambiamenti climatici, viaggi etc.

Il pH urinario ottimale dovrebbe attestarsi tra 6,5 e 7. Quando l’organismo è sotto stress il valore può abbassarsi fino a meno di 5, ma questa condizione deve essere considerata transitoria: se si mantiene stabile occorre correggerla nel breve termine con alcalinizzanti, nel lungo termine con provvedimenti dietetici, di igiene di vita generale o altro ancora, da discutere con il medico.

risvegliotarda mattinaprimo pomeriggioseratamomento di dormire
5,6 ieri sera cena pesante (ESEMPIO)5,96,26,5 stress lavorativo6,2

Occorre una nota: i parametri di laboratorio riconoscono come normali i valori di pH urinario fino a 5 - acido - giustificandoli con la constatazione che i reni allontanano dal corpo i radicali acidi prodotti dall’ alimentazione. Il problema è che questo dato viene ricavato per analisi statistica: siccome molto spesso le urine mostrano questi valori si finisce per accettarli come “normali” (cioè comuni alla più parte degl’individui indagati) anziché “sani” (cioè propri di un organismo in ottime condizioni). Prima che un coraggioso programma governativo invogliasse i finlandesi a consumare meno grassi animali, per quel popolo avere le arterie coronariche ostruite dal colesterolo (con un elevatissimo rischio di infarto) era “normale” ma certo non “sano”… Cioè, un corpo che stia autenticamente bene dovrebbe concentrare nelle proprie urine un quantitativo di scorie acide molto minore rispetto a quelle riscontrate con il dato statistico di laboratorio.

Dopo alcuni giorni di controlli assidui si potranno scoprire delle cose interessanti di se stessi, a conferma di quanto scrivevo nelle puntate precedenti: per esempio che realmente la dieta influenza l’equilibrio acido-base, oppure che ogniqualvolta il clima si fa freddo o siamo preda di stress il pH si sposta verso l’acido. A questo riguardo posso citare un’esperienza personale: due giorni dopo un intervento di chirurgia gengivale ottimamente condotto (il fatto che io sia “medico alternativo” NON significa che ho ripudiato la medicina ufficiale, sopratutto quando è insostituibile!) l’arrivo del freddo mi aveva riscatenato un gran dolore locale, venuto meno in pochi minuti senza antidolorifici ma con il solo ausilio di un prodotto abbatti-acidosi.

Però NON invito nessuno a praticarsi in autonomia un’alcalinizzazione, qualora riscontrata. E’ vero, da sempre la pratica dell’assunzione del conosciutissimo alcalinizzante “bicarbonato” (il cui nome corretto è bicarbonato di sodio) viene autogestita da milioni di persone, senza controllo medico; ma al solo scopo di ridurre il bruciore di stomaco - che a sua volta dipende, quasi sempre, da un eccesso di acidità locale - senza nulla conoscere dei suoi effetti a livello generale-metabolico. E inoltre se ripetuta a oltranza la procedura non è priva di rischi importanti come pressione alta o calcoli renali.
Però documentare lo stato di acidosi può rendere molto più semplice il lavoro del nostro medico, suggerendogli come eventualmente modificare il quadro. Una volta ricevute da lui precise istruzioni, potremo a nostra volta correggere un disturbo acuto come un dolore articolare, un’insonnia occasionale, l’inizio di una crisi di asma e così via.

Decrescita sanitaria: ridurre indagini e costi terapeutici senza ridurre (anzi, incrementando) il benessere.