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Torsioni della Verità: Carlos Castaneda

di Emilio Michele Fairendelli - 21/05/2009

Zum Sehen geboren / Zum Schauen bestellt
Nati per vedere/Condannati a guardare

J.W.Goethe

…cosa puoi rimproverare, e come,
a chi ti imbroglia facendoti volare?…

Barbara Myerhoff

Carlos Castaneda

Carlos Castaneda

Una questione getta la sua ombra sul mondo della ricerca nel sovrasensibile da quasi mezzo secolo: il caso Castaneda.

Dò per scontata in questa sede la conoscenza dei fatti basilari riguardanti l’opera di Castaneda.

La mia tesi è che tale opera costituisca una finzione, sviluppatasi tuttavia da un nocciolo di realtà e che il vero problema in gioco sia l’identificazione di tale nocciolo, un’operazione intellettuale attraverso la quale possiamo illuminare la questione, ed apprendere.

Per punti:

 

I  La questione stilistica

Carlos Castaneda, L'isola del Tonal

Carlos Castaneda, L'isola del Tonal

Esiste una chiara rottura stilistica al livello sintattico e narrativo, situabile all’incirca intorno al 1974, all’uscita del libro Tales of Power, tradotto in italiano come L’isola del Tonal.

Una comparazione accurata tra i primi tre libri e i successivi apre scenari sorprendenti: è la stessa persona che scrive? Ci si propone la stessa cosa, l’esposizione cioè del procedere di una esperienza di noviziato presso uno sciamano yaqui?

In pittura spesso il falsario è scoperto non attraverso l’analisi tecnica o scientifica - che confermeranno poi un’ipotesi - ma grazie all’inserimento di elementi che appartengono alla propria cultura ed epoca invece che a quelle originali dell’opera; messaggi minimi ma inequivocabili, che si rivolgono ad un pubblico attuale e preventivamente identificato.

In questa categoria stanno certamente non tanto le esperienze con le piante psicotrope, totalmente genuine, ma le “le domeniche pomeriggio di noia” (assai occidentali, nei ‘60, in verità!, pensabili per un brujo yaqui?) che Don Juan identifica nella vita di Carlos come una ragione per il suo ritorno al discepolato,  il salto finale dei novizi nell’ultima pagina de L’isola del Tonal, che resterà per sempre narrativamente sospeso, il Serpente piumato tolteco formato dal Nagual e dai discepoli in una situazione magica descritta in uno dei libri successivi; si offre cioè precisamente quanto i lettori, condotti sino a quel punto,  attendono trovandolo suggestivo ed esotericamente attendibile.

Anche nei primi tre libri, in verità il proposito di Castaneda, quello cioè di fornire un quaderno/diario di seria ricerca antropologica ordinando il materiale in modo sistematico e scientifico,  è dichiarato ma subito negato, si prende direttamente la strada di un lavoro narrativo: nessuna citazione di base circa la cultura yaqui, nessuna terminologia riferibile a quel mondo, nessuna documentazione sonora o visiva, diverse contraddizioni geografiche, climatiche, antropologiche.

 

II  Falso e vero

E’ stato osservato che una commistione totale di elementi esoterici forma un magma confuso all’interno dell’opera castanediana.

In tale magma sono posti e sviluppati i temi centrali: l’uomo come essere luminoso,  la conoscenza, il risveglio verso diversi livelli di consapevolezza, l’arte del sognare mondi paralleli e altri, la trasfigurazione del mondo materiale, la possibilità di sfuggire alla morte fisica, la Sorgente prima di tipo brahmanico (l’Aquila).

Nessuna fonte è esclusa: la prosa evangelica di Don Juan (in particolare nei primi libri), il “vedere” contrapposto al guardare come dato ricorrente anche nella cultura occidentale, lo yoga, arti marziali e tai chi chuan in particolare, visioni vedantine, la fantascienza di Philip K. Dick…

Viene alla mente sorridendo che, per la prima moglie di Castaneda il cognome del Nagual, Matus,  non veniva che dal famoso e prediletto vino rosè portoghese, il Mateus.

Liquido, anche se moderatamente, psicotropo.

Carlos Castaneda, Tensegrità

Carlos Castaneda, Tensegrità

Fuor di scherzo, si parlerebbe di un insieme esoterico artificiale e premeditato che prenderà negli ultimi anni, quelli delle donne sciamano e della Tensegrità, della Cleargreen e delle cause legali la forma di un vero delirio autoreferenziale.

