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Fosforo bianco in Afghanistan?

di Alessandro Iacuelli - 13/05/2009

 


Un improvviso allarme arriva da un'organizzazione afghana per i diritti umani che l'11 maggio ha dichiarato che delle persone, in particolare dei civili, siano state colpite da armi al fosforo bianco durante uno scontro tra truppe americane e ribelli. In effetti, i medici afghani della provincia di Farah hanno in cura 16 pazienti con gravi ustioni, dopo lo scontro armato avvenuto il 4 maggio scorso. Ustioni che i medici classificano come "inusuali". La commissione indipendente per i diritti umani in Afghanistan ha deciso di aprire un’inchiesta sul possibile uso di fosforo bianco o di equivalenti armi chimiche di tipo incendiario contro i civili durante lo scontro. Nader Nadery, un membro di questa commissione, ha dichiarato al governatore di Farah che anche molti dei cadaveri ritrovati hanno il corpo fuso o ricoperto da ustioni estese.


Il fosforo bianco è un materiale spontaneamente infiammabile, che provoca gravi ustioni sul corpo, spesso fondendo parti anatomiche e provocando la morte. Secondo le convenzioni internazionali vigenti, non è vietato il suo uso, ma non può essere utilizzato su zone abitate. La risposta immediata è arrivata dal comando militare statunitense, con un comunicato in cui afferma di aver documentato 44 casi in cui "i militanti talebani hanno usato fosforo bianco in attacchi, o sono state trovate queste armi nei loro depositi". Il significato è chiaro: sono i ribelli ad usare il fosforo e non l'esercito americano.

Secondo la commissione per i diritti umani, i morti sarebbero tra i 120 e i 140, distribuiti in due villaggi della provincia di Farah, ovviamente viene precisato che non si sa quali vittime siamo civili e quali siano combattenti. C'è però qualcosa che non torna nella posizione presa dal comando americano. Infatti, il portavoce dell'esercito, colonnello Gren Julian, dichiara che che l'esercito non ha usato armi al fosforo per uccidere, che le usano solo per illuminare o per creare cortine fumogene, e da qui conclude: "Quindi, se sono state usate, è da ascrivere ai ribelli". Oltre questo, l'esercito americano non intende aprire inchieste sull'accaduto, anche sull'uso di tali armi da parte dei ribelli. "Se qualcuno ha delle prove, mi piacerebbe parlarne", ha concluso Julian.

E' chiaro che c'è qualcosa che non torna. Le prove sono nei 16 ricoverati che mostrano ustioni e ferite compatibili con l'uso di fosforo bianco. Poi Julian ammette, anche se ne limita l'uso all'illuminazione ed alle cortine fumogene, che il suo esercito ha usato la sostanza incendiaria. Infine, se sono stati davvero i ribelli ad usare armi al fosforo, i soldati americani lo sanno benissimo, visto che hanno ingaggiato un combattimento. Pertanto, perché il colonnello Julian mette il condizionale? Qualche malpensante potrebbe pensare che esiste anche una terza ipotesi: l'uso di proiettili incendiari da entrambe le parti.

Eppure il come sia andato realmente il combattimento non è affatto chiaro: da un lato Karzai accusa gli americani di avere ucciso 130 civili, dall'altro i militari che insistono nel dire che i ribelli hanno usato gli abitanti dei due villaggi come scudi umani, nella speranza che venissero uccisi, in modo da dar vita deliberatamente ad una crisi tra governo Afgano e truppe alleate. Come avviene sempre, in caso di incidenti militari di questo tipo, le parti in causa prendono posizioni diametralmente opposte. Oggi c'é però una differenza: anche per gli osservatori ONU per i diritti umani in Afghanistan ci sono dei testimoni importanti tra i civili sopravvissuti. Lo dice un membro di un dipartimento dell'ONU che si trova a Kabul, che ha voluto restare anonimo, intervistato dal quotidiano inglese Guardian.

Secondo la sua dichiarazione, le bombe al fosforo sono state sganciate da aerei dopo l'abbandono da parte dei ribelli del campo di battaglia. Alcuni aerei americani hanno sorvolato davvero quella zona, e questo lo può vedere chiunque visto che il daily report dell'US Air Forse è pubblicato online. "Il quadro che emerge è francamente orribile", ha dichiarato l'ufficiale delle Nazioni Unite, "gli abitanti del primo villaggio colpito, erano andati nella moschea a pregare per la pace. Poco dopo le preghiere della sera, sono iniziati i bombardamenti, e sono durati circa due ore." Restano a terra 130 morti, più i feriti gravi negli ospedali.

Il dottor Mohammad Aref Jalali, a capo dell'ospedale di Herat, un ospedale che gode di finanziamenti internazionali, ha dichiarato che i feriti portati nel suo ospedale presentano "ustioni fortemente insolite soprattutto sugli arti e le estremità, ustioni mai viste prima". Ed aggiunge: "Non possiamo essere sicuri al 100% su quale tipo di arma chimica abbia fatto questo, e non abbiamo gli strumenti per capirlo. Una donna portata qui ha raccontato che 22 membri della sua famiglia sono stati completamente bruciati e ha anche detto che è caduta una bomba che ha fatto una luce bianca che ha incendiato tutto, anche i vestiti delle persone. La bomba è stata lanciata da un aereo".

Evidentemente il colonnello Julian non intende ascoltare questa testimonianza, poiché non risulta che i ribelli in Afghanistan abbiano l'aeronautica a disposizione. Anche secondo altri medici afghani, sarebbe stata l'aviazione americana ad usare bombe al fosforo nell'attacco contro i talebani. Aref Jalali è perentorio nel dire che le ustioni "derivano da un agente chimico e non da un incendio di gas o benzina." Human Rights Watch ha chiesto alle forze internazionali a guida Nato di aprire un'inchiesta sull'accaduto. Il presidente afgano alza la voce, anche in considerazione del fatto che il prossimo 20 agosto l'Afghanistan affronterà le elezioni presidenziali, che vedranno ancora Hamid Karzai come principale candidato alla vittoria, forte di aver riconquistato una sorta di "benedizione internazionale": ora é impegnato nel tentativo di riguardagnare consensi nel paese sulla base delle proteste contro l'uccisione di civili inermi.