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Pulsazione dolore-gioia... Simone Weil

di Marco Mancassola - 14/05/2009

 
 

 

    

 

"Pulsazione dolore-gioia. Il dolore è violenza, la gioia è dolcezza; ma la gioia è la più forte. La gioia prevale sempre, automaticamente."
Ha poco più di trent’anni quando scrive questo appunto, in francese, nel suo diario, mentre in Europa infuria la guerra. Non sa ancora che questo appunto, assieme a molti altri tratti dai suoi diari, sarà pubblicato in un volume postumo destinato a illuminare, nei decenni a venire, la coscienza di schiere di lettori. Il volume sarebbe uscito nel 1948, poco dopo la morte della giovane autrice, con il titolo La pesanteur et la grâce. Lei si chiamava Simone Weil.
Nata da una famiglia laica, fin da bambina aveva dimostrato un’intelligenza sconcertante, alimentando una serie di aneddoti al limite della leggenda: Simone Weil a sei anni rifiuta lo zucchero in solidarietà con le truppe al fronte. Simone Weil a dieci anni dichiara di essere bolscevica. Simone Weil entro i dodici anni parla un ottimo greco antico. Impara il sanscrito dopo aver letto la Baghavad Gita
Fu marxista e anarchica, sindacalista, partecipò alla guerra di Spagna, volle sperimentare di persona la vita nelle fabbriche. Insegnò filosofia. Non si risparmiò mai. Usò la vita come dimostrazione pratica delle proprie idee. Morì a Londra, di consunzione e di quella che oggi definiremmo forse anoressia, ma che in lei era una forma di assoluta tensione ideale. "Non giudicare. Tutte le colpe sono eguali. C’è una colpa sola: non aver la capacità di nutrirsi di luce. Perché, abolita questa capacità, tutte le colpe sono possibili."
Il suo coinvolgimento nei temi spirituali era divenuto a un certo punto radicale, come ogni cosa nella sua vita. Aveva studiato le religioni orientali, i greci e Platone, per affondare infine il suo sguardo profetico nei misteri del cristianesimo, pur rifiutando di essere battezzata.
Raccolta di pensieri nudi, illuminazioni, riflessioni in tono talvolta poetico, La pesanteur et la grâce abbonda di riflessioni sul rapporto tra uomo e sovrannaturale. Ma anche sulla natura della nostra realtà, sull’immaginazione, sul tempo, sulla necessità di superare la gabbia dell’io. La pesanteur del titolo è ciò che ci chiama verso il basso, nello spazio chiuso e limitato della nostra umanità. Ma esiste anche una forza contraria. "Non ho in me il principio ascensionale. Non posso arrampicarmi nell’aria fino in cielo. Solo orientando il pensiero verso qualcosa di migliore di me, questo qualcosa mi trae verso l’alto. Se sono realmente tirato, allora quel qualcosa è reale."
[La pesanteur et la grâce è disponibile in italiano in edizione Bompiani: L’ombra e la grazia. Traduzione di Franco Fortini.]