Credo che la verità sia, come sempre, ad un tempo infinitamente semplice (ma mai deludente, in quanto più “vera” di ogni altra sua versione) e infinitamente complessa.

Esistono due periodi ben distinti nell’azione di Carlos Castaneda.

Nella prima una vocazione si innesta su un nocciolo reale molto circoscrivibile (una aspirazione sincera,  l’uso di droghe psicotrope, lo studio e l’incontro con realtà sciamaniche o pseudosciamaniche del Messico centrale o di altrove, realtà forse identiche a quelle descritte nei primi tre libri, forse  modeste, forse addirittura esperite indirettamente) e produce i primi testi, la cui intensità emotiva e la cui verità sostanziale - non legata cioè ad una precisa corrispondenza con la realtà - sono aldifuori di ogni dubbio.

In tale periodo il magma esoterico incomincia a preparare la sua apparizione.

I balzi sulla cascata di Don Genaro, balzi effettuati utilizzando i lunghi filamenti del suo “uovo luminoso” (filamenti  che si “vedono” oltrepassando il semplice guardare e che Carlos “vede” solo a tratti, provando un forte malessere)  rimandano alle danze/voli sui cigli di una cascata dello sciamano Ramon Medina Silva a cui l’antropologa Barbara Myerhoff assistette personalmente nel 1966, cioè diversi anni dopo il resoconto di Castaneda.

I balzi di Don Genaro sono la stessa cosa che Medina Silva compie nel 1966?

O sono forse la versione esoterica e magari immaginata (voli fisicamente impossibili, sulla verticalità di una cascata atterrando su piccoli spuntoni di roccia grazie all’ancoraggio delle fibre di luce) di una operazione sciamanica ma essenzialmente psicofisica, di puro sprezzo del pericolo e del vuoto, di controllo del proprio bilanciamento?

Myerhoff ci lascia, insondabile, una sola immagine di Medina sul ciglio della cascata, a braccia aperte, definendo la sua azione un “volare”.

Ramon Medina Silva sul ciglio di una cascata, Messico ca 1970

Ramon Medina Silva sul ciglio di una cascata, Messico ca 1970

 

Degli indios Huichol guardano la scena: cosa accade, realmente?

Carlos Castaneda incontrerà personalmente Medina Silva, ospite della Myerhoff a Los Angeles, nel 1971, ma, nonostante due incontri con date fissate (!), non consentirà a lei di incontrare Don Juan che resterà, per sempre e per tutti, un mistero.

Il resoconto della Myerhoff dell’incontro tra Carlos Castaneda e Ramon Medina Silva è preciso ma non consente di trarre alcuna conclusione.

E’ importante comprendere che non è affatto necessario che la finzione castanediana sia totale, essa può infatti innestarsi su una parte solo intuita, minima, o viceversa estremamente consistente, oppure estremamente frammentaria e commista di una realtà sciamanica e di una sapienza antica che si credevano perdute e di cui non restano forse che povere rovine, spirituali e psicofisiche.

Se Don Juan è anche, per Castaneda,  il “trickster” della tradizione americana, cioè il Maestro che inganna e insegna facendosi gioco del discepolo, egli stesso non può mai esserlo per noi poiché la purezza della sua figura nel ruolo del novizio nei primi libri è, almeno da un punto di vista letterario, assoluta: egli è il ricercatore, arde di questo e Qualcosa viene certamente incontrato, determinando un rovesciamento, un’apertura della coscienza.

Che avviene anche in noi.

La questione della quantità di realtà  presente nell’opera di Castaneda (peraltro insolubile) perde allora ogni centralità se ci poniamo una domanda diversa: c’è stato, in qualche punto di questo percorso, qualcosa di essenziale, qualcosa che resta ed è utilizzabile per il ricercatore spirituale?

Certo, vorremmo essere stati in quella stazione dei bus di Nogales nel 1960, avere visto da lontano l’amico Bill indicare Don Juan a Castaneda, lasciarli poi conversare.

Avremmo forse compreso che il Nagual era un semplice indio in là con gli anni, magari non più saggio di altri, magari non più di altri conoscitore di peyote e yerba del diablo, magari erede, in un modo completamente diverso da quanto poi rappresentato nei libri, di una tradizione pseudosciamanica parzialmente degenerata (Medina Silva morì in una rissa tra ubriachi) trasmessa dal lignaggio maschile e femminile con declinazioni diverse e avente come origine prima, concediamolo pure, la tradizione tolteca.

