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Ozono: in Cile +100% dei casi di cancro alla pelle

di Gabriele Bindi - 26/05/2009

 
 
L’aumento incontrollato della concentrazione di CO2 in atmosfera ha comportato non pochi disagi all’ecosistema e dal punto di vista climatico ha modificato profondamente lo strato di ozono presente nell’atmosfera, che protegge gli uomini e la terra stessa dai raggi solari.

Da una ricerca realizzata dall’università di Baltimora, e pubblicata su ScienceNOW, si evidenzia come lo strato di ozono subisca variazioni opposte a seconda che si tratti dell’emisfero boreale o di quello australe. Le conseguenze non riguardano solo l’aspetto ambientale e climatico; dal punto di vista della salute delle persone, infatti, il rischio riguarda un aumento significativo dell’incidenza dei tumori alla pelle, soprattutto in Australia, Nuova Zelanda, Perù e Cile, proprio perché, venendo meno l’ozono, viene meno la barriera naturale contro i raggi ultravioletti. E proprio i dati del Cile, forniti di recente dalla Società Nazionale cilena sul Cancro (Conac), hanno scatenato timori e preoccupazione, tanto che se ne è occupato anche Le Monde, il primo quotidiano francese. A causa dell’aumento di dimensioni del buco nell’ozono, che lambisce ormai anche Cile e Pampa argentina, si è verificata un’esplosione di casi di cancro alla pelle, aumentati del 100% in dieci anni. A fornire le cifre è appunto la Conac, organizzazione non governativa della quale fanno parte 33 esperti scelti in tutto il Paese. “A 18 anni un cileno ha già assorbito la dose massima di sole che dovrebbe sopportare nel corso di tutta la vita” spiega Catalina Agosin, presidente del Conac. Con la collaborazione del dipartimento di fisica dell’università di Santiago, il Conac ha lanciato nel 2005 un originale sistema di “semafori rossi”, il cui funzionamento è simile a quello dei semafori per la circolazione sulle strade. Il colore indica quando l’esposizione al sole è sconsigliata e sono installati in tutti i luoghi strategici delle città, dalle stazioni balneari ai centri commerciali. Il Conac ha anche inventato una sorta di braccialetto costituito da palline che cambiano colore secondo l’evoluzione dei raggi ultravioletti, passando dal bianco quando sono inoffensivi ad arancione quando sono da evitare. Addirittura, nel 2006 il governo ha emanato una legge speciale detta “la legge dell’ozono”, che obbliga i datori di lavoro a fornire ai dipendenti che fanno lavori all’aperto una tenuta adatta a proteggersi dai raggi nocivi .  Ma perché accade questo? Lo strato di ozono è una sottile cappa di gas della stratosfera che assorbe la maggior parte dei raggi ultravioletti del sole. Da quando gli scienziati hanno scoperto la sua rarefazione, verso la metà degli anni ’80, il buco che sta sopra l’Antartide appare quasi raddoppiato e, nella primavera dell’emisfero sud, ricopre una estensione pari all’America del Nord. Le “braccia” del buco arrivano occasionalmente ad estendersi fino alle regioni meridionali dell’Argentina e del Cile. A Punta Arenas, per esempio, in una tipica giornata di sole di dicembre il “semaforo” speciale è sull’arancione, cioè pericoloso, e alle persone viene consigliati di limitare a 21 minuti come massimo la loro esposizione al sole tra mezzogiorno e le tre del pomeriggio.
Gli scienziati insistono sul fatto che il problema potrebbe persistere fino a metà del ventunesimo secolo o addirittura aggravarsi. Alcuni di questi hanno già registrato la comparsa di piccoli buchi nell'ozono anche sopra il Cile centrale.

 

In realtà non si tratta propriamente di “buco”, ma di regioni dove il livello di ozono è eccezionalmente basso e questo accade sopra l’Antartide da agosto fino a ottobre. Alcune sostanze chimiche sarebbero le principali responsabili di questa rarefazione, sono chiamate “sostanze che consumano l’ozono” (Ods) e comprendono numerosi gas contenenti cloro e bromo come i Cfc, clorofluorocarburi; gli halons, gli antifiamma; il bromuro di metile, usato in agricoltura. I Cfc, il cui uso si è intensificato dopo la seconda guerra mondiale, non vengono sciolti dalla pioggia; dopo diversi anni raggiungono inalterati la stratosfera grazie ai venti e qui vengono degradati dalla intensa radiazione Uv, dando origine ad atomi di cloro e bromo in grado di distruggere le molecole di ozono.

 

Ma cosa si può fare per interrompere la riduzione dello strato di ozono? Innanzi tutto abbandonare completamente Cfc e Ods e su questo si sta già lavorando. Il protocollo di Montreal del 1987 è il trattato internazionale per la protezione dello strato di ozono che ha ridotto l’uso di alcune sostanze nocive. Tale accordo è però rimasto sempre debole, anche perché diversi Paesi industrializzati non lo hanno a suo tempo firmato. Nel 1989 Stati Uniti ed Unione Europea dichiararono che avrebbero cessato la produzione dei cinque più comuni Cfc entro il 2000 e la decisione venne poi condivisa a Londra nel 1990 da altri 90 Paesi, grazie anche alla costituzione di un fondo per sostenere la conversione dai Cfc ad altri prodotti. Ulteriori misurazioni di satelliti mostrarono però l'anno dopo che la distruzione dell'ozono procedeva più velocemente di quanto si fosse stimato ed altri Paesi si impegnarono a cessare la produzione di CFC entro il 2010. Negli ultimi anni sono stati sottoscritti ulteriori accordi internazionali (Copenaghen 1992, Vienna 1995, Montreal 1997) e già nel 2000 la produzione di CFC è scesa dal suo massimo di un milione di tonnellate (raggiunto nel 1988) a meno di 100.000 tonnellate per anno, grazie anche all'introduzione dei (pare!) meno dannosi idroclorofluorocarburi (HCFC); per alcune applicazioni (come i condizionatori per automobili), si è passati anche all'uso di idrofluorocarburi (HFC) che, non contenendo atomi di bromo o di cloro, paiono meno nocivi per l’ozono anche se restano potenti gas serra. Oggi la produzione di Cfc è pressochè nulla e le emissioni sono quindi bassissime (a parte i vecchi impianti frigoriferi ed antincendio ancora in esercizio). Il "buco nell'ozono" sta però continuando ad aumentare data la stabilità della molecola di cloro e probabilmente a causa del massiccio uso del bromuro di metile come pesticida "fumigante" in agricoltura.