Ma sarebbe, questo, la cosa più importante?

 

III La fine e la Verità

Ho sempre creduto verosimile, tale era la distanza di tensione, di qualità e densità - letteraria ed ideale - tra i primi tre libri ed i successivi la tesi radicale che a partire dal 1972 circa Carlos Castaneda, morto o ritiratosi, fosse stato sostituito da un sistema editoriale che ha continuato a pubblicare libri a suo nome per ragioni economiche.

Egli comincia però ad apparire e a rilasciare interviste,  la sua identità al momento della morte, nel 1998, per un “banale” tumore al fegato e non per un deliberato atto magico, viene riconosciuta.

Carlos Castaneda, Una realtà separata

Carlos Castaneda, Una realtà separata

Questo fatto depone a favore di una identità certa: sarebbe stato infatti facile continuare nel gioco del nascondimento e poi di una finta morte trasfigurante, la morte giusta per un Nagual.

Le interviste, il breve filmato del 1996 che riprende Castaneda all’uscita della sua casa californiana in compagnia delle famose “donne guerriere”,  disegnano un uomo stanco, senza ardore, nel video dall’identità anche fisiognomicamente debole, indecifrabile, un uomo qualunque.

Persino una delle prime (autentica?) interviste radiofoniche, quella del 1968 della BBC, propone una voce dalle vibrazioni ambigue: la si ascolti, come è possibile in Internet, e si giudichi.

Il vero problema è che, dopo L’isola del Tonal - non a caso il quarto libro segna dal punto di vista narrativo la fine dell’apprendistato con Don Juan e a mio parere è il primo testo più falso che vero -  i libri diventano sempre più confusi, opachi, la storia diventa farraginosa, gonfiata, il sistema tolteco sempre più inverosimile, come se si dovessero creare, da un punto di vista esoterico e cosmologico, scenari sempre nuovi per il terrore di doversi fermare a sistemare il tutto.

Nessuna coerenza interna, che esisteva invece, limpida e continua, nei primi insegnamenti di Don Juan (anche quando persino questi dovessero essere venire riconosciuti come frutto di pura e totale invenzione, come sostiene Richard de Mille) è più riconoscibile.

Il testo dei libri non diventa solo evidentemente artificiale: è privo di anima e di senso.

Compie cioè un peccato capitale.

Parte la Cleargreen, la Tensegrità - impotabile mixture new age tra tai chi chuan e altre arti marziali - diventa l’aerobica del movimento castanediano, il ruolo delle donne nella parte più operativa e quotidiana si fa strano, oscuro.

Cause legali con la prima moglie di Castaneda, con Sanchez, con altri che provano ad infrangere il monopolio della tradizione tolteca.

Perché tutto questo è accaduto e, soprattutto, quando è iniziata la degenerazione?

Se il problema fosse semplicemente l’aspirazione e l’integrità dell’uomo Carlos Castaneda?

Se le prime opere fossero state basate su un nucleo debolissimo e sfocato ma reale da cui  qualcosa è proceduto sul crinale sottilissimo - ancora percorribile nella verità - tra realtà e invenzione, attendendo lungo il cammino una visione, una illuminazione che si credevano possibili, imminenti?

Se l’impossibilità di procedere, di poter trovare, di poter “vedere” avesse infine determinato la coscienza di un fallimento,  e, non abbandonando una creazione già in origine in qualche modo vocata alla divaricazione dalla realtà, l’inizio di una deriva cinica e disperata di proporzioni assolute?

La verità sul caso di Carlos Castaneda è, lo sento, tutta qui.

Poiché o noi facciamo proprie le tesi incontrovertibili di De Mille sui testi castanediani e guardiamo gli ultimi vent’anni della Cleargreen e della Tensegrità, delle donne streghe e compagne sessuali, fuori di zucca e di utero, come un esito prevedibile e inevitabile, o cerchiamo un punto di vista più alto dove  sia resa giustizia alla qualità e al fuoco interiore presenti nei primi libri e al percorso umano di Carlos Castaneda.

Nella certezza che anche una Verità ritorta, sfigurata, degenerata, di cui non si scorgono che brevi tratti, una Verità fallita nel suo costruirsi, caduta poco dopo il suo sorgere, incapace di abitare la realtà è pur sempre - stabilita e oltrepassata l’unica soglia che conta - una Verità.

Come tale attende la sua redenzione, il suo compimento.